Il comportamento etico dell’uomo dovrebbe basarsi in maniera attiva sulla solidarietà, sull’educazione, sui legami e sui bisogni sociali. L’uomo sarebbe ben poca cosa se fosse necessario controllarlo con la paura del castigo e la speranza della ricompensa dopo la morte.
(Albert Einstein)
Viviamo in un mondo che si è dimenticato del significato più autentico della solidarietà. Ognuno pensa alla propria individualità, ad accumulare oggetti, soldi, ad andare di fretta, sempre e comunque. E questo modo di vivere ci rende tristi, soli, ammalati. Abbiamo tutto, ma ci manca tutto.
Poi accade un evento drammatico come le alluvioni che stanno colpendo così duramente l’Emilia Romagna e le persone coinvolte nella catastrofe incredibilmente si accendono di vita: hanno perso tutto ma si sentono vive, vogliono aiutare, cantano, si fanno in quattro per salvare vite, per ripulire scuole, case, strade. Anche i più giovani sembrano ritornare alla vita, ritrovandosi spontaneamente insieme ai propri coetanei per dare una mano. Senza volere nulla in cambio! Aiutare gli altri, insieme ad altri, è già di per sé la ricompensa più grande. Ecco che entra in scena, finalmente, la solidarietà: le persone si attivano, fisicamente e mentalmente, si sentono connesse a chi è in difficoltà, nella tragedia riscoprono la vera fratellanza umana. Una condizione dell’animo umano che non può essere chiesta, insegnata o peggio ancora obbligata: abita dentro ad ogni individuo, va solo risvegliata!
“La compassione non è una relazione tra il guaritore ed il ferito. È un rapporto tra eguali. Solo quando conosciamo la nostra stessa oscurità possiamo essere presenti nel buio degli altri. La compassione diventa reale quando riconosciamo la nostra comune umanità.”
(Pema Chödrö)
Allora viene da chiederci: perché questa solidarietà che è il fulcro del nostro benessere psicofisico come individui, si risveglia solo durante i drammi e le catastrofi? Perché il nostro modo di vivere quotidiano non permette questo risveglio?
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Come risvegliare la solidarietà
La solidarietà, intesa come atteggiamento spontaneo di aiuto agli altri senza alcun ritorno di nessuna natura, cura l’uomo: lo nutre, lo arricchisce, lo fa sentire fratello del mondo, lo porta a percepirsi parte della natura, non separato da alcuna forma di vita. E’ un fuoco di vita che tutto accende, è la sorgente della pace, della gioia, della visione aperta e fiduciosa della vita e delle sue manifestazioni, qualunque esse siano.
Il nostro modo di vivere quotidiano, chiusi nelle nostre case, soli, con tanti oggetti che sostituiscono le persone, paurosi del mondo, concentrati sugli stessi pensieri di sempre, educati alla competizione, all’arricchimento materiale, al pessimismo, è una condizione che spegne, annienta e allontana la solidarietà. Quando tutto questo nostro modo di vivere viene spazzato via, annegato da un alluvione o distrutto da un terremoto, ci liberiamo dalle catene che imprigionano l’essenza della vita, ci risvegliamo, ci destiamo dalla nostra apatia. Non abbiamo più niente, ma in realtà abbiamo tutto: ritorna la nostra umanità!
La solidarietà è la coscienza di appartenere a una comunità che è grande quanto il mondo.
(Fabrizio Caramagna)
Gli eventi della vita sono maestri spietati, più sono forti e drammatici, più ci fanno capire la via da intraprendere, a condizione di avere il cuore pronto a ricevere la lezione. Se invece siamo ancora tutti concentrati sui noi stessi e sulle nostre convinzioni iniziamo a recitare il ruolo della vittima e perdiamo la possibilità di apprendere i preziosi insegnamenti della vita.
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Non sempre servono eventi così catastrofici come alluvioni, terremoti o incidenti per cambiare rotta. Riuscendo a cogliere i messaggi dell’esistenza ogni giorno si possono intraprendere decisioni importanti che hanno lo scopo di riportare l’uomo sulla retta via, perdendo piccole vecchie abitudini e sostituendole con azioni, pensieri e comportamenti sani e umani. Se, per esempio, si vuole provare a riaccendere la fiamma della vera solidarietà (che, lo ricordiamo, è il nutrimento dell’anima dell’uomo perché restare in collegamento empatico con gli altri vuol dire arricchire se stessi), basta provare nella propria quotidianità ad eliminare il superfluo. Sono consigli ripetuti tante volte, ma che davvero possono fare la differenza: liberarci da oggetti inutili, da relazioni tossiche che non ci permettono di imboccare la nostra via, dire no a richieste del mondo che non ci appartengono, dare spazio vero al nostro essere, decidere di occupare il nostro tempo in modo costruttivo e non distruttivo, permetterci di esistere senza sensi di colpa, vergogna, timori vari.
Come l’alluvione di questi giorni ha portato distruzione, morte e fango anche noi siamo chiamati a mettere le mani nella nostra melma interiore. Per poi ripulirci e rinascere. Con un altro slancio, con un altro modo di vivere, più sobrio, più profondo, più vero. Allora sì la fiamma della solidarietà si accenderà da sola perché avrà finalmente lo spazio per poter brillare.
La solidarietà del genere umano non è solo un segno bello e nobile, ma una necessità pressante, un ‘essere o non essere’, una questione di vita o di morte.
(Immanuel Kant)
Viviamo in modo troppo distratto e la solidarietà, la compassione e l’empatia non possono fiorire nel deserto della disattenzione. Per rimanere desti all’esistenza siamo chiamati a dire dei no, a pesare molto bene i sì che siamo disposti ad accogliere, a percepirci e a conoscerci in profondità per non confonderci con ideali del mondo che non sono nostri, a rivedere le nostre vere priorità, a ritrovarci nella solitudine, nel silenzio, nel vuoto arricchente di noi stessi. Cerchiamo di non farci distrarre dal rumore del mondo per rimanere al centro di noi stessi e per dare così nuova vita ed energia al nostro senso di solidarietà che non vede l’ora di agire nell’esistenza.
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La solidarietà non si può educare
Come abbiamo detto in precedenza la solidarietà è un vissuto umano che ha a che fare più con l’istinto che con la mente. E’ come l’amore: non può essere insegnato, accade e basta. Per farlo accadere e per dargli spazio di espansione ha bisogno di concentrazione, di attenzione, di consapevolezza. Per aiutare i bambini e gli adolescenti a nutrire questo lato umano basta togliere più che aggiungere (oggetti, esperienze non educative), basta farli crescere affrontando le difficoltà invece di risolvere tutto al posto loro, basta dar loro fiducia, basta far sperimentare loro no autorevoli e fermi e sì gioiosi e liberi. Anche qua quanto lavoro gli educatori e i genitori sono chiamati a fare per pulire l’educazione da tutto ciò che la società chiama tale ma in realtà non è!
Siamo su questa Terra per ritrovarci, per non cadere nella trappola della distrazione, per superare i nostri limiti, per ricercare la Verità! Cerchiamo allora tutti di vivere in modo più vero: è l’unica via per poter ritornare ad essere più umani!