Quante volte capita a noi adulti di invitare in modo insistente il bambino a salutare o a ringraziare una determinata persona?
Se qualcuno saluta nostro figlio o gli regala qualcosa sentiamo il bisogno di invitarlo a rispondere in modo educato, insistendo a volte per fargli dire un “ciao” o per un “grazie”. In questo modo, se loro ripetono ciò che noi vogliamo sentirli dire, ci sentiamo in pace con la nostra coscienza, ci siamo comportati da buoni genitori, abbiamo assolto al nostro ruolo educativo.
In realtà un’educazione a comando non insegna nulla, soprattutto se il bambino è piccolo: egli infatti impara solo ed esclusivamente mediante l’esempio, il nostro esempio. Se siamo adulti in grado di manifestare la nostra gratitudine o persone solite a salutare anche l’estraneo che incontriamo in passeggiata, allora il bambino vivrà questo nostro modo di essere e per imitazione metterà in atto anche lui stesso questi atteggiamenti. In caso contrario non li metterà in atto.
Questa è educazione genuina e vera: usare poche o nessuna parola e agire mediante la vita quotidiana. Spesso tacere e comportarci secondi i valori che vorremo tramandare ai nostri figli è più difficoltoso di semplici comandi parlati ma vi assicuro che il primo modo d’agire lascia un segno indelebile, trasmette un messaggio forte e chiaro, è più comprensibile e chiaro di mille parole.
C’è poi da considerare il fatto che un “ciao” o un “grazie” sono parole importanti, spesse volte difficili da pronunciare persino per un adulto e un bambino può non sentirsi pronto a farlo e ad aprirsi così tanto al mondo esterno. Le tappe evolutive dei bambini vanno rispettate e non velocizzate, vanno rispettati i loro silenzi, i loro indugi. Nel momento in cui si sentono forti e fieri di essere grandi arriveranno a conquistarsi questa loro apertura al mondo e con naturalezza e genuinità saluteranno e ringrazieranno nel momento giusto, sempre che in famiglia abbiano respirato gratitudine e voglia di condivisione e scambio con il mondo esterno.
Far salutare e far ringraziare come dei piccoli soldatini non ha a che fare quindi con l’educazione ma con un nostro bisogno adulto di non riuscire a vivere i silenzi dei nostri figli. Se loro ringraziano o salutano solo in seguito ad un nostro insistente invito a farlo il valore di quel saluto o di quel grazie è pari a zero, sia per chi lo dice che per chi lo riceve. Meglio quindi imparare ad accogliere i silenzi dei nostri bambini ed emozionarsi al primo saluto spontaneo che nasce da loro: quello sì è intriso di significati, di ricchezza e di profondo valore affettivo!
E se davvero non riusciamo a fare a meno delle parole allora utilizziamole con senso e con consapevolezza: se vogliamo accompagnare il nostro bambino a salutare e a ringraziare non facciamolo mediante un comando che loro interiorizzeranno ma che non assoceranno mai al vero significato di quella azione, preferiamo l’uso di fiabe, storie o aneddoti che parlano di quanto è bello salutare qualcuno, di come fa sentire l’altro importante, di quanto è piacevole ricevere un grazie!
Sono tante le occasioni dove l’adulto agisce al posto del bambino: quando lo invita a baciare qualcuno, quando risponde ad una domanda posta al bambino e non a lui, quando non lo lascia libero di sbagliare e lo corregge ancor prima di avere la possibilità di commettere un errore.
Dobbiamo imparare a fare un passo indietro, a rimanere immobili, a considerare il bambino come un essere vivente altro da noi che ha una sua personalità diversa dalla nostra, ha i suoi traguardi da raggiungere, ha le sue conquiste da celebrare!
Dobbiamo imparare a riconoscere i nostri bisogni genitoriali e a considerarli come un qualcosa che riguarda solo noi stessi e non i nostri figli: il lavoro di autoeducazione che deve compiere l’adulto è difficile e faticoso ma se abbiamo deciso di assumerci questo meraviglioso compito lo dobbiamo attuare con fermezza, serietà, coraggio ed entusiasmo. Solo così possiamo assistere al bellissimo spettacolo del nostro bambino che diventa grande.
Secondo Daphne Rose Kingma, famosa autrice americana, “dicendo grazie tu crei amore” e lo stesso vale per il saluto: sono entrambi dei modi spirituali di vivere, donano un significato profondo e vero alle nostre giornate, ci collegano agli altri e al nostro Io più profondo e saggio. Ecco, questo dobbiamo insegnare ai nostri bambini: a vivere con cura, con amore e passione!
Elena Bernabè