Troppo fruttosio è nocivo per il fegato dei bambini. Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’area di malattie epato-metaboliche dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, l’abuso sistematico di questo monosaccaride aggiunto a cibi e bevande comporta danni per la salute dei più piccoli, poiché «le quantità assunte quotidianamente in eccesso accrescono di una volta e mezza il rischio di sviluppare malattie epatiche gravi».
La ricerca è durata quattro anni e i suoi risultati sono stati pubblicati sul Journal of Epatology. Dal 2012 al 2016, ben 217 bambini e ragazzi sovrappeso o obesi affetti da fegato grasso sono finiti sotto la lente degli specialisti: gli esami effettuati hanno rilevato livelli eccessivi di acido urico in circolo in metà dei soggetti.
Quale zucchero semplice presente soprattutto nella frutta ma anche in altri alimenti quali miele, vegetali e farine per la preparazione di pasta, pane, pizza, dolci e snack, il fruttosio ha un basso indice glicemico e un elevato potere dolcificante e non dà generalmente problemi in una dieta bilanciata. Occorre però fare attenzione all’abuso quotidiano e sistematico di quello aggiunto, presente sia negli sciroppi che nei dolcificanti utilizzati dalla grande industria per la produzione di bevande e altri preparati alimentari. L’American Heart Association raccomanda di evitare l’uso degli zuccheri aggiunti (fruttosio, glucosio, saccarosio e galattosio) nell’alimentazione dei bambini sotto i due anni di età, e di limitarli a un massimo di 25 grammi giornalieri nella fascia tra i due e i 18 anni. La maggioranza dei soggetti che si sono prestati allo studio assumeva invece una quantità giornaliera di fruttosio superiore ai 38 grammi.
Uno dei prodotti finali della sintesi di questo zucchero semplice nel fegato è l’acido urico, che quando è prodotto in grandi quantità si rivela tossico per l’organismo e favorisce l’insorgere di varie patologie. I ricercatori del Bambino Gesù, che hanno incrociato gli esiti emersi dal questionario alimentare sottoposto ai partecipanti allo studio con i dati di ulteriori indagini, sono riusciti a dimostrare l’associazione tra gli alti livelli di acido urico e l’aggravarsi del danno al fegato.
Fino ad oggi diverse ricerche scientifiche erano riuscite a provare la correlazione tra l’elevato consumo di zucchero e l’insorgenza di varie patologie sempre più frequenti in età pediatrica, quali l’obesità, il diabete di tipo II e le malattie cardiovascolari. «Con la nostra ricerca abbiamo colmato la lacuna: abbiamo infatti dimostrato che un eccessivo consumo di fruttosio si associa ad alti livelli di acido urico e soprattutto a un avanzato danno epatico, tanto da favorire la precoce comparsa di fibrosi prima e cirrosi poi a carico del fegato. Ecco perché, alla luce di quanto certificato dal nostro studio, è fondamentale non abusare di cibi e bevande con alto contenuto di fruttosio, modificando le errate abitudini alimentari dei nostri ragazzi», spiega lo specialista Valerio Nobili, responsabile dell’area malattie epato-metaboliche del Bambino Gesù.
L’indagine spiega anche con quali meccanismi questo monosaccaride provoca danni al fegato, organo dove viene metabolizzato. Tale processo di scomposizione e frantumazione produce energia per il corpo, oltre a derivati quali l’acido urico. Un sistematico eccesso di consumo di fruttosio altera il percorso metabolico e provoca la produzione di una quantità eccessiva di acido urico, che se non smaltito tende ad aumentare lo stress ossidativo e ad attivare insulino-resistenza e processi infiammatori delle cellule epatiche. Si tratta dunque di meccanismi precursori dell’insorgenza del diabete e del fegato grasso, che nei bambini con tale organo già compromesso accelerano la progressione della malattia verso stadi più gravi (steatoepatite non alcolica, fibrosi epatica, cirrosi). In conclusione, i ricercatori del Bambino Gesù sono riusciti a dimostrare che i bambini con errate abitudini alimentari che consumano fruttosio in eccesso incorrono in un maggior rischio di sviluppare patologie del fegato.
Occhio dunque a merendine, bevande zuccherate e snack salati, ossia a tutti quei prodotti industriali che, soprattutto i bambini, consumano tra un pasto e un altro. Il fegato grasso colpisce il 20% della popolazione infantile e l’80% dei bambini in sovrappeso e obesi: una premessa pericolosa che può condurre alla cirrosi. Le soluzioni, come sottolineano dal Bambino Gesù, consistono non solo nel modificare gli stili di vita errati e le cattive abitudini alimentari, quali l’eccessivo consumo di fruttosio, ma anche in una regolare attività fisica da svolgere sin da piccoli.
Sui pericoli legati all’eccesso di fruttosio nella dieta quotidiana hanno insistito molto anche altre ricerche scientifiche. Sostanzialmente è stato scoperto che questo zucchero semplice s’inserisce nella glicolisi che avviene nel fegato in un momento successivo alla fase del controllo operata dall’ enzima fosfofruttochinasi. Conseguenza: la glicolisi incontrollata provoca un accumulo di lattato e piruvato e aumenta la lipogenesi e la formazione di trigliceridi e acido urico, con conseguente iperuricemia.
Il fruttosio ha inoltre un basso indice glicemico che evita il rilascio di insulina e tiene bassa la leptina, ossia quei due ormoni che regolano il bilancio energetico dell’organismo dopo i pasti e sono responsabili del senso di sazietà. Un eccesso di fruttosio accresce quindi lo stimolo della fame e può con il tempo aumentare il peso corporeo, i valori della pressione, il livello di colesterolo e trigliceridi, l’adiposità viscerale, nonché l’insorgenza dell’insulino-resistenza e dell’obesità, con tutte le problematiche correlate. La quantità consigliata di fruttosio è stata stimata tra il 10 e il 12% dell’apporto calorico totale: se resta al di sotto di tali livelli non provoca problemi e anzi porta a un miglior controllo glicemico e a una maggiore sensibilità all’insulina nei soggetti diabetici, se invece supera il 20% si verificano gli effetti negativi elencati sopra.
Ricerche come quelle condotte dagli specialisti del Bambino Gesù sono rivolte non solo alla formazione di pediatri e medici di base ma anche alla popolazione, perché ricche di consigli preziosi per le abitudini alimentari e lo stile di vita dei nostri bambini, che si traducono in un migliore stato di salute delle nuove generazioni.
Marco Grilli