Vi è un dono meraviglioso che la filosofia ci offre: quello di allenare e potenziare il nostro pensiero, di aiutarci ad osservare la realtà da diversi punti di vista permettendo alla nostra coscienza di aprire delle porte lì dove vedevamo soltanto dei muri. Tra i grandi pensatori occidentali, Kierkegaard è certamente il filosofo che più si è chinato sul senso della vita, sulle difficoltà, le gioie, i significati delle azioni e delle scelte che ognuno di noi può compiere nell’arco della sua esistenza. Le sue riflessioni sono tutt’oggi in grado di ispirarci e guidarci anche nei momenti più delicati della vita.
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Chi era Kierkegaard: breve biografia di un filosofo dalla vita travagliata
Søren Aabye Kierkegaard, filosofo precursore dell’esistenzialismo, teologo e scrittore, nacque a Copenaghen il 5 maggio 1813 e morì ad appena 42 anni. Ultimogenito di una famiglia di 7 figli quando i suoi genitori erano già in età avanzata, fu considerato come “il figlio della vecchiaia”. Crebbe in un contesto famigliare protestante assai rigido e con forti valori religiosi. Sua madre morì quando lui era ancora molto giovane. Molti suoi fratelli e e sorelle scomparvero anche loro prematuramente, per incidente o malattia.
Questi numerosi lutti lasciarono nel piccolo Søren una cicatrice profonda pregna di domande sulla vita, la morte, la colpa, il motivo per il quale Dio possa richiamare a sé in maniera a volte brutale le persone amate. Kierkegaard crebbe con una melanconia in fondo all’anima, sotto l’ala severa e pessimista del padre. Poi, scelse di proseguire gli studi iscrivendosi a teologia.
Secondo alcuni biografi, da lì a poco iniziò ad assaporare un tipo di libertà mai provata finora, lontano dalla casa paterna e dai suoi rigidi dettami conducendo una vita di frivolezze. Poi s’innamorò di Regine Olsen, che corteggiò a lungo. Tuttavia, prima di morire suo padre gli fece una confessione terribile che Kierkegaard si portò nella tomba. Questo segreto gli fece sentire sulle spalle il peso di una maledizione famigliare che definirà come “spina nella carne”. Dopo 3 anni di fidanzamento, temette di passare in eredità quel fardello diventando padre. Affermò di non concepire una vita votata al pensiero e allo stesso tempo alla famiglia e decise di troncare il fidanzamento con Regine Olsen, anche se ne è ancora perdutamente innamorato.
Il pensiero di Kierkegaard sulla vita
Tra la vita da marito e padre, e quella da scrittore e pensatore, scelse di dedicare la sua vita al pensiero, alla riflessione, all’elevazione. Diverrà il filosofo esistenzialista che segnerà il pensiero dell’Occidente. La sua angoscia troverà uno sbocco nell’osservazione delle infinite possibilità offerte dalla vita e la difficoltà per l’uomo di investire parte della propria vita in un cammino escludendo la pluralità delle possibilità che si presentano a lui: ogni scelta implica molte rinunce. Le scelte più difficili sono quelle che ci portano ad un aut-aut (fulcro e titolo di una sua importante opera), quelle che ci mettono di fronte ad un bivio senza possibilità di tornare indietro, quelle che decidono del percorso della nostra intera esistenza come: sposarsi o no? Avere figli? Andare a vivere all’estero? Ecc.
Le domande che ci mettono le spalle al muro sono spesso molte e fonte di tormento interiore, di un’angoscia che definisce lui stesso: “L’angoscia si può paragonare alla vertigine. Chi volge gli occhi al fondo di un abisso, è preso dalla vertigine. Ma la causa non è meno nel suo occhio che nell’abisso; perché deve guardarvi. Così l’angoscia è la vertigine della libertà”.
Angoscia, libertà, fede secondo Kierkegaard
Ed ecco che si delinea la via d’uscita: l’angoscia sorge quando c’è la libertà di scelta. Come compiere allora queste scelte evitando di sentirsi sopraffatti dall’incertezza dell’esito, dal dubbio che paralizza il flusso vitale e l’obbliga a restare costantemente in uno stato embrionale?
Per Kierkegaard, la chiave è la fede, religiosa o meno non importa. Ma cosa significa “avere fede”?
“La fede comincia appunto là dove la ragione finisce” ci spiega Kierkegaard e ciò significa che non possiamo fare scelte perfette, ragionate, quadrate. La vita segue onde che ci sono e resteranno sconosciute. E può essere un bene. Impariamo così ad essere umili di fronte all’esistenza che si snoda secondo leggi misteriose, impariamo ad essere presenti in quanto non vi è più sfuggevole eppure reale che il momento presente. Accettiamo di non poter controllare ogni cosa. E di doverci affidare ad un certo punto a ciò che è più grande di noi.
“La vita si può capire solo all’indietro, ma si vive in avanti.”
(Søren Kierkegaard)
Avere fede vuol dire abbracciare il dubbio e fare un salto nel vuoto con la ferma convinzione di dare una direzione, un senso alla propria vita a patto però di restare fedele alla propria verità; la fede contempla la consapevole lealtà alla propria autenticità. Diventa espressione di ciò che siamo qui ed ora. Certo, commetteremo errori, avremo ripensamenti, cambieremo idea in futuro. Chissà. Dopotutto La natura umana è fallibile. Dobbiamo accettare anche questo. Non siamo perfetti e mai lo saremo ma ciò non significa non cercare la felicità, la nostra verità, la nostra più profonda realizzazione.
Quando ci troviamo ad un bivio nella vita, come fare la scelta giusta?
“Ciò che in fondo mi manca è di veder chiaro in me stesso, di saper “ciò che io devo fare”, e non ciò che devo conoscere. […] Ciò che importa è di trovare una verità che sia verità per me, di trovare l’idea per la quale io possa vivere e morire.” afferma il filosofo. Di fronte alla scelta, la fede ci ricorda che non siamo soli ma accompagnati dall’espressione divina nella quale crediamo, che sia Dio oppure la propria anima o altro ancora.
L’eterna sorpresa della meraviglia dell’attimo allena la consapevolezza dell’ adesso, unico tempo nel quale viviamo davvero. È in questo tempo puro che possiamo fare le nostre scelte, ma anche sentirci guidati e comprendere qual è la strada migliore per noi. Per questo occorre permettersi una pausa di riflessione, di ascolto profondo quando ne sentiamo la necessità.
Cercare di scegliere in base al nostro passato o al futuro, a ciò che è stato o vorremmo che sia può portarci su una strada che non corrisponde a chi siamo ora, una strada lungo la quale sarà difficile sentirsi realizzati. Invece seguire la via dell’ adesso, dell’autenticità che vibra nel nostro petto accettando di poter sbagliare, o cambiare idea in futuro perché siamo in costante evoluzione, ci permette di fare esperienza della nostra propria esistenza, di viverla del meglio che possiamo.
Senza rimorsi né rimpianti.
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Fonti e approfondimenti:
• Basso, Ingrid Marina, and Dalager Stig. L'uomo dell'istante. Biografia di Søren Kierkegaard. Iperborea. 2016.
• Garaventa, Roberto. Angoscia e peccato in Søren Kierkegaard. Aracne, 2007.