Si è molto discusso del valore esoterico della Divina Commedia di Dante che, a differenza di come viene insegnata sui banchi di scuola, celerebbe significati iniziatici. A sostenerlo molti ricercatori incluso René Guénon, autore del famoso libro pubblicato nel 1925 “L’esoterismo di Dante.” Guénon, nel testo, afferma che la Divina Commedia nasconda segreti esoterici che solo gli iniziati possono decifrare, i cosiddetti “‘ntelletti sani”, e che le tre cantiche rappresentino un percorso iniziatico. L’inferno, nello specifico, simboleggia il mondo profano. Il Purgatorio è la fase in cui hanno inizio le prove, il Paradiso è il luogo degli illuminati.
Lo stesso Dante Alighieri avrebbe dichiarato a Cangrande che la Divina Commedia cela più sensi di lettura che non sono in contrasto tra loro ma si completano a vicenda, come leggiamo sul blog “duepassinelmistero2″. “Un primo senso è letterale, funziona da velo e narra il viaggio immaginario del poeta attraverso l’Inferno, il Purgatorio, ed il Paradiso, non va oltre le parole fittizie come fanno i poeti nelle favole. Un secondo senso è allegorico e svela il senso che si nasconde sotto il manto di queste favole. E’ una verità nascosta sotto una bella menzogna. Un terzo morale che riguarda il significato etico, studiando le sacre scritture l’umanità può pervenire alla felicità. Purché mantenga la riservatezza perché “e cose segrete vanno fatte con poca compagnia. Un quarto senso analogico, scaturisce quando si cerca nelle scritture il livello spirituale usando il metodo “metafisico ed iniziatico”, che porta alla comprensione delle supreme cose.” Nello stesso blog viene riportato un esempio per chiarire il significato dei 4 sensi di lettura:
“All’uscita d’Isdrael dall’Egitto,
della casa di Giacobbe
di fra un popolo barbaro,
la Giudea diventa un santuario,
Isdraele e il suo dominio.
Se questi versi vengono letti in modo letterale, ci viene comunicato l’uscita dei figli d’Israele dall’Egitto al tempo di Mose.
Se vengono letti in modo analogico s’intende l’uscita dell’anima, la sua conversione dalla corruzione e dal peccato, il ritorno dell’anima alla gloria, alla purificazione, alla libertà e all’eternità. Questo quarto senso è il più difficile a comprendesi perché è riservato a chi è stato iniziato, esso coordina ed unifica gli altri sensi e porta alla comprensione più alta dell’Opera divina.”
L’inferno di Dante
E’ all’età di 35 anni che Dante Alighieri inizia la Divina Commedia e con essa si avvia la sua discesa agli Inferi, che corrisponde alla cosiddetta Nigredo alchemica. Come si legge nel testo “Dante e Alchimia”, “…nell’Inferno il fuoco è energia che brucia, che incenerisce che bolle mentre nel Purgatorio è fuoco che purifica, è sofferenza e fatica…Nel Paradiso è luce beatifica, che trascende la forma e i sensi, luce d’amore che si riflette da anima ad anima come da specchio a specchio. Senza il moto di questo fuoco-amore non sarebbe pensabile il procedere del poeta lungo il suo percorso oltre mondano. Questo fuoco-amore, che “move il sole e l’altre stelle”, e anche il fuoco-sole che conforta il pellegrino nella selva oscura, è colui che manca nell’Inferno, e colui senza il quale nel Purgatorio non si può procedere, è ancora colui che si moltiplica all’inizio del paradiso fuori ma anche dentro Dante, è il fuoco della coscienza, della comprensione, è il fuoco divino non quell’umano. Ecco di cosa parlavano gli alchimisti quando parlavano del fuoco. Nel primo canto della Divina Commedia sono indicate le due possibili vie per la realizzazione dell’opera alchemica, la via secca e la via umida. La via secca, o diretta, necessita di un confronto diretto con le tre fiere. Dante non ritiene dì poter seguire questa via per uscire dalla selva oscura, cioè per trasformare la materia prima. Tale “corto andar” non è praticabile, egli non si ritiene degno ( “l’anima tua è da viltade offesa” gli dice Virgilio). La via umida, indiretta, lunga, necessita invece di umiltà e corrisponde al percorso del pellegrino lungo i tre regni. Tale percorso gli è consigliato da Virgilio: “a te convien tener altro viaggio/ rispuose poi che lacrimar mi vide/ se vuò campar desto loco selvaggio” (Inf.I, 91-93). Nella Commedia la realizzazione della nigredo corrisponde all’Inferno, quella dell’albedo al Purgatorio, quella della rubedo al Paradiso.”
