L’8 marzo ricorre la giornata internazionale dei diritti della donna per ricordare le discriminazioni e violenze che le donne subiscono e hanno subìto nel mondo. E quale figura incarna meglio il messaggio di questo giorno importante se non Ipazia d’Alessandria, matematica, astronoma e filosofa della Grecia antica, martirizzata ed uccisa l’8 marzo del 415 d.C per essere stata una donna colta e influente che si rifiutò di piegarsi ad un sistema politico e religioso che la voleva sottomessa, rimanendo fedele a ciò in cui credeva fermamente: la ricerca della verità.
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Ipazia d’Alessandria, simbolo della forza delle donne
Ipazia nacque ad Alessandria d’Egitto intorno all’anno 360 d.C., figlia di una madre probabilmente morta precocemente e di cui non vi sono tracce e di Teone, filosofo, matematico, astronomo e direttore del “Museion”, la più famosa Accademia dell’antichità.
Ipazia fu iniziata da suo padre alle arti scientifiche e matematiche con un tale successo che l’allieva superò presto il maestro. Era dotata di una mente brillante e decisamente all’avanguardia per i suoi tempi: fu l’inventrice di un areometro, usato per determinare il peso specifico dei liquidi e un astrolabio, utilizzato per calcolare il tempo e per definire la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti nella volta celeste.
Una delle sue più grandi scoperte fu quella che la spinse a rimettere in questione il sistema geocentrico di Tolomeo che poneva la Terra in centro all’universo: le sue osservazioni la portarono ad intuire la relatività dei moti diversi secoli prima di Galileo e il moto ellittico delle orbite dei pianeti annunciata da Keplero solo nel 1609.
Il clima in cui operava la scienziata era influenzato dal pensiero misogino aristotelico che considerava le donne come esseri inferiori ma ad Alessandria, terra degli antichi faraoni, probabilmente sopravvisse la tradizione egizia che riconosceva alle donne il loro valore; ciò le permise di diventare una donna influente sulle menti del suo tempo. Con l’insediamento dell’Impero Romano nella seconda metà del IV secolo, le cose tuttavia iniziarono a cambiare.
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Ipazia, la filosofa neoplatonica che non si piegò ai poteri forti
In giovane età, Ipazia approfondì i suoi studi presso la Scuola neoplatonica ad Atene e in Italia e appena trentenne ricoprì il ruolo direttivo della scuola neoplatonica ad Alessandria, dove insegnò la matematica e la filosofia ai numerosi allievi che accorrevano da lontano per seguire i suoi corsi, affascinati dall’immensa conoscenza e saggezza di Ipazia, per la quale nutrivano rispetto ed ammirazione.
“Era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico.”
Socrate Scolastico
Il clima politico dell’epoca era purtroppo instabile. Il cristianesimo diventava sempre più influente sorretto dall’editto di Costantino nel 313, che affermava la libertà di culto, e da quello di Teodosio nel 391, che ne fece una religione di stato, che stabiliva che soltanto i cristiani potevano svolgere la funzione di giudice, rivestire cariche pubbliche ed arruolarsi nell’esercito. È in questo clima di scontro religioso tra cristiani e pagani che avviene la distruzione della biblioteca di Alessandria da parte dei cristiani, segnando la più grande perdita del sapere del mondo antico.
“Dal punto di vista della storia della matematica l’avvento del cristianesimo ebbe conseguenze sfortunate. I capi cristiani, sebbene avessero adottato molti miti e usi greci e orientali con l’intento di rendere il cristianesimo più accetto ai convertiti, si opposero alla cultura pagana mettendo in ridicolo la matematica, l’astronomia e la fisica. Ai cristiani era vietato contaminarsi con la cultura greca. Nonostante la crudele persecuzione dei Romani, il cristianesimo si diffuse e diventò così potente che l’imperatore Costantino (272-337) fu costretto ad adottarlo come religione ufficiale dell’impero romano. I cristiani erano ora pronti a distruggere in maniera ancora più accentuata la cultura greca. L’imperatore Teodosio proscrisse le religioni pagane e, nel 392, ordinò la distruzione dei templi greci. Molti di essi vennero trasformati in chiese, pur continuando spesso a ornarsi di sculture greche. I pagani vennero attaccati e assassinati in tutto l’impero. La sorte di Ipazia, una matematica alessandrina di fama, figlia di Teone di Alessandria, è il simbolo della fine di un’era. Per essersi rifiutata di abbandonare la religione greca, cristiani fanatici la aggredirono nelle strade di Alessandria e la fecero a pezzi.”
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Ipazia, martire della libertà di pensiero
Nel 412 d. C. il vescovo Cirillo divenne Patriarca di Alessandria e non mancò di abusare del suo potere, perseguitando i novaziani, gli ebrei ed i pagani, sino a quasi annientarne la presenza nella città. In questo clima ostile al sapere e alle donne, Ipazia si attirò purtroppo le antipatie di Cirillo e del suo clero che vedevano in lei una sovversiva che spingeva la gente a pensare, a riflettere usando la ragione, in nome della libertà e della verità. L’uso della ragione era antitetica alla fede che i padri della Chiesa tentavano di imporre e ogni tentativo di opposizione al pensiero cristiano veniva di conseguenza soffocato.
Ipazia non rinnegò mai la sua appartenenza alla religione greca, nemmeno sotto minaccia, e men che meno al pensiero neoplatonico; questo le valse di attirarsi l’ira di Cirillo che secondo la storia avrebbe mandato i parabolani ad ucciderla, anche se dopo l’indignazione generale che seguì l’uccisione brutale di Ipazia affermò di non avere nessun responsabilità in merito, e se ne lavò le mani.
Socrate Scolastico scrisse in proposito:
“Per la magnifica libertà di parola ed azione, che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini. Infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale. Per questo motivo, allora, l’invidia si armò contro di lei. Alcuni, dall’animo surriscaldato, guidati da un lettore di nome Pietro, si misero d’accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario: qui, strappatale la veste, la uccisero colpendola con i cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati questi pezzi al cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia di lei nel fuoco”.
La follia omicida cancellò ogni traccia del corpo di Ipazia ma nessuno riuscì a cancellare la sua memoria e l’eredità che essa lasciò al mondo. Il suo ricordo giunge fino a noi con un grido accompagnato dall’eco di tutte le donne che hanno subìto soprusi e violenze e ci esorta a ricordare che la donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell’uomo, ci invita a continuare a lottare per ciò che fece battere il suo cuore fino all’ultimo: la ricerca della verità.
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Fonti:
• National Geographic: Ipazia, la filosofa alessandrina
• Università delle donne: storia di Ipazia
• The vision: Ipazia, l’astronoma e filosofa uccisa dai cristiani per aver difeso la scienza e sfidato la religione
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in discipline Bio-Naturali
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