Quello di Sant’Anna è uno dei culti più diffusi in Italia. La sua storia, però, non viene raccontata nei vangeli canonici ma solo nel Protovangelo di S. Giacomo, un vangelo apocrifo del II secolo: la tradizione ha accettato nel tempo alcuni dati storici contenuti nel testo di San Giacomo relativi soprattutto alla vita di Maria e dei suoi genitori Anna e Gioacchino.
Fu papa Gregorio XIII (1502-1585) a voler inserire nel 1584 la celebrazione di s. Anna nel Messale Romano, estendendola a tutta la Chiesa.
Il culto del marito Gioacchino fu lasciato in disparte per lunghi secoli per poi essere riconosciuto e inserito nelle celebrazioni in diverse date fino al nuovo calendario liturgico che ha deciso di collocare il suo culto nella stessa giornata di sua moglie, il 26 luglio. Nel tempo, però, la figura di Anna è rimasta la regina indiscussa di questo giorno di mezza estate, oscurando un po’ il culto del marito.
La storia di Sant’Anna
Il nome “Anna” deriva dall’ebraico “Hannah” che vuol dire “grazia”. Questa la sua storia descritta nel Protovangelo di S. Giacomo:
Capitolo 1
[1] Secondo le storie delle dodici tribù di Israele c’era un certo Gioacchino, uomo estremamente ricco. Le
sue offerte le faceva doppie, dicendo: “Quanto per me è superfluo, sarà per tutto il popolo, e quanto è
dovuto per la remissione dei miei peccati, sarà per il Signore, quale espiazione in mio favore”.
[2] Giunse il gran giorno del Signore e i figli di Israele offrivano le loro offerte. Davanti a lui si presentò
Ruben, affermando: “Non tocca a te offrire per primo le tue offerte, poiché in Israele non hai avuto
alcuna discendenza”.
[3] Gioacchino ne restò fortemente rattristato e andò ai registri delle dodici tribù del popolo, dicendo:
“Voglio consultare i registri delle dodici tribù di Israele per vedere se sono io solo che non ho avuto
posterità in Israele”. Cercò, e trovò che, in Israele, tutti i giusti avevano avuto posterità. Si ricordò allora
del patriarca Abramo al quale, nell’ultimo suo giorno, Dio aveva dato un figlio, Isacco.
[4] Gioacchino ne restò assai rattristato e non si fece più vedere da sua moglie. Si ritirò nel deserto, vi
piantò la tenda e digiunò quaranta giorni e quaranta notti, dicendo tra sé;: “Non scenderò né per cibo, né
per bevanda, fino a quando il Signore non mi abbia visitato: la mia preghiera sarà per me cibo e
bevanda”.
Capitolo 2
[1] Ma sua moglie innalzava due lamentazioni e si sfogava in due pianti, dicendo: “Piangerò la mia
vedovanza e piangerò la mia sterilità”.
[2] Venne il gran giorno del Signore, e Giuditta, sua serva le disse: “Fino a quando avvilisci tu l’anima
tua. Ecco, è giunto il gran giorno del Signore e non ti è lecito essere in cordoglio.
Prendi invece questa fascia per il capo che mi ha dato la signora del lavoro: a me non è lecito cingerla
perché io sono serva e perché ha un’impronta regale”.
[3] Ma Anna rispose: “Allontanati da me. Io non faccio queste cose. Dio mi ha umiliata molto. Forse è un
tristo che te l’ha data, e tu sei venuta a farmi partecipare al tuo peccato”. Replicò Giuditta: “Quale
imprecazione potrò mai mandarti affinché il Signore che ha chiuso il tuo ventre, non ti dia frutto in
Israele?”. Anna si afflisse molto.
[4] Si spogliò delle sue vesti di lutto, si lavò il capo, indossò le sue vesti di sposa e verso l’ora nona scese
a passeggiare in giardino. Vedendo un alloro, si sedette ai suoi piedi e supplicò il Padrone, dicendo: “O
Dio dei nostri padri, benedicimi e ascolta la mia preghiera, come hai benedetto il ventre di Sara, dandole
un figlio, Isacco”.
Capitolo 3
[1] Guardando fisso verso il cielo, vide, nell’alloro, un nido di passeri, e compose in se stessa una
lamentazione, dicendo: “Ahimè! chi mi ha generato? qual ventre mi ha partorito? Sono infatti diventata
una maledizione davanti ai figli di Israele, sono stata insultata e mi hanno scacciata con scherno dal
tempio del Signore.
[2] Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio agli uccelli del cielo, poiché anche gli uccelli del cielo sono
fecondi dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio alle bestie della terra, poiché
anche le bestie della terra sono feconde dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai?
[3] Non somiglio a queste acque, poiché anche queste acque sono feconde dinanzi a te, o Signore.
Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio certo a questa terra, poiché anche questa terra porta i suoi
frutti secondo le stagioni e ti benedice, o Signore”.
Capitolo 4
[1] Ecco, un angelo del Signore le apparve, dicendole: “Anna, Anna! Il Signore ha esaudito la tua
preghiera; tu concepirai e partorirai. Si parlerà in tutta la terra della tua discendenza”.
Anna rispose: “(Com’è vero che) il Signore, mio Dio, vive, se io partorirò, si tratti di maschio o di
femmina, l’offrirò in voto al Signore mio Dio, e lo servirà per tutti i giorni della sua vita”.
[2] Ed ecco che vennero due angeli per dirle: “Tuo marito Gioacchino sta tornando con i suoi armenti”.
Un angelo del Signore era infatti disceso da lui per dirgli: “Gioacchino, Gioacchino! Il Signore ha esaudito
la tua insistente preghiera. Scendi di qui. Ecco, infatti, che Anna, tua moglie, concepirà nel suo ventre”.
