Dall’allevamento al mattatoio. I “viaggi della morte” sono una crudele realtà che si palesa quotidianamente sotto i nostri occhi, troppo spesso insensibili alla sofferenza altrui. Ammassati all’interno di camion in spazi ridottissimi, affamati, disidratati, impauriti, in condizioni di esaurimento psico-fisico, esposti al rischio di ferirsi o ammalarsi, ogni anno moltissimi animali sono costretti a viaggiare per ore ed ore su lunghe tratte all’interno dell’Unione europea e verso Paesi terzi. Per paradosso può capitare addirittura che muoiano prima di raggiungere la loro ultima destinazione. Il trasporto degli animali vivi merita una cornice normativa più adeguata e fortunatamente qualcosa si sta muovendo.
Bastano poche immagini e alcuni filmati di denuncia realizzati da organizzazioni animaliste per capire la gravità del fenomeno. Una mucca gravida è morta a causa dello stress termico e della disidratazione, dopo esser stata trasportata per più di 20 ore dalla Germania alla Bulgaria. 227 vitelli trasportati dalla Polonia alla Spagna per l’ingrassamento subiscono un vero calvario: impossibilitati a un giusto riposo, inadatti al viaggio (alcuni di loro hanno solo due o tre settimane e presentano ancora il cordone ombelicale), tenuti a bordo per 14 ore senza bere né mangiare, privati delle necessarie cure veterinarie, arrivano a destinazione esausti e vengono subito riempiti di antibiotici per evitare che si ammalino o muoiano. Da Pajeczno, in Polonia, parte un carico di cavalli destinato all’Italia. Dopo 20 ore di viaggio e la sosta obbligatoria di 24 ore al confine italo-sloveno, ripartono per altre 12 ore di tragitto. Caricati a forza e trattati con nessuna cura, mostrano evidenti segni di nervosismo e stress psico-fisico, colpendo ripetutamente la superficie con gli zoccoli e cercando di liberarsi dalla corda con cui sono legati, con il rischio di spezzarsi il collo. Il racconto dell’orrore può fermarsi qui.
Ogni anno un miliardo di polli o altre specie avicole e 37 milioni tra bovini, suini, pecore, capre ed equini, sono trasportati all’interno dell’Unione europea e verso Paesi terzi. Rilevante il fenomeno dei viaggi su lunga distanza per una durata di oltre otto ore: riguarda sei milioni di capi per spostamenti entro i confini dell’Unione europea e altri otto milioni per quelli comprendenti anche i Paesi al di fuori del Vecchio Continente. In molti casi il trasporto supera le 30 ore e spesso può durare perfino quattro giorni. Un caso estremo per quanto emblematico è quello della nave “Abou Karim IV” verificatosi nel 2014. Servirono ben 18 giorni per portare a destinazione un carico di bovini, partito dall’Ungheria e giunto in Libano attraverso la Lituania. La mancata armonizzazione delle normative nazionali sul trasporto degli animali vivi comporta gravi danni, perché l’industria alimentare predilige spesso come destinazioni quei Paesi dove i controlli e le sanzioni sono minimi, senza dimenticare che gli Stati extra-europei non sono tenuti a rispettare le leggi continentali sulla tutela degli animali.
Attualmente nell’Unione europea è in vigore il Regolamento del Consiglio (CE) n.1/2005, che paradossalmente non prevede alcun limite alla durata del trasporto di animali “da reddito”. «Un fatto sconcertante se si considera che il rischio per la salute degli animali aumenta drammaticamente con l’aumentare della durata del viaggio (Federazione dei Veterinari Europei – FVE) e che già prima dell’approvazione del Regolamento, il Comitato Scientifico per la Salute e il Benessere degli Animali aveva formalmente raccomandato di limitare i tempi di trasporto (SCAHAW, 2002). A ciò si aggiunga il rischio sanitario, confermato dalla stessa FAO che definisce il trasporto di animali vivi come “ideale per la diffusione di malattie”», sostiene la Lega Antivivisezione (Lav).
È del tutto evidente che il Regolamento in questione ha fallito nei suoi obiettivi di semplificare le condizioni di trasporto e migliorare le condizioni degli animali. Più volte la stessa Commissione europea si è pronunciata sulla necessità di apportare modifiche alla normativa, soprattutto per quel che riguarda la durata dei viaggi e la densità dei carichi. Ad oggi tutto è però rimasto immutato. Mentre l’adozione autoregolamentata di buone pratiche o linee guida per i trasporti si è dimostrata del tutto insufficiente a risolvere il problema, i controlli sul rispetto della normativa continuano ad essere scarsi ed inefficaci, mostrando gravi irregolarità nei pochi casi in cui vengono effettuati.
