Largamente utilizzati nell’industria alimentare per migliorare le caratteristiche organolettiche dei cibi e per preservarli da contaminazioni microbiche, gli additivi sono perlopiù innocui. Alcuni di loro possono subire però modificazioni nell’organismo o durante la cottura, trasformandosi in sostanze nocive. Tra questi vi sono i nitrati e nitriti, utilizzati soprattutto nella conservazione di carne e insaccati e soggetti a modificazioni chimiche che possono convertirli in N-nitrosammine, molecole potenzialmente cancerogene.
Più in generale gli additivi sono identificati in etichetta dalla lettera E seguita da un numero e classificati in base alla loro azione: se i conservanti rallentano lo sviluppo microbico degli alimenti, gli antiagglomeranti facilitano la loro lavorazione, gli antiossidanti evitano i processi di irrancidimento, mentre coloranti, addensanti, emulsionanti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità sono deputati a migliorare la consistenza e le caratteristiche sensoriali degli alimenti.
Naturali, di sintesi o di origine naturale ma modificati per esaltare le loro proprietà, gli additivi sono sottoposti a un lungo processo di valutazione della loro sicurezza, che nel Vecchio Continente è svolto dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), senza dimenticare l’importante ruolo di un altro organo di controllo internazionale, il Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari (Jefca) della Fao e dell’Oms.
Tra gli additivi di origine naturale troviamo antiossidanti (la vitamina C, o ascorbato E300, e i derivati E301, E302 ed E303), amminoacidi impiegati come esaltatori di sapidità (glutammato E620 e glicina E640), coloranti (il licopene del pomodoro E360d, le antocianine E163 presenti in particolare nei frutti di bosco, la curcumina E100 e la vitamina B2 o riboflavina E101), addensanti (ad esempio la pectina E440) e regolatori di acidità (su tutti l’acido citrico E330 contenuto nei limoni).
Sostanze presenti in natura sono anche i nitrati e i nitriti, composti da azoto e ossigeno e utilizzati in forma sintetica. I nitrati sono indispensabili per la crescita e lo sviluppo dei vegetali che, grazie alla luce solare, utilizzano l’azoto per sintetizzare le loro strutture proteiche. Di per sé non sono cancerogeni, ma con l’azione metabolica o il processo di cottura possono subire trasformazioni chimiche che li convertono in N-nitrosammine, che possono indurre la comparsa di tumori. Ecco perché l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, organo dell’Oms, ha classificato nitrati e nitriti ingeriti come probabilmente cancerogeni per gli esseri umani (Gruppo 2A).
Presenti naturalmente negli alimenti, nitrati e nitriti sono utilizzati anche come additivi soprattutto per le carni e gli insaccati, in virtù delle loro proprietà antimicrobiche e antisettiche. Fondamentali per preservare le qualità igieniche di molti cibi e per prevenire efficacemente la germinazione di un microrganismo patogeno come il Clostridium botulinum, responsabile di intossicazioni che possono rivelarsi anche letali, questi additivi servono pure a stabilizzare il colore rosso e a conferire aroma e sapore alle carni. I nitrati, indicati nelle etichette con le sigle E251 (nitrato di sodio) ed E252 (nitrato di potassio), sono ampiamente utilizzati nell’agricoltura come fertilizzanti e si trovano soprattutto nelle verdure e nell’acqua potabile (limite massimo consentito 50 mg/l).
I vegetali che ne contengono di più sono la bietola, il sedano, la rapa, lo spinacio, il cavolo, il cavolfiore, il broccolo, il ravanello, la lattuga, la cicoria, l’asparago, il prezzemolo, la carota e il finocchio. Gli attuali orientamenti scientifici concordano nell’attribuire ai prodotti vegetali un importantissimo ruolo nutrizionale. Questa tipologia di alimento può rappresentare però una significativa fonte di composti potenzialmente nocivi, come ad esempio i nitrati, che si presentano come residui di trattamento con fertilizzanti o ammendanti.
Impiegati anche come additivi alimentari, nitrati e nitriti hanno assunto un sempre più importante rilievo sanitario. Il regolamento Ue n. 1258/2011, che modifica il precedente regolamento Ce n. 1881/2006, stabilisce i tenori massimi ammissibili di nitrati nei prodotti alimentari. Il Comitato scientifico per l’alimentazione della Commissione europea ha invece valutato la dose giornaliera ammissibile per nitrati e nitrati, fissata rispettivamente a 3,7 e 0,07 milligrammi al giorno per chilogrammo di peso corporeo. Tali valori sono stati confermati dal Jefca.
Di per sé i nitrati non sono pericolosi, ma in seguito all’azione delle ghiandole salivari della bocca possono esser convertiti nei ben più temibili nitriti. Quest’ultimi, infatti, sono in grado di combinarsi con le ammine, molecole presenti in alimenti molto proteici come carni, salumi e formaggi, dando origine alle cancerogene N-nitrosammine, che si formano spontaneamente nell’organismo umano e causano numerose mutazioni genetiche a livello cellulare.
