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Rassegna Etica

Cos'è la Rabbia e Come Riconoscerla

Di Laura De Rosa - 10 Aprile 2017

Non sono una psicologa né una coach, affronto quindi questo argomento dalla prospettiva di una semplice appassionata, estrapolando i contributi a mio parere più interessanti. Premetto che simpatizzo per le emozioni “scomode” ritenendole utilissime a dispetto dell’apparenza. Penso diventino problematiche quando prendono il sopravvento ma in fondo non vale lo stesso per le emozioni etichettate come positive? Pensando a una persona gioiosa probabilmente non intravediamo l’altro lato della medaglia ma siamo sicuri che sia tutto oro quel che luccica? La gioia è un’emozione piacevole ma può nascondere, a volte, lati inaspettati: per esempio un atteggiamento da eterno Peter Pan che “ride” per sfuggire alla realtà oppure un’attitudine alla positività per evitare il confronto con le verità più scomode. Le emozioni non sono buone o cattive, ma lo diventano a seconda dei casi.

La rabbia e l’ira in filosofia

rabbia
Cos’è la rabbia? Il dizionario la descrive come “irritazione violenta prodotta dal senso della propria impotenza o da un’improvvisa delusione o contrarietà, e che esplode in azioni e in parole incontrollate e scomposte”. Molti sono i termini che ad essa si riferiscono, per esempio furore, ira, collera che ne sono la manifestazione più esasperata; o ancora fastidio, irritazione che hanno a che fare con una rabbia meno intensa.
Nel mito platonico della biga alata l’ira viene presentata come un’emozione dalla doppia natura: da un lato, nelle sembianze del cavallo alato bianco guidato dalla ragione, esprime coraggio e forza di volontà; dall’altro, nelle sembianze del cavallo nero, esprime il suo lato oscuro e indomabile. Platone evidenzia come un’emozione solitamente percepita come negativa, cela in sé anche un potenziale positivo. Tuttavia la sua visione rimane di tipo dualistico, mentre Aristotele supera questa concezione proponendo una visione unitaria dell’essere umano e dell’ira stessa, che come le altre passioni, viene da lui ritenuta al di sopra del bene e del male, ma capace di bontà se guidata dall’anima razionale che porta all’equilibrio, capace di negatività se guidata dall’irrazionalità.
Nell’800′ Arthur Schopenhauer afferma che l’ira è tipicamente umana ma presente anche nella natura dove agisce sotto la cieca “volontà di vivere”: “In tutta la natura questa lotta continua, anzi solo per essa la natura sussiste. Questa lotta universale raggiunge l’evidenza più chiara nel mondo animale che ha per proprio nutrimento il mondo vegetale ed in cui, inoltre, ogni animale diventa preda e nutrimento di un altro (…), in quanto ogni animale può conservare la propria esistenza solo col sopprimerne costantemente un’altra.”

La rabbia nei bambini

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Se osserviamo i bambini noteremo che bisticciano spesso tra di loro ma la rabbia passa rapidamente. Il bambino che non ha ancora imparato a reprimerla, influenzato dall’ambiente circostante, non se ne vergogna ma la esprime liberamente. E in breve tempo, di solito, torna la pace. L’adulto, al contrario, dovendo conformarsi alle regole sociali, relega la rabbia e altre emozioni negative in un sacco. Ma a cosa serve la rabbia nel bambino? Di solito rappresenta una reazione a un limite o esprime la volontà di affermare il proprio Io.
Gli psicologi sottolineano tuttavia che sussiste una differenza tra la normale espressione della rabbia infantile e l’esplosione della stessa. Esprimerla in modo sano è importante quanto esprimere qualunque altra emozione ma questo processo prevede il riconoscimento dell’emozione, la verbalizzazione e la capacità di metterle un limite. Compito che spetta anche ai genitori. Nell’articolo “I sotterranei dell’anima: l’Ombra e la Rabbia” a cura della dott.ssa Annarita Arso, l’autrice spiega: “riconoscere l’emozione del bambino promuove infatti la sua capacità di entrare in contatto con la sua sfera emotiva e rappresenta un’occasione di intimità tra genitori e figli, in grado di consolidarne il legame; bisognerebbe aiutarlo a nominare i diversi stati emotivi e a raccontarli senza paura di essere giudicato; l’atto stesso di dare un nome a ciò che si prova ha di per sé un effetto rasserenante sul sistema nervoso e lo aiuta ad uscire più in fretta dallo stato di turbamento; bisognerebbe infine aiutarlo ad avviare un processo di risoluzione del problema, analizzando tutte le alternative possibili. Imparare a gestire la rabbia sin da bambini non solo rappresenta un considerevole contributo nella prevenzione dello sviluppo di disturbi della sfera affettiva per tutta l’età evolutiva e durante l’età adulta, ma, inquadrando la questione nuovamente in ottica psicoanalitica, alleggerisce l’Io da qualche incombenza di troppo e gli fornisce un buon assist decisivo per l’esito della partita.
La rabbia è a sua volta intimamente legata al concetto di Ombra junghiana, quella parte oscura con cui l’uomo fatica a entrare in contatto per timore di vedere i mostri che lo abitano. Il problema è che, più si reprimono emozioni arcaiche come la rabbia, maggiori difficoltà ha l’Io a difendere la propria integrità psichica. L’Ombra pertanto diventa un pesante fardello anziché una fonte di creatività.
Come abbiamo visto, il fatto di reprimere la rabbia è pericoloso quanto manifestarla in modo esplosivo. Perché la mancata reazione può anche dipendere da un negato contatto emotivo con questo sentimento che porta a farla scivolare altrove, provocando per esempio mal di pancia e altri disturbi fisici collegati alla sua rimozione. In altri casi la rabbia viene rimpiazzata da pensieri compulsivi, rituali di un certo tipo e via dicendo. Tuttavia anche l’esprimerla senza controllo arreca danni, a se stessi come agli altri.

Laura De Rosa
yinyangtherapy.it





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