L’articolo 13 del Trattato sull’Unione Europea, che invita a tener conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, pare lettera morta di fronte alla realtà di questi viaggi infernali dall’allevamento al macello. Un tema alquanto sentito tra i cittadini europei, se è vero che nel 2012 più di un milione di individui firmarono una petizione che chiedeva la riduzione dei tempi di trasporto a un massimo di otto ore. Oggi fortunatamente qualcosa si sta muovendo anche a livello governativo, perché gli esecutivi di Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia hanno chiesto all’Unione europea di modificare la normativa attuale, limitando in particolare la durata dei viaggi. «Una nuova formulazione della legge non solo faciliterebbe una migliore implementazione, ma permetterebbe di aggiornare le attuali regole per riflettere le ultime scoperte scientifiche relative a salute e benessere animale. Permetterebbe di imporre limiti alla durata dei viaggi a seconda della specie, requisiti più stringenti e specifici per il trasporto, così come il miglioramento della formazione per autisti e addetti», sostiene la Lav.
Sull’onda di queste prime mosse da parte della politica, Eurogroup for Animals, il principale network animalista europeo di cui fa parte anche l’italiana Lav, ha lanciato la campagna #StopTheTrucks per invitare i governi degli altri Paesi europei a supportare l’iniziativa lanciata da Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia. I cittadini dei singoli Stati sono chiamati a firmare petizioni rivolte ai ministri competenti per giungere ad un aggiornamento della normativa in questione. In particolare si chiede di: sostituire il trasporto di animali vivi, limitandolo quanto più possibile (ad esempio trasportando il seme per la fecondazione e la carne al posto di esseri senzienti); ridurre la durata consentita del viaggio a massimo otto ore per i mammiferi e quattro ore per il pollame; introdurre parametri più restrittivi per la valutazione della condizione psicofisica degli animali.
«Nonostante il forte sostegno pubblico per limitare il trasporto di animali vivi, le cifre dimostrano che il trasporto su lunga distanza è aumentato da quando il Regolamento della UE sul Trasporto degli animali è entrato in vigore nel 2007. Deve essere inoltre sottolineato che esiste un divario significativo tra i requisiti prescritti dalla legislazione sopra citata e le evidenze scientifiche a disposizione. Le odierne preoccupazioni riguardanti la durata e le condizioni del trasporto di animali vivi e l’implementazione delle norme in vigore, potranno trovare applicazione solo quando gli standard esistenti verranno aggiornati e revisionati e quando verrà promossa una catena alimentare in cui gli animali vengono macellati il più vicino possibile al loro luogo di nascita e di ingrasso», recita il testo della petizione, in Italia rivolta al Ministro della Salute Lorenzin.
Considerato il fatto che nel Belpaese l’attenzione dell’opinione pubblica verso queste tematiche è notevolmente cresciuta, questa campagna cerca di sollecitare in particolar modo i supermercati a mettere in pratica da subito, con proprie decisioni volontarie, quanto proposto dalla Coalizione Stop the Trucks e dai quattro governi del Nord Europa. D’altronde, il superamento dei trasporti su lunga distanza di milioni di esseri senzienti risponde anche a ragioni di sicurezza sanitaria e ambientali. Al 2011 risale il parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che conferma la necessità di adottare delle misure per ridurre i focolai di malattie infettive associate ai trasporti, tendenti a verificarsi endemicamente (AHAW Panel, 2011). Per quanto riguarda la questione ambientale, numerosi studi confermano che il trasporto di animali vivi ha un impatto quattro-sei volte superiore rispetto a quello di un numero equivalente di animali macellati. Senza dimenticare che una delle armi più efficaci per contrastare il cambiamento climatico, non priva di motivazioni etiche, resta la transizione verso un’alimentazione vegetariana o vegana.
L’esperienza dei “viaggi della morte” restituisce immagini crude. Scrive Roberto Bennati, responsabile Lav Trasporti: «La prima mucca che troviamo è tutta nera, a terra, stanca del viaggio. Non dimentico il suo respiro affannato, il pelo opaco e ruvido. Non dimentico i suoi occhi corvini, enormi e profondi come la sua domanda di libertà. Continueremo la nostra battaglia per lei, e per tutti gli occhi che abbiamo incontrato lungo la strada». Una semplice firma può fare la differenza.
Marco Grilli