Il processo è semplice: nell’ambiente molto acido dello stomaco i nitriti si convertono in acido nitroso, che a sua volta si combina con le ammine e dà vita alle nitrosammine. Da tenere sotto controllo è anche la cottura ad alte temperature, ad esempio la frittura, un altro fattore che agevola questo meccanismo di trasformazione.
Le nitrosammine possono avere anche altri effetti negativi sulla salute, perché secondo la sperimentazione tossicologica a lungo termine impediscono l’assunzione di iodio da parte della tiroide favorendo l’ipotiroidismo, determinano vasodilatazione e riduzione della pressione arteriosa grazie al rilascio di ossido di azoto, provocano effetti antivitaminici e pare siano coinvolte nell’insorgenza di allergie non dipendenti da meccanismi immunologici.
Nelle etichette alimentari i nitriti sono indicati con le sigle E 249 (nitrito di potassio) ed E250 (nitrito di sodio). Questi additivi possono rivelarsi pericolosi anche per il fatto che tendono a legare l’emoglobina, trasformandola in metaemoglobina. Tale processo comporta la diminuzione della pressione parziale di ossigeno e una riduzione del suo trasporto ai tessuti. Le attuali normative di legge prevedono l’utilizzo di quantità minime di nitriti come additivi alimentari solo per i cibi in cui il rischio per la salute da possibile contaminazione di botulino è molto maggiore rispetto a quello che comporta una maggior probabilità di tumore.
Il limite massimo consentito dalla legge italiana è di 150 milligrammi per chilogrammo di prodotto. Più in dettaglio, i nitrati di potassio (E251) e di sodio (E252), da soli o in combinazione, sono consentiti solo per i prodotti a base di carne non trattati termicamente entro un massimo di 150 mg/kg, mentre i nitriti di potassio (E249) e di sodio (E250), sempre da soli o in combinazione, sono autorizzati per un massimo di 100 mg/kg nei prodotti a base di carne sterilizzati e di 150 mg/kg in quelli pastorizzati o non trattati termicamente.
Sul rapporto tra eccesso di nitrati/nitriti e aumentato rischio di tumore una risposta chiara la fornisce l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc): «L’assunzione alimentare prolungata di grandi quantità di nitriti è associata con un aumento del rischio di sviluppo del cancro allo stomaco e del cancro all’esofago. Andrebbero quindi evitati o fortemente ridotti i cibi contenenti nitrito di potassio (E249), nitrito di sodio (E250) e nitrato di potassio (E252), presenti soprattutto nella carne in scatola, negli insaccati e nelle carni lavorate. È consigliabile evitare alimenti che contengono nitriti e nitrati, preferendo carni e salumi privi di conservanti o riducendone il consumo a favore di una dieta ricca di frutta e verdura che contengono antiossidanti e vitamine, inibitori della formazione delle nitrosammine».
In merito a quest’ultimo punto, per neutralizzare l’effetto negativo di additivi potenzialmente pericolosi l’industria alimentare adotta spesso l’accorgimento di abbinarli ad altri benefici ad azione antiossidante come la vitamina C (E300) e i suoi derivati ascorbato di sodio (E301) e ascorbato di potassio (E303).
In conclusione, ecco alcuni consigli per ridurre il rischio connesso al consumo di nitrati e nitriti:
• date la preferenza a frutta e verdura di stagione e consumate regolarmente abbondanti quantità di frutta fresca e insalata di verdure crude;
• scegliete le verdure intere al posto di quelle pretagliate ed eliminate gambi e foglie esterne;
• conservate le verdure in frigorifero e consumate in tempi brevi (24-48 ore) quelle a foglia larga;
• evitate di utilizzare i concimi chimici nel vostro orto, dedicatevi alla raccolta nelle ore serali e ricordate sempre che gli ortaggi coltivati in campo aperto sono migliori di quelli prodotti in serra;
• non dimenticate di lasciar raffreddare e poi porre rapidamente in frigo verdure cotte o brodi di verdura, poiché l’azione dei batteri può trasformare rapidamente i nitrati in nitriti;
• limitate il consumo di insaccati, prosciutti e salsicce (massimo due volte a settimana);
• preferite i prodotti freschi alle carni in scatola;
• aggiungete un po’ di succo di limone a insaccati e carni per evitare la formazione di nitrosammine;
• evitate di abbrustolire insaccati e prosciutti;
• non conservate per molto tempo alimenti ricchi di nitrati al fine di limitare la crescita batterica e date la preferenza ai cibi conservati con nitrati rispetto a quelli conservati con nitriti.
Marco Grilli