Scegliere sempre gli stessi alimenti è un’abitudine che rivela molto di noi stessi. Preferiamo sapere in anticipo il gusto del nostro cibo invece di sperimentarne ogni volta di nuovi.
Il modo in cui mangiamo rivela molto del modo in cui viviamo. Proprio per questo motivo è diventata famosa la frase “Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei” del gastronomo francese Anthelme Brillat-Savarin.
Mangiare sempre gli stessi alimenti: cosa rivela?
Ai nostri giorni c’è scarsa attenzione al cibo e all’atto stesso del cucinare. Tutto avviene in fretta, senza rituali, senza una vera partecipazione attiva a ciò che stiamo compiendo con la nostra bocca e i nostri sensi. E anche se abbiamo il grande privilegio di poter scegliere tutti i cibi che vogliamo preferiamo rimanere nel conosciuto. Non vogliamo perdere tempo nella scoperta, non ci gustiamo più il sapore, mangiare è una delle mille attività che dobbiamo compiere durante il giorno.
Se ci pensiamo bene è proprio quello che accade negli altri ambiti della nostra vita: precorriamo sempre la stessa strada, parliamo sempre con le stesse persone, ascoltiamo la stessa musica. Per fai sì che tutto sia prevedibile, controllato, che segua la scaletta dei nostri appuntamenti.
Ma così facendo diamo alla nostra mente il potere di pilotare completamente la nostra vita. Il nostro cuore, l’istinto e la creatività non hanno spazio per emergere e tutta la nostra energia vitale rimane intrappola e non può scorrere.
Come riuscire a cambiare il rapporto con il cibo?
Facendo entrare lentezza, consapevolezza e cura nell’atto stesso del mangiare.
“Cosa c’è di più semplice che mangiare una mela? Eppure, cosa potrebbe esserci di più sacro e significativo? In questo caso, non stiamo soltanto mangiando una mela come fosse una cosa separata da noi. Entra in noi, si dissolve, ci nutre e diventa noi. Ogni mela rappresenta molto di più! Mangiandola mangiamo la pioggia, le nuvole, tutti gli alberi che hanno portato alla nascita della pianta da cui è spuntata nonché le lacrime, il sudore, i corpi e i respiri delle innumerevoli generazioni di animali, piante e persone che, a loro volta, sono diventati la pioggia, l’humus e il vento che hanno nutrito il melo” (W. Tuttle, Cibo per la Pace, p. 18, Ed. Sonda 2014)
Cambiando il nostro modo di mangiare cambiamo anche il nostro modo di vivere e tutto in noi si trasforma e acquista senso. In questo modo viene naturale la voglia di assaggiare cibi nuovi, cucinarli in modi diversi, sperimentare combinazioni mai provate prima. Il nostro palato riceverà così stimoli variegati e non si accomoderà sempre sui soliti, si attiverà, rimarrà sveglio e desto, curioso di sperimentare nuovi gusti. E con lui, anche noi!
Il tempo speso per sperimentare e per perdere le proprie certezze e ricostruirne di nuove non è tempo perso, è in realtà tempo speso per noi stessi! Per la nostra ricchezza interiore.
Portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di madeleine. Ma nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario.
(Marcel Proust)
Lo straordinario non è da ricercare lontano da noi: si manifesta proprio nel luogo più vicino al nostro vivere, solo che l’uomo moderno, tutto indaffarato a ricercare chissà cosa, non riesce a vedere e a cogliere tutta questa meraviglia!
Primi passi per avere con il cibo un’esperienza diversa dal solito
Non serve fare chissà quali cambiamenti per poter percepire l’immensa potenza e varietà del cibo, basta sfidarsi ogni giorno riguardo a piccole prove che riguardano le nostre abitudini. Lasciare per un giorno gli stessi alimenti e dedicare attenzione ad alcuni mai mangiati è un esercizio divertente e sorprendente.
Si può iniziare cambiando l’abituale gusto del gelato, dall’invertire il pranzo con la cena, dal mangiare ad un’ora diversa dal solito. Man mano che si sperimenterà questo nuovo modo di mangiare si riuscirà ad ascoltare di più la nostra pancia e meno la nostra mente, si abbandoneranno regole rigide culinarie che ci portano a mangiare sempre le stesse cose, alla stessa ora, nello stesso modo.
L’atto stesso del cibarsi deve ritornare ad essere un atto sacro, magico, di comunione con Madre Terra, di profonda gratitudine verso il creato. Condividere un pasto con qualcuno diviene così una relazione profonda, una vera e propria preghiera di gruppo.
Ho bisogno di conoscere la storia di un alimento. Devo sapere da dove viene. Devo immaginarmi le mani che hanno coltivato, lavorato e cotto ciò che mangio.
(Carlo Petrini)
Questa attenzione così grande verso il mangiare ci porterà naturalmente a scegliere cibi naturali e cucinati in modo semplice. Come dice il giornalista statunitense Michael Pollan “Non mangiate niente che la vostra bisnonna non riconoscerebbe come cibo”.
Tutto ciò che facciamo rivela la nostra interiorità
Ogni nostra manifestazione della vita (il sonno, il cibo, la parola e via dicendo) ci parla della nostra interiorità. Sta a noi non interpretare, non analizzare e non giudicare queste nostre manifestazioni ma riportarle al loro stato originario, ricamarle di significato, dargli la giusta attenzione e la giusta cura.
E’ l’unico modo per riuscire a sentire ancora il gusto della vita!