Novembre è per molti di noi il mese più cupo dell’anno: la terra è spoglia, le temperature calano drasticamente, ci si sveglia con la nebbia, la mancanza di luce solare porta con sé malumore, soprattutto per chi soffre di meteoropatia; inoltre, questo mese è dedicato ai defunti, e assieme a questa ricorrenza riemergono le vecchie ferite, il senso di mancanza e di abbandono.
Dietro la sua austerità e il suo rigore, questo mese così severo nasconde un tipo di bellezza particolare che possiamo scorgere soltanto se entriamo in comunione con lui, se chiudiamo gli occhi e ci spogliamo dai ruoli, dalle maschere, dai pensieri inutili come fanno gli alberi con le loro foglie.
“Il mese di novembre, dalle mie parti considerato il più ingrato e triste, ha incanti forse più sottili di altre stagioni. Tutto in giardino trasmette una vibrazione di impermanenza, tutto tende ai toni del bruno, del fumo, del marcio e del secco, della nebbia e del gelo. Tutto tende alla terra che, nell’orto, lavorata di fresco, brilla di splendore assoluto, di un marrone quasi imperioso.”
(Pia Pera)
Novembre, il mese dedicato ai nostri avi e defunti
Novembre è da secoli il mese dedicato ai defunti; oltre alla tradizione cristiana, ne troviamo traccia nella festività celtica di Samhain, il capodanno celtico che segna la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno e dell’anno nuovo, ne Los dias de los Muertos del Mexico, che affonda le sue radici nella cultura Azteca e durante i quali il velo che separa il mondo dei vivi e dei morti si fa più sottile per far rivivere il legame spirituale tra gli antenati e i loro discendenti (noi).
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Ovunque nel mondo si possono trovare tradizioni rivolte ai defunti in questo particolare momento dell’anno, con un particolare condiviso da quasi tutti, quello di accendere un fuoco, sia falò o candele, in commemorazione delle persone amate che se ne sono andate, per guidare i loro passi verso la luce. Si celebra con gioia, amore e gratitudine la memoria di quelle persone amate che hanno passato il varco di questa esistenza, onorando le orme che hanno lasciato dietro di loro e la vita che ci hanno dato.
Novembre, sotto il segno dello Scorpione
Il Sole di novembre è quello che nasce nella costellazione dello Scorpione, segno posto sotto il governo di Plutone. Questo segno è il più enigmatico dello zodiaco, legato alle profondità della terra, al mistero, all’oscurità, all’introspezione e al tema della morte e della rinascita. Ci parla della discesa simbolica nel mondo infero, regno di Ade-Plutone, regno dell’ombra e dell’inconscio. Lì, nelle nostre tenebre, nella cantina polverosa che si palesa nei nostri incubi, ciò che ci fa paura è energia in subbuglio che fatichiamo a riconoscere ed accettare.
“Il viaggio più difficile di un essere umano è quello che lo conduce dentro sé stesso alla scoperta di chi veramente egli è.”
(Carl G. Jung)
Lo Scorpione è l’archetipo della trasformazione, della rigenerazione, perché anche se la natura in questo periodo sembra morire e marcire, in realtà, sotto il tappetto di foglie in putrefazione, fermenta una nuova vita che sboccerà da lì a qualche mese. Lo Scorpione ci invita quindi ad apprendere la lezione di cui è maestro per tutto lo zodiaco: spogliarsi di tutto, tornare all’essenziale, andare nel profondo per riscoprire il nostro nocciolo, la nostra essenza, ricordare chi siamo, tra luce e ombra, tra potere manifesto e in potenza.
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Come accogliere novembre al meglio
Per accogliere al meglio questo mese così particolare, possiamo seguire l’esempio della natura: tagliare i rami secchi, spogliarci dai ruoli e dalle maschere che non ci corrispondono, dedicare del tempo al nostro mondo interiore affrontando, anche se è disagevole, le questioni in sospeso, le ferite mal rimarginate, i nostri lati d’ombra. Questo periodo non serve a crogiolarsi nel buio senza motivo, serve a preparare il terreno ad una nuova semina ma per farlo, occorre avere il coraggio di scavare in profondità, di comprendere il ruolo fondamentale della morte, del vuoto, che permette ad una nuova vita di germogliare.
Novembre ha il passo pesante e l’umore cupo ma ciò non deve impedirci di accoglierlo anche con leggerezza ed è proprio qui il paradosso di questo periodo: riuscire ad andare in profondità in punta dei piedi, ballare un tango passionale con la nostra ombra, tornare alle nostre origini per andare avanti più forti di prima, spargere lumini sul davanzale della finestra nelle sere più buie, farlo con leggerezza e nello stesso tempo serietà. Novembre ci aiuta a cogliere una delle lezioni più difficili che ci sia: per permettere alla luce di nascere, occorre accogliere il buio, ma accogliamolo calorosamente almeno, che sotto la superficie c’è una vita in fermento.
“Nessun albero, si dice, può crescere in Paradiso a meno che le sue radici non raggiungono l’inferno.”
(Carl G. Jung)
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in discipline bio-naturali
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