La comunità di Camaldoli fu fondata dal monaco benedettino San Romualdo nei primi anni del XI secolo, quasi mille anni fa; questa comunità è situata ad un altitudine di 1100 mt sul livello del mare all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, tra Arezzo e Forlì.
Nella comunità di Camaldoli sono presenti due costruzioni l’Eremo e il Monastero benedettino, entrambe all’interno della foresta in solitudine e silenzio. San Romualdo decise di costruire l’eremo proprio in una radura di questa foresta chiamata Campo di Maldolo (Campus Maldoli) nel 1012. Il vescovo di Arezzo, Teodaldo, incoraggiò il monaco alla costruzione in questo piccolo angolo di paradiso; all’inizio l’eremo era costituito da 5 celle e un oratorio dedicato a san Salvatore Trasfigurato, in seguito vennero aggiunte altre 15 celle.
Ma perché si parla di eremo e di celle?
Un eremo è un luogo di difficile accesso, nascosto ed isolato dove gli eremiti, appunto, si ritirano in preghiera, lontani dalla società, immersi nella natura per condurre una vita di quiete e meditazione.
Una curiosità: In Italia, e precisamente in Abruzzo, e in Tibet si trovano le maggiori concentrazioni di eremi.
La cella invece è il luogo dove l’eremita vive la maggior parte della sua giornata, dove prega, studia o lavora.
L’eremo di Camaldoli ha la disposizione delle celle a forma di “chiocciola“, una struttura che permette di ripararsi dal freddo, cioè più esternamente vi è un portico che si apre sull’orto dal quale l’eremita riceve le vivande attraverso uno sportello, poi vi è il vestibolo che è un corridoio dove può passeggiare durante le giornate di tempo avverso, lo studio, l’oratorio, la legnaia e il bagno, al centro, nella zona più calda, la camera dove vi si trova un armadio a muro, un caminetto e un letto.
Tutte le celle dell’Eremo di Camaldoli sono simili a quella del fondatore San Romualdo, che è anche l’unica che è possibile visitare; il monaco visse in quel luogo per due anni e al suo interno vi è una tela del XVII secolo.
Oggi le celle sono in tutto venti, ma abitate solamente nove, disposte in cinque file; l’eremo è cintato da un muro fatto di sassi dal quale è possibile accedere attraverso un grande portone, alla foresteria, un luogo di accoglienza per i pellegrini, alla chiesa, alla biblioteca e all’antico refettorio.
La zona più interna non è visitabile ed è separata dal resto da un cancello in ferro, ed è qui che vivono i nove monaci rimasti.
La vita intorno all’Eremo di Camandoli
All’interno dell’Eremo di Camaldoli si respira aria di preghiera, introspezione, silenzio e meditazione, ma anche di condivisione e ospitalità; però non è solo al suo interno che è possibile trovare pace e serenità, infatti intorno ad esso si sviluppa la Riserva biogenetica di Camaldoli, gestita oggi dal Corpo Forestale dello Stato e in passato dai monaci. In questa riserva è possibile osservare le Abetine di abete bianco, i cervi, i daini, i caprioli, i cinghiali e il lupo, scoiattoli e ghiri oltre a uccelli come il picchio maggiore, le cince, gli allocchi e le poiane, e anfibi come il tritone e la salamandra che si trovano in particolari aree umide della riserva.
La cultura per tutti
In questo Eremo è possibile trovare ispirazioni come successe nel 2008 a Aaron Swartz l’attivista di Internet, colui che credeva fermamente che la rete fosse la più potente arma di comunicazione di massa contemporanea. Fu proprio qui infatti che egli scrisse il suo “Guerrilla Open Access Manifesto” dove incitava le persone ad “opporsi al sequestro e alla privatizzazione del sapere accademico e dell’informazione”.
“E se ci fosse una biblioteca con ogni libro? Non ogni libro in vendita, o ogni libro importante, neanche ogni libro in una certa lingua, ma semplicemente ogni libro; la base della cultura umana. Per primo, questa biblioteca deve essere su Internet.”
~ Aaron Swartz ~
La vita a Camaldoli è un continuo destreggiarsi nell’equilibrio di solitudine e vita comune, infatti vi sono 15 camere a disposizione degli ospiti, viaggiatori e pellegrini che vogliono ritrovare la pace, un sostegno spirituale o solo visitare un luogo ormai anacronistico nella nostra società frenetica e caotica.
Essere ospitati in un monastero non vuol dire per forza partecipare ai momenti di preghiera, che non sono assolutamente obbligatori, ma è un momento per ritrovare se stessi, fermare il tempo in un luogo frugale lontano dalle comodità e dallo stress della modernità, è inoltre possibile partecipare a sedute di yoga!
Leggere un libro, passeggiare, osservare la natura in armonia con coloro che la curano e proteggono, senza appuntamenti da rispettare, scadenze, cellulari che suonano, televisione che urla o automobili che rombano. Solo il fruscio dei faggi e il cinguettio degli uccelli a fare da cornice ad uno dei posti più tranquilli e magici che si possono ancora trovare in Italia.
Se siete interessati potete visitare il sito di Camaldoli dove trovare come viene gestita l’ospitalità della foresteria e i programmi a cui poter partecipare, singolarmente, in coppia ma anche con la famiglia.
Articolo scritto da Valeria Bonora – valeria2174.wix.com
Foto dell’interno dell’Eremo e di copertina gentilmente concesse da Marco Farini