Il mandala è come una porta. Che conduce alla propria interiorità.
E’ un simbolo che mi ha sempre affascinato. Come una calamita mi attirava a sé e ho voluto approfondirlo frequentando un corso di formazione tenuto da Shanti Udgiti, una maestra davvero speciale che si è rivelata essere non solo una professionista del mandala ma una vera e propria maestra di vita.
Shanti è una discepola di Osho dal 1984, ha vissuto e lavorato nella sua comune in Oregon e a Pune. Ora vive in Italia, a Verona, dove conduce gruppi di meditazione e corsi di pittura mandala.
I suoi dipinti sono vere e proprie poesie di colore, le potete ammirare sul suo sito Mandala Painting.
Lo strumento del mandala può toccare corde profonde di noi stessi. E’ un percorso di consapevolezza che fa emergere emozioni, intuizioni, cambiamenti interiori, riflessioni nuove e movimenti d’anima mai percepiti prima.
E’ come una scintilla che può accendere il nostro fuoco interiore, la nostra creatività, che può far fluire la nostra energia vitale. A patto però che sia uno strumento completamente padroneggiato da chi ne fa esperienza. C’è infatti chi lo vive in modo autonomo come via per entrare in contatto con sé stessi, dopo averlo appreso mediante un percorso di formazione approfondito. E chi, in veste di insegnante, lo fa esperire ad altri. In entrambi in casi la conoscenza completa dello strumento del mandala e un lavoro di profonda conoscenza di sé sono le condizioni necessarie per far emergere i benefici descritti in precedenza.
Il mandala diviene così un compagno di vita. Ci fa da specchio in quel particolare momento della nostra esistenza: è uno strumento del presente. Ogni mandala sarà diverso da un altro e parlerà dei colori e delle forme che contraddistinguono quel periodo e non un altro. Farà emergere simboli e significati che parleranno alla parte più intuitiva di noi per mostrarci la nostra interiorità. E’ un vero e proprio incontro con noi stessi!
E’ interessante ascoltare la storia che ogni mandala ci racconta. E’ come vivere la fiaba di quel nostro momento esistenziale caratterizzato da un inizio, dalla trama e da un finale.
La mia esperienza con questo potente strumento conoscitivo la voglio descrivere come un vero e proprio appuntamento con me stessa. In un mondo veloce, distratto e rumoroso forse per la prima volta davvero sono riuscita ad incontrare la parte più autentica di me. Che è sempre stata presente ma mai accolta, affrontata, toccata.
Come si costruisce un mandala?
Voglio inserirvi la spiegazione di Shanti per quanto riguarda la costruzione del mandala e successivamente la mia esperienza formativa con lei. Auguro ad ogni persona di poterla incontrare dal vivo e di immergersi nei suoi meravigliosi percorsi formativi che hanno il potere di nutrire nel profondo l’anima umana.
Ecco come si è svolto questo grande appuntamento con me stessa avvenuto grazie al mandala.
Il foglio bianco all’inizio mi ha donato un grande entusiasmo e una gran libertà interiore: tutto doveva ancora essere scritto, disegnato, formato. E tutto, assolutamente tutto, dipendeva da me. Non ho provato spavento o timore difronte a questa grande responsabilità. Solo curiosità e vitalità. Di scoprire cosa questo percorso mi avrebbe fatto esperire.
La mia parte poco aritmetica ha trovato un po’ di difficoltà con i numeri, le misure e le circonferenze iniziali. Questo momento mi ha fatto comprendere che nel processo di conoscenza di sé tutte le nostre angolature vanno attivate, anche quelle che riteniamo poco utili. E infatti, dopo il disorientamento iniziale, i cerchi arrivavano da sé. Portando alla creazione di un grande caos. Di linee, di spazi, di curve. Il caos, la crisi e la confusione sono parti necessarie al percorso di rinascita. Le considero chiamate della nostra anima ad attivarci, a metterci in discussione, a destarci dalla nostra vita abituale.
Il momento dell’individuazione di forme è stata una fase molto interessante. Ero curiosa di scoprire i simboli ed i significati che riuscivo a vedere, fuori e dentro di me. La mente non poteva entrare in gioco in questo momento: ciò che vedevo era una proiezione del mio mondo interno. E solo io e nessun altro poteva scorgere quelle figure e quelle forme. Solo la mia attenzione veniva richiamata a loro. Interessante è stato notare che linee che mi interessavano non venivano viste o non attiravano per nulla l’attenzione delle mie compagne del corso. Il mandala è uno strumento personale ed individuale sotto tutti i punti di vista.
