Si sa a Capodanno si inizia un nuovo capitolo della vita, si buttano le cose vecchie e si enunciano i nuovi propositi, è una festa che deve le sue origini alla festa del dio romano Giano, e ci sono diverse usanze e rituali da seguire in questo giorno.
Uno dei riti più conosciuti è quello di mangiare le lenticchie, magari con le mani, allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, per favorire ricchezza ed abbondanza, e subito dopo far esplodere qualche botto o fuoco d’artificio per celebrare il nuovo anno cercando di allontanare il maligno. Nell’Italia del sud si usa anche lanciare i cocci, un rito che simboleggia l’eliminazione del male, fisico e morale accumulato durante l’anno passato.
Per portare ricchezza in famiglia si usa mangiare anche l’uva passa, forse per questo motivo è uno degli ingredienti principali del panettone!
Poi ci sono storie sui “prodigi” della notte di capodanno come quello della donna che si trovava a raccogliere acqua a Pettorano sul Gizio, in Abruzzo, non sapendo che allo scoccare della mezzanotte di Capodanno, l’acqua del fiume si arresta e diventa d’oro,
e subito dopo torna a scorrere come prima. La donna così invece di acqua portò a casa una borsa d’oro.
Si narra anche che sia di buon auspicio incontrare per strada un vecchio o un gobbo (o un carro di fieno o un cavallo bianco) come prima persona dell’anno, mentre sarà un anno costellato dalla malasorte se si incontra un prete o un bambino….
Il primo giorno dell’anno non si dovrebbe mai lavorare, ma godersi il riposo, questo perché si crede che quello che si fa il primo dell’anno si farà per tutto l’anno.
C’è anche la previsione meteorologica dell’anno da fare durante i primi dodici giorni di gennaio, ogni giorno un mese dell’anno a venire, a seconda se farà bello o brutto si potrà prevedere come sarà il mese corrispondente a quel giorno.
Ma ora leggiamo questa bella leggenda di capodanno scritta da Otto Cima.
La leggenda di Capodanno di Otto Cima
Nelle valli del Comasco usavano, una volta, la notte di capodanno, appendere alla porta dei casolari un bastone, un sacco ed un tozzo di pane.
Eccone il perché.
Molti anni fa, al tempo dei tempi, e precisamente la notte di San Silvestro, padron Tobia stava contando il proprio gruzzolo in un angolo della sua capanna, quando fu battuto alla porta.
L’avaro coprì con un drappo i suoi ducati ed andò ad aprire. Una folata d’aria gelata di neve lo colpì in viso.
Era una notte d’Inverno.
Sotto la tormenta, fra il nevischio, egli vide un pover’uomo che si reggeva a stento e che non aveva neppure un cencio di mantello.
Padron Tobia fu molto contrariato da quella vista e domandò bruscamente allo sconosciuto:
“Che fate qui? Che volete? Chi siete?”
“Sono un povero viandante sperduto e sorpreso dalla bufera, e vi chiedo in carità di poter dormire nel vostro fienile.”
“Io non lascio dormire nessuno nel mio fienile. Andate, andate: non posso far nulla per voi!”
“Datemi almeno un tozzo di pane!”
“Non ho pane; andate!”
“Datemi un sacco, un cencio da mettermi al collo chè muoio di freddo!”
“Non ho sacchi e non ho cenci!”
“Almeno un bastone per appoggiarmi…”
“Non ho bastoni!”
E chiuso l’uscio in faccia all’infelice, ritornò al suo gruzzolo; ma sotto il drappo, invece di ducati trovò un pugno di foglie secche.
Padron Tobia impazzì e terminò i suoi giorni vagando perle vallate natie e raccontando a tutti la sua disgrazia; ma, d’allora in poi, la notte di capodanno tutti appesero alla porta del proprio casolare un bastone, un sacco, un tozzo di pane.
Articolo scritto da Valeria Bonora – valeria2174.wix.com