Con l’espressione aborigeni ci si riferisce alle popolazioni autoctone dell’Australia, non a caso la parola aborigeno deriva dal latino ab e origine, a significare “fin dall’origine”. Queste popolazioni entrarono in contatto per la prima volta con i colonizzatori europei nel tardo XVIII secolo, quando si dedicavano ancora alla caccia e alla raccolta.
Non si sa molto sulle loro origini, alcuni ricercatori ritengono siano arrivati in Australia 50.000 anni fa dall’Indocina, secondo altri 60.000 anni fa. A quanto pare la nudità presso gli aborigeni non era affatto considerata sconveniente: gli uomini di età compresa fra i 30 e i 50 anni mostravano gli organi digitali, dimostrando così la loro maturità, ma coprivano le natiche. Le donne si vestivano solitamente con tuniche. I giovani con età tra i 18 e i 29 anni rimanevano completamente nudi, scoprendo anche le natiche, mentre i giovanissimi erano soliti coprire solo i genitali.
Oggigiorno molte cose sono cambiate e gran parte degli aborigeni sono stati assimilati alla cultura dominante, quella australiana, sebbene alcune minoranze abbiano invece preservato gli usi e costumi delle origini.
Ma gli aborigeni non erano (e non sono) tutti uguali, suddivisi a loro volta in clan tant’è che parlavano 200 lingue diverse. Se nel 700′, prima dell’arrivo degli europei, erano circa 200.000, in seguito vennero ridotti quasi del 90%, uccisi dai colonizzatori.
Miti e leggende degli aborigeni
Numerosi sono i racconti, le leggende e i miti degli aborigeni, anche noti come storie del Dreamtime, Tempo del Sogno, tradizionalmente narrate per via orale nei diversi gruppi etnici.
Protagonisti di queste storie erano personaggi dalle forme molteplici, a volte esseri umani, altre volte animali o elementi naturali, tutti pregni di essenza spirituale.
Tra i miti più famosi quelli dell’Altopiano Atherton sulle origini dei Crater Lakes, dall’Eacham all’Euramo, in cui si narravano le esplosioni vulcaniche che avrebbero dato loro vita, confermate in seguito da diverse ricerche geologiche a tema. Altri miti famosi sono quelli di Port Phillip e sullo Yarra River, di cui venivano descritte le forme originarie. Per non parlare delle leggende che spiegavano i vari fenomeni naturali attraverso un linguaggio figurato. Ecco alcune delle più belle leggende e i rispettivi insegnamenti, ricchi di saggezza e consigli preziosi anche per l’uomo contemporaneo.
1.Il ranocchio, il wallaby ed il dugongo
Modijia e Mamanduru erano due madri, la prima aveva un figlio molto bello, la seconda un figlio bruttino. Mamanduru, invidiosa, un giorno rubò il figlio bello di Modijia portandolo via con sè nel bosco. Ma Modijia se ne accorse e la inseguì. Le due madri si scontrarono violentemente e per punizione il bel bambino fu tramutato in un brutto ranocchio, Modijia in un canguro e Mamanduru in un dugongo, animale australiano parente del lamantino.
Questa leggenda sembra suggerire che l’invidia e la rivalità servono a poco e che litigare, in alcune circostanze, può addirittura risultare controproducente. Ognuno ha il proprio destino ed è bene che se ne faccia una ragione, accettandolo per quello che è, cogliendone il lato migliore.
2.Il diavolo-diavolo di legno
Djarapa era un bravo artigiano e costruì l’uomo di legno chiamato Wulgaru, che era in tutto e per tutto simile all’essere umano eccetto per la vitalità. L’artigiano recitò alcune formule magiche e colpì il manufatto con un boomerang donando a Wulgaru la vitalità. Quest’ultimo cominciò a inseguire Djarapa afferrando i vari uccelli incontrati sul cammino. Quando la notizia si diffuse, i villaggi vicini iniziarono a impaurirsi perché sapevano che Wulgaru, pur essendo vivo, non respirava, tanto da considerarlo un diavolo-diavolo capace di uccidere chiunque non rispettasse le leggi delle tribù. Qual è la morale di questa storia? Difficile a dirsi ma proviamo comunque a offrirne un’interpretazione.
Se non abbiamo la forza e le capacità di gestire qualcosa a cui decidiamo di dare vita (oggigiorno potrebbero essere un nuovo lavoro, una nuova relazione, una nuova strada), i rischi sono elevati.
Perché quel qualcosa, che si tratti di una professione o di altro, può sfuggire di mano e trasformarsi da sogno al peggiore incubo.
3. “Ginga”, il coccodrillo marino
Ginga stava dormendo scaldato da un fuoco che era stato acceso accanto a un billabong, ovvero un corso d’acqua. Improvvisamente Giunga prese fuoco sulla schiena e si gettò in acqua per spegnere le fiamme. Fuoco e acqua formarono delle vesciche sulla schiena trasformandolo in un coccodrillo. Quando i coccodrilli nuotano nei corsi d’acqua, i lembi di pelle logora spuntano dal pelo dell’acqua. Ginga contribuì a creare il paesaggio del Kakadu perché intagliava le rocce al suo pasaggio creando il letto del fiume East Alligator. Una volta dato vita al fiume, Ginga si trasformò in una cresta rocciosa, che spunta nel luogo sacro detto Djirringbal. Questa leggenda ci parla della creazione di alcuni paesaggi locali attraverso figure animali, com’è tipico di molti miti.
4. “Warramurrungundji”, la Madre della Fertilità
Una donna chiamata Warramurrungundji fece iniziare la vita sulla terra uscendo dal mare e approdando sulla costa della Terra di Arnhem. Aveva con sè un attrezzo per scavare e in una borsa trasportava ninfee, patate dolci e piante. Attraversò le varie terre piantando le cose che aveva con sè e con il suo bastone diede vita ai corsi d’acqua, poicreò le montagne e i torrenti, lasciando sulla Terra i suoi spiriti bambini che parlavano tante lingue diverse. Fu lei a creare le stagioni, le piogge, il vento e la siccità. Dopo aver concluso il suo compito, si trasformò in una roccia e gli aborigeni del Kakadu la venerano come madre di tutte le creature e protettrice di vita.
Questa leggenda riconosce nella donna la divinità creatice e in tal senso si dimostra all’avanguardia, lontana dalla visione maschilista del Dio (uomo). Ci induce quindi a riflettere su ciò che diamo per scontato e sull’importanza di osservare il mondo da molteplici punti di vista. Chi l’ha detto che il divino sia necessariamente di “sesso” maschile? Ogni popolo ha punti di vista diversi e tutti meritano uguale rispetto.
Laura De Rosa