Cancellare le linee inutili ha portato tanto spazio e a tanta chiarezza. E’ stato un atto simbolico molto potente. Sono riuscita a lasciare andare ciò che non serviva senza fatica. Anzi, con grande slancio ed entusiasmo. Scoprire di volta in volta cosa rimaneva e cosa se ne andava è stato sorprendente. Sono apparse figure che non mi piacevano, che volevo allontanare da me. Ma continuavano ad apparire e ho deciso di farle entrare nella mia vita e vedere cosa mi avrebbero portato.
La parte pittorica è stata per me la più difficile e la più illuminante. Non avendo alcuna preparazione a riguardo e nemmeno abilità innate che potessero aiutarmi in questo, mi sono trovata più volte in grande difficoltà. Ho chiesto aiuto spesso, mi sono scoraggiata. Ma sono andata avanti passo dopo passo, figura dopo figura, colore dopo colore, pennellata dopo pennellata. Stupendomi del risveglio di mie forze interne dimenticate da chissà quanto. Bloccate per la paura di non essere all’altezza. Sono riuscita a completare il mio mandala. Con i limiti e gli errori di una principiante della pittura. Ma il risultato è al di sopra di ogni mia aspettativa. Ed osservandolo mi stupisco ancora adesso delle poche aspettative che abbiamo di noi stessi e delle forze che non vengono impiegate a causa di questa scarsa considerazione di sé. E delle occasioni che perdiamo. Degli angoli di noi che non esploriamo.
Quali sono i benefici del mandala?
Il mandala, da solo, non può però portare a tutto questo.
E’ importante che sia accompagnato da meditazioni profonde in grado di far nascere movimenti interiori, da riflessioni di gruppo sulle manifestazioni dell’inconscio, da una guida esperta, dalla volontà personale di aprirsi, ferirsi, conoscersi.
Il concetto legato al mandala che porto con me ogni giorno è che la luce arriva dal centro. Di noi stessi. E che il mondo esterno è condizionato da questa luce. Il mandala aiuta a ritornare a noi, al nostro centro quando perdiamo la strada della consapevolezza, quando ci sentiamo persi, quando siamo troppo distratti. E’ un ritorno a casa. Meditativo, rilassante, calmo, silenzioso. E’ come la quarantena di noi stessi, l’unica via per trovare la pace. Anche in mezzo alla tempesta.
Mi sono anche divertita tanto a creare il mio mandala. Mi sono immersa nel gioco di linee, colori e forme. E’ stato un divertimento con me stessa. E mi sono resa conto che non capita tante volte di trovare il tempo, le modalità e la voglia di divertirsi con sé. Di solito ci si diverte sempre con gli altri. Osservando il mio mandala concluso mi arriva tanta giocosità e mi piace la leggerezza generale, l’armonia creata anche nel divertimento, il movimento ondulatorio di un qualcosa che sembra davvero muoversi e non fermarsi mai. Una vera e propria spirale di vita.
Osservare i mandala di altre persone è un onore. Perché si entra nei loro mondi interni. E percepirli così diversi dai nostri, così ricchi di simboli che non appartengono a noi è una vera e propria ricchezza interiore. Un’occasione preziosa e unica di intravedere l’anima dell’altro, di accarezzarla, di sentirla.
Considero il mandala anche come una preghiera. Un rito che ci permette di celebrare la nostra essenza, di rimanerci in silenzio, di farci trasportare in un viaggio con il divino che è in noi, di restare nel presente, con quello che c’è in quel determinato momento, di afferrarlo e di considerarlo un messaggio per la nostra anima. Non da decifrare o da analizzare, ma da accogliere. E far semplicemente vivere in noi. La nostra anima ha un linguaggio differente rispetto alla nostra mente e vuole essere nutrita di simboli, di significati e di metafore che giungono attraverso il nostro sentire. E il mandala è uno dei cibi più sani che possiamo dare a noi stessi.
