“E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!” scriveva Luigi Pirandello in Sei personaggi in cerca d’autore. In queste poche righe è racchiusa una grande verità! Per quale motivo è così difficile capirsi e sentirsi compresi? Per molti motivi in realtà, tra cui: la non-presenza, i filtri percettivi personali, la difficoltà di comunicazione, la non-accettazione di sé e/o e dell’altro soltanto per citarne alcuni.
Tutto ciò ci porta a provare l’opprimente sensazione di non essere accolti così come siamo, di sentirci in qualche modo isolati, separati dagli altri, o ancora di non avere il diritto ad occupare il proprio posto nel mondo. Ma soprattutto, ci rende difficile sentirci amati davvero.
La trappola della non-presenza
Nella vita, ci capita di comportarci con le persone come i computer con le pagine web: mentre i pc creano una cache, noi memorizziamo un’immagine mentale delle persone con le quali ci relazioniamo per velocizzare le interazioni future, purtroppo proiettiamo su di esse le nostre aspettative, i nostri bisogni, le nostre convinzioni, a volte anche le nostre paure. Attuiamo questo meccanismo inconsciamente, molto spesso a causa della nostra difficoltà ad essere presenti nell’attimo.
Essere presenti significa scegliere consapevolmente di abitare il momento e, nell’ambito delle relazioni, scoprire attimo dopo attimo l’altro senza dare nulla per scontato: ascoltare le sue parole i suoi silenzi mettendo in pausa l’irrefrenabile tentazione di anticipare o trovare la risposta giusta.
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Purtroppo siamo sempre più distratti e poco allenati alla presenza e all’ascolto empatico, motivo per il quale ricorriamo alle immagini mentali che memorizziamo. Invece di relazionarci consapevolmente con la persona così ricca di sfumature di fronte a noi, accettando la sua complessità, dialoghiamo con la sua copia nella nostra testa: in questo modo la ascoltiamo a metà perché la conosciamo bene, la guardiamo a metà perché la vediamo tutti i giorni.
In questo modo, finiamo per dare per scontati gli altri, facendoli sentire sempre meno compresi, ascoltati, accolti, amati.
Perché è così difficile capirsi?
La comunicazione è essenziale tra esseri umani, costituisce la base di ogni tipo di relazione che contempla un qualche scambio di informazioni, emozioni, conoscenze, o bisogni. Comunichiamo ancora prima di imparare a parlare attraverso il linguaggio non verbale (linguaggio corporeo) e para-verbale (intonazioni vocali).
Per esempio, il neonato avvisa la mamma attraverso il suo pianto che qualcosa lo disturba. Col tempo, la madre riconoscerà i diversi pianti del suo bambino: il pianto continuo della fame, quello disperato del mal di pancia, quello stizzito del pannolino bagnato. Quando cresciamo e aggiungiamo le parole alla nostra comunicazione, l’ informazione che cerchiamo di trasmettere all’altro si arricchisce di significati e sfumature, ma anche di incomprensioni reciproche.
“Tra ciò che penso, ciò che voglio dire, ciò che penso sia, ciò che dico, ciò che desiderate capire, ciò che intendente, ciò che comprendete… ci sono dieci possibilità che ci siano difficoltà di comunicazione. Ma proviamo comunque…”
(Bernard Werber, scrittore)
Coltivare relazioni nelle quali ognuno si sente compreso non è sempre facile perché la nostra visione del mondo diverge da quella delle persone intorno a noi. Ognuno di noi percepisce il mondo secondo i suoi filtri interiori fatti di convinzioni, idee, esperienze personali che vanno a condizionare il modo in cui ci si approccia alla vita e agli altri, oltre a molti altri fattori che rendono ogni persona unica, irripetibile, così come la sua percezione della realtà e il suo modo di interagire con l’esterno.
Se il mondo è collettivo, la percezione che ognuno di noi ne ha è personale: nessuno lo vede allo stesso modo dell’altro e questo porta spesso a non capirsi a vicenda, convinti che la realtà filtrata dalla nostra esperienza sia ovvia e condivisa da tutti, ma non lo è. Ecco perché è così tanto importante imparare ad ascoltarci in modo attivo, senza illuderci che ciò che vale per noi valga anche per gli altri.
Aprirsi all’altro iniziando dall’accettazione di sé
Non sentirsi compresi porta alla sensazione di essere rifiuti dagli altri, a non avere il diritto di far parte del mondo mentre l’amore è strettamente connesso al sentimento di accettazione. Tuttavia, può capitare di avere intorno a noi delle persone che ci vogliono bene ma allo stesso tempo non ci comprendono fino in fondo. Ci sentiamo allora soli, incompresi anche se siamo nello spazio sicuro di un abbraccio amorevole.
Senza comprensione, senza una sana comunicazione fatta di presenza, consapevolezza e compassione, è difficile vivere una relazione piena e autentica. Anzi, la relazione zoppica, inciampa di continuo su quelle piccolezze che poi, non lo sono poi così tanto: non si notano i piccoli-grandi cambiamenti, i moti interiori che scuotano l’anima. Se non ci sentiamo visti, ascoltati, compresi dall’altro, come potrebbe essere possibile sentirsi davvero amati?
“Forse non si desiderava tanto essere amati quanto essere capiti.”
(George Orwell in 1984)
Sentirsi accolti nelle nostre difficoltà e fragilità, poter esprimere all’altro le proprie emozioni con consapevolezza e senza giudizio è il primo passo da compiere per creare, passo dopo passo, una relazione basata sull’accettazione reciproca. Tuttavia, potremmo anche essere circondati da persone comprensive e capaci di ascolto empatico e compassionevole ma se non accettiamo noi stessi per primi, se non riusciamo ad ascoltare la voce dentro di noi per poi esprimerla, il senso di frustrazione continuerà comunque ad accompagnare i nostri giorni.
L’altro ci vede per come ci mostriamo. Ma quando giudichiamo noi stessi e serbiamo in noi un senso di non-accettazione, la personalità che emerge all’esterno resta parziale e una parte importante di noi rimane imbrigliata nel silenzio per paura che gli altri la giudichino, nutrendo così le nostre insicurezze e precludendoci alle relazioni autentiche, basate sul rispetto e la sincerità. Se vogliamo sentirci compresi davvero, è importante permettere al nostro vero essere di emergere, con coraggio e fiducia, delicatezza e pazienza.
Come sentirsi compresi
Comprendere deriva dal latino cum- e prehendere, ovvero “afferrare” con un senso di inclusività. Non si tratta solo di capire qualche concetto con l’intelletto, ma di abbracciarlo, farlo proprio, di includerlo nella nostra sfera personale. Ecco che quando creiamo uno spazio di espressione per l’altro, possiamo includerlo nella nostra visione del mondo allargandone i confini, ampliando i nostri filtri interiori. Parte del suo vissuto, del suo essere viene accolto nella nostra realtà personale e questo spazio diventa un luogo di scambio che si amplia, diventa più ricco, variegato, costruttivo, fertile.
Possiamo creare questo spazio di ascolto compassionevole per noi stessi, con la genuina volontà di incontrare le nostre innumerevoli sfaccettature.
Per comprendere noi stessi, abbiamo bisogno innanzitutto d’imparare ad abbracciare non solo gli aspetti positivi di noi, ma anche provare compassione verso gli aspetti più grezzi del nostro essere. Ed esprimere la meravigliosa complessità che ci abita senza mai darla per scontata.
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Fonti e approfondimenti
• Il grande equivoco del capirsi al volo
• Fraintendersi, capirsi. Niente di più facile, niente di più difficile