Cos’è l’altruismo? La definizione del dizionario è la seguente: “amore verso gli altri, comprensione dei bisogni altrui.” Ma come si fa ad aiutare gli altri? E’ possibile riuscirci se prima non aiutiamo noi stessi?
Carl Gustav Jung invitava l’uomo ad agire su di sé prima che sul mondo circostante perché il vero altruismo non può prescindere da uno stato interiore di “serenità“. Chi sta bene sa dare. Concetto interessante ma spesso travisato al fine di giustificare un atteggiamento di distacco dalla realtà che ha molto più a che fare con l’individualismo.
La new age nelle sue molteplici forme supporta spesso questa tesi con le dovute rivisitazioni. E aggiunge che il mondo circostante è specchio della nostra interiorità, quindi vive bene (e di conseguenza è più altruista) chi sta bene dentro. Che ci sia qualcosa di vero lo penso anch’io, tuttavia ho notato che questo “credo” in alcuni casi dà origine ad atteggiamenti egoistici.
Il presunto “illuminato” sapendo di poter creare la propria realtà, focalizza l’attenzione su pensieri positivi allontanando volontariamente qualunque fonte di potenziale disagio in quanto destabilizzante per il suo mondo perfetto.
Si ritiene infatti che focalizzare l’attenzione non solo sulle emozioni ma anche sulle notizie negative alimenti negatività, odio e altre cose brutte. Meglio pertanto ignorarli per evitare di contaminare il proprio mondo/specchio alimentando, visto che tutto è connesso, una negatività su più larga scala. Si badi bene, questa è una versione distorta della teoria e non esaustiva ma ne rispecchia la faccia oscura, subdola, pericolosa in quanto egocentrica.
Vedere solo la fetta positiva della realtà può trasformarsi in egoismo
Penso ai media che alimentano ostilità e morbo-curiosità per miseri interessi, dai quali è sicuramente utile schermarsi. Ma da qui a ignorare la realtà circostante fingendo che le tragedie che si consumano ogni giorno nel mondo non ci riguardino, è altra cosa.
Questa è piuttosto una forma di egoismo subdola alimentata purtroppo dalla faccia oscura, la chiamo così, del pensiero positivo, che in una versione distorta ci legittima a occuparci solo di noi stessi e del mondo che ci sta bene vedere.
La realtà include cose belle e meno belle. Se un bambino viene azzannato da un cane, di positivo non c’è un bel niente. Un testimone, come potrebbe essere un giornalista, non può chiudere gli occhi di fronte all’accaduto per quanto orribile ma può, questo sì, adottare una prospettiva costruttiva evitando di fomentare, per esempio, il terrore verso i cani. Il vero problema, e può esserne colpevole il giornalista come il singolo individuo, è la strumentalizzazione della negatività, o il lasciarsene risucchiare.
Purtroppo il pensiero positivo associato alla legge di attrazione rischia di creare un mix esplosivo ad alto tasso di cini-menefreghismo mascherato di altruismo. Perché induce, in alcuni casi, a escludere una fetta di realtà. Ci fa indossare il paraocchi. Ma cosa accadrebbe se fingessimo che gli eventi spiacevoli non esistono? Sarebbe utile un atteggiamento simile per migliorare la società e le nostre vite? Pensare positivo escludendo l’altra fetta della realtà è altruistico?
Jung, l’individuazione non è individualismo
Tornando a Jung, egli fa una distinzione basilare tra due concetti spesso confusi, che a mio parere confondono tutt’oggi molti sostenitori accaniti della legge di attrazione, del mondo/specchio e teorie simili. Dice Jung: “Continuo a vedere però che il processo di individuazione è confuso con il divenire cosciente dell’Io, e quindi l’Io viene identificato nel Sè, con l’ovvia conseguenza di un irrimediabile confusione.”(C.G.Jung – Opere, Vol.8, pag.243)
Con Individuazione Jung intende la liberazione del Sè dai falsi involucri della Persona.
Sebbene, precisa lo psicoanalista, i due concetti in parte si sovrappongano, l’individuazione è più ampia perché non si focalizza solo sull’Io. Se “l’individualismo conduce spesso al narcisismo perché tutto ruota intorno all’Io e ai suoi diritti“, l’individuazione include una parte di egoismo ma integra le polarità, dando spazio all’altruismo e ai rapporti in quanto parti essenziali del suo programma.
L’individualismo ci rende pertanto egoisti, l’individuazione che è mossa dal Sé e non dall’Io incoraggia invece il nostro interesse sociale, che è una forma importante, decisiva, di altruismo.
Il Sè sa infatti di appartenere all’intera umanità, sa di far parte di un sistema più ampio in cui tutto è strettamente connesso. Il sociale è uno dei suoi principali interessi sebbene ogni individuo lo sviluppi in modo unico. Quindi non esiste che l’individuo liberatosi dalla morsa dell’Io si disinteressi del mondo circostante, tutt’altro.
E’ davvero assurdo e inverosimile che il diffondersi della consapevolezza della nostra interconnessione con la realtà circostante su più livelli, spesso invisibili, incoraggi un atteggiamento di ipocrisia o di “sbattimento”. Ignorare volontariamente le notizie/situazioni/eventi negativi, ricollegandoci al discorso di prima, non è interessarsi del sociale ma indossare gli occhialini con le lenti rosa. Accorgersi che nel mondo avvengono cose belle e brutte, ed eventualmente testimoniarlo, non è sbagliato, e sarebbe davvero assurdo eliminare un’intera fetta di realtà per quanto scomoda.
Sbagliato è semmai strumentalizzare questi eventi, come accade spesso oggigiorno, per fomentare l’odio e altre cose. Escludere ciò che non è “positivo” è un’assurdità, una forma di dittatura al contrario, ma anche una menzogna che non ha nulla a che fare con l’altruismo e la bontà. Come Jung ha ribadito più volte, il vero altruista agisce prima su se stesso e individuandosi accede a un livello di “consapevolezza” diverso che lo induce a partecipare alla comunità, non certo a chiudersi in una fetta di mondo tutta sorrisi e luccichini, fingendo che le cose brutte non esistano o non siano affar suo.
Laura De Rosa
yinyangtherapy.it