“Un bambino ha bisogno più di un ascolto che di una buona parola” (Anonimo)
Spesso dinnanzi al problema di un bambino vogliamo offrire soluzioni o consigli. Questo ha un duplice effetto:
-il bambino non si sente compreso, perchè nessuno lo aiuta ad esprimere e a riconoscere ciò che sente
-avverte la supremazia intellettuale dell’adulto e questo da un lato non gli consente di sviluppare la capacità di problem solving e dall’altro mette a rischio la sua autostima.
Anche l’aiuto non richiesto si può considerare superbia
Come reagire dunque di fronte ad una difficoltà del proprio bambino?
1)Ascoltare attentamente il bambino che esprime il suo problema.
2)Riconoscerne i sentimenti e dargli un nome
3)Descrivere ciò che è successo senza giudizio né soluzione
4)Ragioniamo insieme al bambino su ciò che si può fare per affrontare quel problema, lasciando a lui le ipotesi risolutive.
Per farvi un esempio pratico:
Giorgio è arrabbiato perchè non può andare al parco giochi in quanto la sua sorellina più piccola dorme.
G: “Voglio andare al parco!”
Mamma: “Sei molto arrabbiato”
G: “Sì, perchè per colpa di Matilde non possiamo andare al parco! E io voglio andare al parco!”
Mamma: “Capisco. Andare al parco a giocare è sicuramente molto divertente.”
G: “ Sì, lo è. Anche perchè avrei incontrato Simone.”
Mamma: “So che non vedevi l’ora di giocare con Simone e invece Matilde dorme. E’ molto seccante! Cosa possiamo fare?”
G: “Mmm… possiamo fare un gioco insieme, mamma?”
Mamma: “Certo”
Tutti noi affrontiamo problematiche quotidianamente. Nessuno di noi ha un “risolutore di problemi” che pensa e agisce per conto nostro. Spinti dall’amore, noi genitori spesso intralciamo il percorso di sviluppo armonioso dei nostri bambini, perchè vorremmo proteggerli, far sì che siano sempre felici.
Razionalmente sappiamo che si tratta di un’utopia, ma essa è così magneticamente attraente che a volte ne rimaniamo abbagliati e agiamo in realtà contro il ben-essere dei nostri figli, inconsapevolmente e con le migliori intenzioni.
Porre consapevolezza è la missione di noi genitori ed educatori, al fine di garantire ai bambini la libertà di pensiero e di azione che li porti allo sviluppo del proprio Essere.
Se pensiamo anche a ciò che vogliamo noi quando siamo in difficoltà, ci rendiamo subito conto che desideriamo essere ascoltati, capiti, non giudicati. Desideriamo comprensione e non soluzioni preconfezionate da altri, perchè questo ci fa sentire inadeguati, stupidi e, tendenzialmente, ci fa infuriare ancora di più.
Un altro punto fondamentale di questa azione è racchiusa in questa frase:
“Voglio che i miei figli sappiano che hanno diritto di essere infelici senza che la loro mamma ne sia distrutta”
Molto spesso i figli negano i propri sentimenti e le proprie emozioni, per timore che essi possano distruggere i genitori. L’infelicità di un figlio non è affar da poco. A livello emotivo scatena una miriade di sentimenti che fatichiamo ad affrontare. Iniziano i sensi di colpa verso noi stessi, si avverte un senso di ingiustizia racchiuso nella vita, si alzano i livelli di allerta per la sopravvivenza e si amplificano le paure per il futuro; ci si sente impotenti e in balia di eventi che non si possono controllare.
I figli hanno bisogno di sapere che i genitori non temono per lui, perchè ce la farà.
Hanno bisogno di fiducia piena, di sentire che mamma e papà sono lì per loro, per sostenerli e amarli comunque essi siano e che sono fiduciosi nelle loro capacità di far fronte alla vita.
Se riuscissimo ad arrivare a questo grado di fiducia, loro sarebbero liberi di esprimere tutto ciò che sentono, certi di avere un porto sicuro su cui poggiare il loro carico e noi saremmo nuovamente artefici della nostra felicità o infelicità, senza addossarla ad altri. Torneremmo ad essere individui singoli prima di essere “la mamma di…” “il papà di…”.
“L’adulto deve fare quel tanto che è necessario affinchè il bambino possa utilmente agire da solo: se fa meno del necessario, il bambino non può agire utilmente; se l’adulto fa più del necessario, e perciò si impone o si sostituisce al bambino, spegne i suoi impulsi fattivi.”
M.Montessori
L’espressione del pensiero di Maria Montessori, racchiuso in queste parole, è ciò che dovremmo tenere sempre a mente. Libertà non significa “essere lasciati a se stessi”, ma offrire il gradino per arrivare alla soluzione, non la soluzione stessa.
“Spegne i suoi impulsi fattivi”. Queste parole sono come delle bombe. Spegnere gli impulsi fattivi di un essere umano significa colpirlo con un colpo di fucile. Vuol dire togliere in lui l’impulso vitale. Che grande onere e onore viene affidato a genitori ed educatori. Essi hanno il compito di rendersi custodi servitori della vita che cresce. Hanno il compito primitivo di annaffiare il semino, attendere il germoglio nella fiducia piena della sua capacità di bucare il terreno, osservarlo crescere e non più annaffiarlo, ma porgergli l’acqua affinchè possa nutrirsi da solo,con la consapevolezza che in caso di bisogno, essi saranno lì pronti ad aiutarlo.
Educatrice Manuela Griso
Bibliografia
“Come parlare perchè i bambini ti ascoltino & Come ascoltare perchè ti parlino” Adele Faber & Elaine Mazlish
Testi di Maria Montessori