Psicologia

Chi Si Comporta Con Cattiveria È Prigioniero Di Se Stesso

Di Sandra Saporito - 18 Giugno 2019

“Se ci fosse nel mondo un numero più cospicuo di persone che desiderano la propria felicità più di quanto desiderino l’infelicità altrui, potremmo avere il paradiso nel giro di qualche anno.”
(Bertrand Russell)

Quando si pensa alla cattiveria, alla malvagità, si pensa spesso ai dittatori, agli assassini,.. Ma spesso si dimentica di ciò che un semplice essere umano è in grado di fare se sa che le sue azioni saranno prive di ripercussioni.
subire violenze

La cattiveria non è una prerogativa delle persone con tendenze patologiche: la cattiveria è subdola perché si nasconde in tutti noi, come un piccolo seme di senape che si nasconde nei meandri della nostra mente. Ma cosa fa germogliare quel seme in alcune persone più che in altre, cosa ci spinge a comportarci con cattiveria?

La cattiveria è subdola: può nascondersi nel cuore di tutti

Nel 1974, l’artista e performer di origine serba Marina Abramovic sconvolse l’opinione pubblica con il suo Rythm 0, non tanto per la sua performance artistica ma per ciò che suscitò nelle persone presenti intorno a lei. Con la sua esibizione, decise di capovolgere il concetto di arte rendendo il pubblico protagonista di fronte ad un artista passivo. Decise quindi di rimanere immobile per 6 ore mentre le persone sarebbero state libere di agire su di lei, senza nessuna reazione da parte sua.

Su un tavolo vicino a lei, erano posti 72 oggetti: alcuni di dolore (catene, coltelli, lame), altri di piacere (piume, fiori, vestiti), lasciando libero ognuno di decidere cosa fare. Chiunque poteva usarli su di lei sapendo che l’artista stessa si sarebbe presa la totale responsabilità di ciò che sarebbe successo e che non avrebbe opposto resistenza. Sul tavolo, c’era anche una pistola carica con un proiettile. Marina Abramovic spiegò che voleva sapere cosa avrebbe fatto il pubblico in una situazione di questo tipo, davanti ad un essere umano inerme e con la libera scelta di recare piacere o dolore.

Quello che succedette in queste 6 ore fu raccapricciante. Di fronte ad una donna immobile e che non reagiva alle provocazioni, le persone cominciarono ad agire nei suoi confronti senza il minimo pudore né considerazione: all’inizio il pubblico si dimostrò pacato, limitandosi a prenderla in foto oppure abbracciandola, ma poi la situazione degenerò. Seguirono ore di delirio in cui delle persone normali si lasciarono andare alla bestialità a tal punto di tagliarle la pelle e bere il suo sangue, spogliarla, umiliarla come se lei non fosse altro che un oggetto. Ma lei continuò a rimanere immobile.

Allora si crearono due gruppi: gli Istigatori ed i Protettori; questi ultimi asciugavano le lacrime dell’artista, mettevano cerotti sulle sue ferite. C’era la crudeltà da una parte, l’umanità dall’altra, e nel mezzo c’era una donna in balia della natura umana.

Per 6 ore l’artista subì di tutto, fino a quando un uomo gli mise la pistola carica tra le mani e il dito sul grilletto. Per fortuna, la performance stava finendo. In mezzo a questa folla di persone comuni che si erano lasciate andare in un crescendo di violenza e perversione, dopo 6 ore interminabili, Marina Abramovic ricominciò a muoversi. Camminò a testa alta nella sala, in mezzo ai suoi aguzzini, guardandoli dritto negli occhi. Le persone scapparono. Tutto questo successe qui, in Italia. E lei aveva appena 23 anni.

Quando la cattiveria ti rende prigioniero di te stesso

“Certa gente non è cattiva. È infelice.”
(Alda Merini)

La performance di Marina Abramovic mostra quanto in ognuno di noi, c’è un potenziale Istigatore o Protettore: siamo noi a scegliere, secondo il nostro libero arbitrio. Di sicuro, nel non nuocere agli altri intervengono il senso morale ed etico, l’empatia, perché si comprende e partecipa al dolore altrui.

Quando invece si sceglie di isolarsi emotivamente dagli altri andando fino a negare il loro benessere, il loro diritto a vivere bene, proiettando su di loro l’infelicità e tutto il buio che ci teniamo dentro, quel piccolo seme di cattiveria germoglia e cresce, tagliandoci sempre di più dagli altri e di conseguenza, esacerbando il nostro malessere interiore e la nostra voglia di vendicarci del mondo.

“La cattiveria nasce da sentimenti negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia. Viene da un vuoto dentro di te che sembra scavato con il coltello, un vuoto in cui rimani abbandonato quando qualcosa di molto importante ti viene strappato via.”
(Haruki Murakami)

Ci vendichiamo perché inconsciamente pensiamo che sia il mondo ad averci ferito, quel dolore che abbiamo dentro, non ce lo meritavamo; e così le nostre ferite ci impediscono di vedere gli altri per quello che sono: degli esseri umani; li vediamo come delle comparse di poca importanza nella nostra vita e poi, chi se ne importa se loro soffrono, tanto soffriamo pure noi!

cattiveria gratuita

Ma così non si fa altro che entrare in un circolo vizioso di dolore che provoca sempre più dolore, quando basterebbe curarsi, guarirsi, vivere con più rispetto e tolleranza sia verso di noi che gli altri. Quando basterebbe seguire una piccola regola d’oro: “Primum non nocere”.

Già un primo passo potremmo farlo nel considerare le conseguenze delle nostre azioni e delle nostre parole, soprattutto su internet, dove molte persone si nascondono dietro ad una tastiera e danno libero sfogo alle loro frustrazioni pensando di non essere riconosciute o di non doversi prendere la responsabilità del dolore che infliggono agli altri; perché spesso dimenticano che dall’altra parte, c’è una persona vera a ricevere la loro cattiveria gratuita, esattamente come le persone che avevano dimenticato che Marina Abramovic era una persona che li avrebbe riconosciuto e guardato dritto negli occhi.

Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in discipline Bio-Naturali
www.risorsedellanima.it





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