Perché alcune persone hanno poco senso dell’orientamento e altre no? Le ricerche dicono che non siamo tutti uguali, ci sarebbero tre tipologie di “naviganti”, vediamole meglio!
Senso dell’orientamento e differenze di genere
Siete al volante e state guidando verso casa di un amico da cui non siete mai stati prima. Alcuni di voi snobberanno beatamente le mappe do google, sicuri di orientarsi e di sapere da che parte andare.
Altri invece accenderanno il navigatore ancor prima di mettere in moto la macchina…
Alcuni sostengono che questa differenza ricalchi il classico stereotipo di genere che vedrebbe gli uomini capaci di orientarsi efficacemente e le donne condannate a combattere con il loro scarso senso dell’orientamento.
In realtà alcuni studi avrebbero effettivamente riscontrato una differenza nei due sessi dovuta essenzialmente al tipo di punti di riferimento adottati per orientarsi.
Gli uomini sarebbero più portati a costruirsi una mappa generale “dall’alto” del luogo in cui si muovono. Mentre molte donne terrebbero presenti punti di riferimento “dall’interno”, svolte, esercizi commerciali, semafori, tutto ciò che rende riconoscibile una strada visualizzata essenzialmente in soggettiva.
Alcuni si sono anche spinti a ipotizzare motivazioni ancestrali di queste differenze di senso dell’orientamento fra uomini e donne. I primi sarebbero stati tradizionalmente dediti alla caccia e quindi bisognosi di orientarsi negli spazi aperti e sconosciuti. Le altre invece più spesso dedite alla raccolta dei frutti della terra in luoghi abituali e familiari.
Potrebbe esserci un fondo di verità, ma attenzione a non prendere queste possibili differenze in senso troppo netto. Molte donne si orientano senza alcuna difficoltà mentre i loro compagni sono una frana nel dare o seguire le indicazioni stradali.
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Non c’è una strategia migliore in assoluto
In realtà non esiste una strategia migliore di un’altra, per un buon senso dell’orientamento sono utili entrambe le strategie. Sia quella “dall’alto” che quella “in soggettiva”.
La prima, quella che consente di tenere una mappa mentale del territorio in cui ci si muove è utile sia per luoghi nuovi che conosciuti. Consente, infatti, di orientarsi per direzioni approssimative senza farsi sviare dai dettagli e di riuscire a trovare anche una strada che già non si conosce. Ma ci aiuta anche a muoverci in contesti abituali scegliendo il percorso più breve per andare da un luogo all’altro.
La seconda, quella per punti di riferimento in soggettiva, è una strategia che molto di noi utilizzano implicitamente per muoversi lungo percorsi routinari e abituali. Come la strada da casa al luogo di lavoro ad esempio. Si tratta di un percorso che facciamo ogni giorno sempre nello stesso modo. Ed è del tutto naturale che la nostra mente “fotografi” ogni dettaglio tanto da poter riprodurre tale percorso nella mente anche senza effettuarlo realmente. I percorsi abituali che facciamo per andare in un luogo abituale o nella nostra casa rimangono impressi vividamente nella nostra memoria e possiamo richiamarli alla mente fin nei minimi dettagli. È questo, fra l’altro, il principio su cui si basa la famosissima mnemotecnica dei loci: se dovete ricordare una lista o punti di una scaletta di un discorso, provate ad associarli mentalmente alle “tappe” di un percorso a voi familiare!
Senso dell’orientamento e differenze individuali
Ma se mentre state andando in ufficio vi trovate la strada che percorrete abitualmente chiusa al traffico? Non tutti sanno passare da una modalità all’altra con la stessa agilità. Gli psicologi Steven Weisberg e Nora Newcombe, per studiare queste differenze individuali, hanno chiesto ai soggetti reclutati per lo studio di navigare in dei luoghi virtuali e di compiere diversi compiti di apprendimento, riconoscimento e orientamento.
In particolare i due Autori hanno testato due capacità.
Il grado di apprendimento all’interno del percorso, quello che deve utilizzare punti di riferimento in soggettiva di luoghi familiari. E l’apprendimento tra percorsi, cioè la capacità di fare inferenze su come due percorsi principali possano essere collegati tra loro. Per far questo è necessaria una mappa mentale del luogo in cui ci si trova.
Senso dell’orientamento e stili di navigazione
I risultati di questo studio hanno evidenziato non due, ma tre stili di “navigazione”.
Gli integratori.
Sono coloro che sanno utilizzare entrambe le strategie orientandosi sia per punti di riferimento interni che per inferenze rispetto a una mappa generale del luogo.
I non integratori.
Sono coloro che accendono il navigatore appena entrano in auto. Si orientano bene per punti di riferimento in percorsi abituali e probabilmente saprebbero dare indicazioni talmente precise a un passante che gli renderebbero impossibile perdersi. Ma al tempo stesso non riescono ad avere in mente una mappa più generale e per questo si perdono facilmente e non si orientano in luoghi sconosciuti.
I navigatori imprecisi.
Sono purtroppo carenti in entrambe le strategie, sebbene non procedano certamente a casaccio, fanno una gran fatica sia a trovare punti di riferimento che ad avere presente uno schema generale.
L’influenza di motivazione, ansia e personalità
Non crediate però che tutto questo sia frutto soltanto dei geni, delle capacità cognitive o di qualcosa di fisso e immutabile. Si è scoperto in realtà che le difficoltà nel senso dell’orientamento possono aumentare o diminuire nella stessa persona in relazione ad alcuni fattori.
La motivazione. Orientarsi in una realtà virtuale a scopo di ricerca è certamente meno motivante che cercare di non perdersi in un grande centro commerciale per andare a riprendere la macchina prima della chiusura. E infatti replicando l’esperimento con premi in denaro, i ricercatori hanno assistito anche ad un miglioramento delle performance.
L’ansia. Chi sa di avere uno scarso senso dell’orientamento potrebbe innervosirsi se gli si chiedono indicazioni o se sa di doversi orientare in un luogo nuovo. E questo potrebbe peggiorare ulteriormente la sua capacità di muoversi. D’altra parte chi si riconosce in questa casistica avrà notato che ci sono situazioni in cui è più a suo agio e in cui fa meno fatica ad orientarsi o tollerare le sue difficoltà. E situazioni di per sé ansiogene o disagevoli a livello interpersonale in cui commette anche errori grossolani di orientamento.
Capacità cognitive. A quanto pare gli integratori sono più bravi nel manipolare e rotare mentalmente gli oggetti o nell’immaginare un cambio di prospettiva.
Infine, anche alcuni tratti di personalità potrebbero giocare a favore degli integratori. In particolare l’apertura e l’estroversione. Coloro che per natura sono più portati a concentrarsi sull’esterno potrebbero forse avere un vantaggio nelle proprie strategia di orientamento!