[3] Gioacchino scese, e mandò a chiamare i suoi pastori, dicendo: “Portatemi qui dieci agnelli senza
macchia e senza difetto: saranno per il Signore, mio Dio. Portatemi anche dodici vitelli teneri: saranno
per i sacerdoti e per il consiglio degli anziani; e anche cento capretti per tutto il popolo”.
[4] Ed ecco che Gioacchino giunse con i suoi armenti. Anna se ne stava sulla porta, e vedendo venire
Gioacchino, gli corse incontro e gli si appese al collo, esclamando: “Ora so che il Signore Iddio mi ha
benedetta molto. Ecco, infatti, la vedova non più vedova, e la sterile concepirà nel ventre”. Il primo
giorno Gioacchino si riposò in casa sua.
Capitolo 5
[1] Il giorno seguente presentò le sue offerte, dicendo tra sé;: “Se il Signore Iddio mi è propizio, me lo
indicherà la lamina del sacerdote”. Nel presentare le sue offerte, Gioacchino guardò la lamina del
sacerdote. Quando questi salì sull’altare del Signore, Gioacchino non scorse in sé peccato alcuno, ed
esclamò: “Ora so che il Signore mi è propizio e mi ha rimesso tutti i peccati”.
Scese dunque dal tempio del Signore giustificato, e tornò a casa sua.
[2] Si compirono intanto i mesi di lei. Nel nono mese Anna partorì e domandò alla levatrice: “Che cosa ho
partorito?”. Questa rispose: “Una bambina”. “In questo giorno”, disse Anna, “è stata magnificata l’anima
mia”, e pose la bambina a giacere. Quando furono compiuti i giorni, Anna si purificò, diede poi la poppa
alla bambina e le impose il nome Maria.
Simbologia del culto di Sant’Anna
Tanti sono i simboli racchiusi nel culto di Sant’Anna, tanti i riti della tradizione contadina legati a questa figura femminile.
Sant’Anna è la nonna di Gesù e proprio per questo è considerata il simbolo della fecondità, della maternità, dell’origine della vita, della genealogia. Da lei tutto ha avuto inizio, nonostante le difficoltà a rimanere gravida: ci insegna che gli ostacoli della vita servono a far emergere una forza interiore che altrimenti rimarrebbe assopita. I desideri si realizzano grazie agli ostacoli e alla completa fiducia nel divino e nei suoi misteriosi disegni. Quando pronunciamo un intento profondo e dedichiamo il nostro tempo a questo nostro desiderio del cuore attiriamo l’amore: quando Anna e Gioacchino disperati per l’assenza di figli si allontanano e si dedicano alla preghiera e al digiuno, focalizzano le loro energie sul loro desiderio che poi viene realizzato.
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Dal libro “L’anima dei nomi” di Roberto Michele Di Luch si legge:
“È considerata la patrona di tornitori, carpentieri, falegnami, ebanisti, minatori, bottai e orefici (poiché custodì Maria come fosse un gioiello in uno scrigno). Inoltre è patrona dei commercianti, dei tessitori, ricamatrici, merlettaie, dei fabbricanti di scope e dei sarti (perché insegnò alla Vergine a tessere, cucire e pulire casa). Anche i naviganti e le vedove la riconoscono come la propria patrona. È invocata soprattutto dalle gestanti, alle quali in cambio di devozione ella garantisce il buon esito della gravidanza ed un parto agevole. Santa Anna è invocata nei casi di sterilità, nei casi di problemi legati al parto, per le crisi d’asma bronchiale. Si invoca per ritrovare gli oggetti perduti e contro la povertà.”
Non é un caso che la sua celebrazione sia proprio il 26 luglio, periodo della trebbiatura che segna la fine del ciclo agricolo del grano. In questo giorno in passato vigeva l’obbligo rituale dell’astensione dal lavoro, una sorta di festa di fine raccolto: ci sono storie che raccontano di contadini puniti, morti annegati, per aver violato il divieto. Se la pioggia cade proprio il 26 è detta “dote di sant’Anna”, vista la siccità del periodo.
Sant’Anna, quindi, è strettamente legata alla natura, al ciclo di morte e di rinascita e alla saggezza in quanto nonna.
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Questa una delle tante preghiere rivolte a Lei:
O cara sant’Anna che dopo lunga attesa hai prodigiosamente ottenuto il dono della fecondità e sei diventata madre di Maria, ti preghiamo di vegliare su di noi come nonna del cielo e di insegnarci a leggere e ad amare la parola di Dio nella Bibbia. In particolare assisti le mamme in attesa, che portano in grembo il dono di una vita nuova. Fa che ogni bimbo, gioiosamente accolto, cresca sano di corpo e di mente come Gesù. Rendi i genitori saggi educatori dei loro figli e aiutali in ogni difficoltà coniugale. Ottieni alle nostre famiglie la prosperità e la pace. Dona conforto alle vedove e fa che non manchino ai nonni l’affetto e le cure dei familiari. Tieni per mano i ragazzi, perché non perdano l”innocenza e fa che i giovani si orientino ai più alti valori umani e cristiani, rifiutando di concedersi alle ingannevoli ebbrezze del nostro tempo. Offri a tutti la sicurezza che deriva da una vita spesa bene, all’insegna della fede che spera e ama, dalla quale dipende la nostra felicità nella vita presente e in quella senza fine. Amen
In questa giornata speciale dedichiamo una preghiera o un pensiero a Sant’Anna, accendiamo per lei una candela, cantiamo e balliamo in suo onore: è un modo per celebrare il femminile, per onorare la vita, per dire grazie alle nostre nonne.
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