Una delle scoperte più rivoluzionarie della psicologia analitica fu la teoria degli archetipi di Carl G. Jung, famoso psichiatra, psicanalista e filosofo svizzero, che svelò la natura delle immagini che popolano la nostra anima, ma per comprendere la profondità di questa teoria occorre fare un piccolo salto nella storia per osservare lo sviluppo della scoperta degli archetipi, di queste forme dell’essere che pervadono gli abissi della psiche umana.
Le origini filosofiche della teoria degli archetipi
La teoria degli archetipi vanta origini filosofiche molto antiche che risalgono all’Antica Grecia e alla dottrina di Platone, che individuò nei principi universali (o Idee) di matrice iperuraniana, le essenze primordiali e sostanziali di natura immortale, trascendentale, pura ed incorruttibile che plasmano il nostro mondo. Queste entità spirituali, rappresentavano i modelli perfetti sui quali si plasmò il mondo sensibile, nel quale viviamo e che ci compone.
Da Platone, la teoria passò poi a Plotino e attraversò i secoli divenendo sempre più ricca, fino a giungere a Freud che individuò alcuni “resti arcaici” nei sogni dei suoi pazienti. Non andò oltre questa sua intuizione, a differenza di Jung, allora ancora suo allievo, che la sviluppò fino a diventare ciò che conosciamo oggi come la teoria degli archetipi.
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Archetipi ed inconscio collettivo
Carl G. Jung dapprima definì queste forme dell’essere come “immagini primordiali”. Fu solo nel 1919, nella sua opera Istinto e inconscio, che Jung propose per la prima volta al pubblico il termine “archetipo”, dal greco antico arché, “principio, origine”, e typos, “forma, immagine”, tracciando le origini della teoria che avrebbe poi rivoluzionato la psicologia; affermò in proposito nella summenzionata opera: “…In Platone si dà un’enorme importanza agli archetipi, quali idee metafisiche, ‘paradigmi’ o modelli, mentre gli oggetti reali sono trattati alla stregua di semplici copie di questi modelli ideali. La filosofia medievale, dai tempi di S. Agostino (dal quale ho preso l’idea di archetipo) fino a Malebranche e a Bacone, segue ancora le orme di Platone. […] Da Cartesio a Malebranche in poi, il valore metafisico dell’idea o archetipo va gradatamente deteriorandosi. L’idea diventa un ‘pensiero’, una condizione gnoseologica interna, come dice chiaramente Spinoza […] Infine Kant riduce gli archetipi a un numero limitato di categorie della conoscenza.”
Grazie allo studio dei sogni dei suoi numerosi pazienti, Jung intuì l’intimo legame tra i simboli e le immagini archetipiche primordiali che popolavano il loro mondo interiore e ne intuì il legame con una struttura arcaica collettiva, misteriosa, condivisa in maniera inconsapevole da ogni essere umano. Fu così che Jung scoprì l’esistenza di ciò che conosciamo ora come “inconscio collettivo”, una realtà in grado di trascendere la sfera individuale e connettere Idee/Archetipi, individui, sincronicità, e che lui stesso definirà come “la poderosa massa ereditaria spirituale dello sviluppo umano, che rinasce in ogni struttura celebrale individuale”.
L’archetipo nella psicologia analitica di Jung rappresenta quindi un processo psichico che esprime i modelli fondamentali di comportamento e rappresentazioni che derivano dall’esperienza umana sin dall’alba della civiltà, in connessione con l’inconscio collettivo. Questi archetipi popolano la storia dell’umanità: sono presenti nei racconti mitologici che inscenano le varie diatribe tra divinità, nelle rappresentazioni delle origini dell’universo, nelle favole, nei sogni, e in altre narrazioni collettive, fornendo informazioni preziose sulle dinamiche che queste forze o presenze arcaiche provocano nella psiche umana e, a più larga scala, nella storia dell’umanità.
Per comprendere l’anima occorre quindi comprendere le immagini archetipiche che la popolano, motivo per il quale Jung affermò un giorno in una lettera a Sigmund Freud: “Non risolveremo la radice della nevrosi e della psicosi senza la mitologia e la storia delle civiltà“.
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Alcuni archetipi di Jung
Esistono numerosi archetipi junghiani che meriterebbero un approfondimento che non è purtroppo possibile affrontare in questa sede, motivo per il quale ci limiteremo a citarne alcuni: il Sé, archetipo della totalità, nel quale gli opposti si uniscono; l’archetipo dell’Ombra, dove confluiscono tutti gli aspetti rimossi dalla ragione; la Grande Madre, la figura materna accogliente e nutrice, la potenza creatrice; il Padre, la figura paterna che impartisce le leggi e apporta il lume della ragione; il Fanciullo Divino, connesso allo stato dell’innocenza e al paradiso perduto; l’Eroe, colui che vuole rendere il mondo un posto migliore; il Vecchio Saggio, associato alla guida che accompagna con saggezza nel viaggio verso la verità ; Animus e Anima, gli archetipi femminile e maschile che rappresentano la controparte sessuale di ogni individuo; la Persona, l’archetipo della “facciata sociale”.
Grazie alla sua scoperta, possiamo comprendere che in noi vi è una moltitudine di “immagini primordiali” di una grande potenza, guardiane di un sapere atemporale che muovono i fili, spesso alla nostra insaputa, del nostro comportamento. Il lavoro di conoscenza di sé implica quindi l’incontro con questi archetipi dentro di noi, e l’intento di conoscerle e pacificarle qualora fossero disturbate, come suggerì Jung in Opere 9 Gli archetipi e l’inconscio collettivo: “Gli archetipi furono e sono forze vitali psichiche che pretendono di venir prese sul serio e anzi nella maniera più singolare provvedono anche a farsi valere. Essi furono sempre garanti di protezione e salvezza e l’offesa recata ad essi porta la conseguenza ben nota alla psicologia dei primitivi, del pericolo dell’anima. Essi sono infatti moventi infallibili dei disturbi nevrotici e anche psicotici dato che essi si comportano esattamente come gli organi del corpo o i sistemi funzionali organici trascurati o lesi.”
Conoscersi significherebbe quindi capire di volta in volta quale archetipo incarniamo e si muove dentro di noi, relazionarci ad esso con rispetto, e restare consapevoli della sconfinata ricchezza che ci abita.
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Fonti:
• Il tema del doppio attraverso la teoresi psicoanalitica: Carl Gustav Jung e l’Ombra
• Le parole di Jung: “archetipo”
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in Discipline Bio-Naturali
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