Il viaggio ha inizio quando Dante si rende conto di essere in una selva oscura, allegoria del peccato e della corruzione. Dante scrive: “mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura, esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’è amara che poco è più morte”. E prosegue: “Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai”.
Quindi il poeta afferma di aver capito, a un certo punto, di trovarsi nella selva ma non sa come ci è arrivato né come uscirne, esattamente come l’uomo che vive in uno stato di ignoranza. Inizialmente Dante cerca di salire sull’erto colle da solo ma è respinto da alcuni animali, la lonza, il leone e la lupa. Questo accade perché il mondo iniziatico prevede delle regole che non possono essere violate, a partire dalla necessità di essere accompagnati da una guida saggia. Ed ecco che compare Virgilio. Sulla porta dell’Inferno si legge: “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”, terribile ammonimento per coloro che vogliono intraprendere questo viaggio iniziatico. L’inferno ha la forma di un cono composto da cerchi sempre più stretti verso il basso, ove risiedono le anime che hanno commesso i peggiori peccati.
L’anticamera dell’inferno è abitata dagli “ignavi”, coloro che non si schierano mai per codardia, costretti a correre nudi “punti da vespe e mosconi inseguendo un’insegna che ruota e corre all’impazzata”, ma Virgilio lo invita a passare oltre senza dare loro troppa importanza.
A questo punto raggiungono l’Acheronte dove incontrano Caronte, traghettatore di anime. Il poeta cade in seguito a una forte scossa e a un fulmine, dopodiché entra nel primo cerchio infernale, il Limbo, abitato dagli uomini di valore per l’umanità non battezzati o nati prima di Cristo, condannati a un’esistenza senza speranza. In ogni girone Dante incontra personaggi accomunati da alcuni peccati, che simboleggiano le passioni più oscure dell’animo umano, a causa delle quali l’uomo non può risalire verso l’Empireo né comprendere l’armonia dell’Uno, poiché schiavo del mondo duale, in cui gli opposti rimangono tali anziché completarsi a vicenda.
Il secondo cerchio è popolato dai lussuriosi, percossi dalla bufera come in vita dalla passione incessante. Nel terzo cerchio risiedono i golosi, immersi nel fango maleodorante, flagellati dalla pioggi e da Cerbero, che li graffia e azzanna. Il quarto cerchio è dedicato agli avari e ai prodighi, dannati di natura opposta che si scontano eternamente. Il quinto cerchio è degli iracondi e degli accidiosi, che giacciono in sepolcri infuocati. Nel sesto cerchio risiedono le anime degli eretici mentre nel settimo cerchio i violenti contro il prossimo, i violenti contro se stessi come i suicidi e i violenti contro Dio, la natura e l’arte. L’ottavo cerchio è dei ruffiani e seduttori, degli adulatori, dei lusingatori e dei simoniaci e ancora maghi e indovini, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, scismatici e seminatori di discordia, falsari. Seguono il pozzo dei Giganti, condannati all’immobilità perché osarono sfidare le divinità e i superbi, e il nono cerchio che include traditori dei parenti, traditori della patria, traditori degli ospiti e dei benefattori. Nella parte più bassa dell’Inferno il fuoco è rimpiazzato dal ghiaccio: guarda caso in alchimia si dice che il fuoco congela, ovvero rende fisso il volatile come il Fuoco spirituale interiore, e l’acqua arde come il Solvente universale che costringe l’anima al risveglio.
Similitudini con l’alchimia
Le similitudini con l’alchimia sono numerose: l’Inferno simboleggia per esempio il crogiolo alchemico in cui il calore cuoce gli elementi incoraggiando l’adepto a intraprendere il viaggio iniziatico e a recuperare la propria natura divina. I colori alchemici, nero, bianco e rosso, contraddistinguono le tre facce di Lucifero. L’iniziazione comporta una morte/rinascita che conduce l’adepto dal mondo di morte a una vita non più soggetta alle brame dell’io egoico. Quando Dante si aggrappa a Lucifero, avviene la trasmutazione della materia, il piombo diventa Argento, quindi l’energia negativa diventa positiva. Lucifero capovolto, che Dante vede guardandosi indietro dopo essere uscito dall’Inferno, simboleggia proprio la purificazione alchemica delle energie.
Laura De Rosa