Oltre a tutti questi risvolti meravigliosi che il mandala porta, c’è una costrizione sana che mi ha invitato a compiere, ad ogni incontro con esso. Mi ha obbligato ad investire il mio tempo. Per me stessa. Il mandala richiede una grande quantità e qualità di tempo. E’ importante avvicinarsi ad esso in modo presente, concentrato, solitario il più possibile. Che è poi l’unica via per poter accedere alla nostra verità interiore. Il tempo distratto, rumoroso, superficiale porta ad allontanarsi da sé sempre di più. E’ una fuga dal proprio mondo interno. Il mandala, con fermezza, spietatezza e delicatezza, ci riconduce ad un senso del tempo più sano. E ci obbliga a compiere una scelta di tempo, così difficile da fare nella nostra vita quotidiana.
Tutto del mandala racconta di noi. E non dobbiamo far altro che accomodarci e gustarci lo spettacolo della narrazione del nostro mondo interiore. I colori scelti, il modo di dipingere, i dettagli, le forme emerse. Costruire il proprio mandala è disegnare su un foglio la nostra impronta di vita. Renderla concreta, visibile, percepibile. E farla uscire da noi è un modo per poterla finalmente vedere da un’angolazione diversa. Come quando si sale sulla vetta di una montagna e si scorge il panorama della valle. Tutto appare più chiaro, più nitido, più ampio. Ciò che vediamo può all’inizio non piacerci, non considerarlo parte di noi, lo vogliamo allontanare. Ma se abbiamo il coraggio e la volontà di rimanerci, nel nostro mondo interiore, scopriremo alla fine che dentro ad ogni nostra grotta buia ed oscura c’è sempre un tesoro da scoprire. Che attende di essere preso in mano da noi. Aspetta da chissà quanto tempo di essere trovato.
Un’altra grande potenzialità del mandala è la possibilità di accedere alla parte più creativa di noi stessi. Dove creatività non è sinonimo di perfezione artistica ma di attivazione di armonia, equilibrio, intuizione. Una parte del nostro essere dimenticato o comunque non considerato abbastanza nella vita di tutti giorni. Siamo cresciuti in un mondo dove si pensa alla creatività come un gioco da bambini, come un hobby secondario, talvolta come una perdita di tempo. Quando in realtà è la sede del nostro benessere, l’origine delle nostre idee, l’appagamento dei nostri appetiti, il pozzo della nostra pace interiore. Grazie al mandala si creano veri e propri capolavori perché si fa emergere il lato di noi mento mentale, meno controllato, più selvaggio e primitivo. Che, se lasciato libero di esprimersi, non può che portare alla creazione della meraviglia.
Per concludere questo mio percorso di esperienza con il mandala, vorrei soffermarmi a descrivere il mio sentire lungo tutto il training vissuto. Potrei paragonarlo ad una vera e propria gestazione di una nuova me. Non a caso, forse, è stato un periodo di circa 9 mesi di formazione. All’inizio mi sono sentita protetta come in uovo, non avevo i mezzi e gli strumenti interni per poter rompere questo involucro ed uscire. E sono rimasta lì. Ad osservarmi, a recepire, a farmi anche toccare corde profonde e non sempre semplici del mio essere. Ad ogni incontro percepivo delle piccole crepe di questo uovo. Dalle quali entrava luce. E la potenza di questa luce si riversava in me anche nelle settimane seguenti, come una scia di carica vitale, di gioia, di consapevolezza, di forza interiore. Man mano che affrontavo i vari fine settimana di formazione le crepe erano sempre di più e sempre più grandi. E alla fine l’uovo si è rotto, ed è nata una nuova me. Sono stata parte attiva di questo parto, di questa fuoriuscita da un grembo ormai troppo poco spazioso per me. E le parti vecchie che appartenevano alla mia vita di prima si sono dissolte. Portando nuova luce, nuova consapevolezza, nuovi pensieri, nuove idee. E’ come essere uscita da una prigione, essermi spogliata da uno strato che ormai non mi apparteneva più.
Il mandala è stato come un’amorevole ostetrica di questo parto. In grado di esserci in modo delicato, di guidarmi, di farmi trovare la pace, di obbligarmi a trovare il tempo per questa gestazione, di prendermi la mano nei momenti bui e di aiutarmi a spingere nei periodi di incertezza e di dubbio.
Un vero e proprio maestro di vita. Che mi ha insegnato senza parole l’arte della consapevolezza.
Uno strumento potente che però sarebbe stato poco fruttuoso se non fosse stato nelle mani esperte, preziose e sagge della mia maestra Shanti.
Grazie dal profondo del cuore a questo simbolo!
Elena Bernabè
Autrice del libro “Alla conquista delle stelle”