Lunedì 25 aprile 2016 si è tenuta l’inaugurazione ufficiale della nuova Stazione Marittima di Salerno, un complesso di grandissimo impatto per la sinuosità delle forme e per la prestigiosità del cuore e dell’idea dietro alla bellezza di tale progetto: l’architetto Zaha Hadid. Un evento importante, presieduto da personalità di rilievo della politica italiana e omaggiato dalla presenza di più di 200 esponenti dello studio d’architettura londinese “Zaha Hadid Architects”.
Un’inaugurazione bagnata di certo da molta pioggia ed altrettanta aspettativa, malinconia oltre che entusiasmo di un nuovo inizio, poiché proprio il 31 marzo di quest’anno l’architetto è venuta a mancare a causa di un attacco cardiaco; il paradosso di un cuore che continuerà a pulsare attraverso le sue opere geniali. In tanti per celebrare un grande inizio, dunque, ma anche una fine dolorosa.
Zaha è un nome di donna e di professionista che spicca in un panorama, come quello dell’architettura, prevalentemente maschile ed elitario. Un nome di donna che si fa simbolo di emancipazione, forza e perseveranza, che abbatte la generalizzazione del pregiudizio di matrice europea sui limiti e le pressioni che una donna irachena sia costretta a subire nella vita.
Zaha Hadid nasce infatti a Baghdad nel 1950 da una famiglia irachena benestante, ha la possibilità di viaggiare ed approfondire i suoi studi in America e in Europa, recettiva ai differenti stimoli culturali ed artistici ma soprattutto sensibile ed abile al talento d’integrarli. Fonda a Londra lo studio Zaha Hadid Architects, fulcro di una moltitudine di progetti che sono vere e proprie sfide a ciò che è “preconcetto” in termini di architettura e movimento. Rientrata nel 2010 nella classifica del Time fra le 100 personalità più influenti al mondo, è la prima donna a vincere il premio Pritzker (il più importante riconoscimento internazionale nel campo dell’architettura) e a ricevere la medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects.
Visionaria ed eclettica nel suo sguardo capace di vedere oltre l’ordinario, partendo da un simbolo per costruire un luoghi ed oggetti; Zaha infatti non si accontenta di essere una delle artiste più conosciute ed apprezzate a livello mondiale nell’architettura ma si reinventa anche nel design del prodotto per mobili, candele, cravatte, borse, gioielli.
La storia di Zaha Hadid è di sicuro una storia che ha come protagonista una donna privilegiata per le possibilità economiche ma non per questo facilitata nel suo percorso di realizzazione professionale ed artistica, frutto di bozze mai realizzate, progetti bocciati ed impareggiabili successi.
Tra le sue opere più importanti spiccano il London Aquatics Centre per le Olimpiadi e Paralimpiadi di Londra del 2012, il Centro culturale Heydar Aliyev a Baku, in Azerbaigian con un auditorium, una biblioteca e un museo, in Germania, il Museo della Scienza Phaeno, a Wolfsburg; la sede dell’Opera di Guangzhou in Cina; la Stazione della funicolare di Innsbruck. Fra le altre, un’altra perla italiana è il Maxxi di Roma, un progetto che si impone ai voti sul filo del rasoio con un 8 contro 7, per citare una grande impresa; un museo d’arte contemporanea che cambia totalmente la visione delle opere d’arte, sottolineando la necessità di avvolgere l’occhio ed i sensi attorno al pezzo d’arte.
Niente opere stipate in stanze a tema ma arte che respira, che si fa accogliere e ammirare dallo spazio e dal visitatore che da quel momento la faccia propria. Sono ancora molte le opere e i progetti da completare ed in tanti si chiedono quale sarà l’eredità e la modalità di passaggio dall’astratto al concreto, la cui direzione è passata oggi nelle mani di Patrik Schumacher e di tutta la squadra – formata soprattutto da giovani – che da Londra si espande in una rete in tutto il mondo. Unione, come avrebbe voluto Zaha.
È proprio “l’unione”, infatti, la colonna portante di tutte le sue incredibili ed inestimabili opere, unione di cielo, terra e mare, unione di natura ed attività umana, unione di materiali diversi per composizione e provenienza, unione di spigoli e curve, unione di punti di vista e tradizioni culturali.
La stazione marittima di Salerno è, ancora una volta, unione ed integrazione; progettata dallo studio di Zaha e realizzata da una società italiana di costruzioni con sede in provincia di Napoli, la Passarelli S.p.a., che è stata capace di tradurre in realtà un progetto d’avanguardia diventando essa stessa simbolo di un’Italia che crede nel futuro e investe nella bellezza. La struttura nasce concettualmente dal ricordo di un’ostrica adagiata su uno scoglio e diventa agli occhi di chi la guarda la proiezione di una grande nave pronta a salpare fra passato e presente nel Mare Nostrum di un’Italia che avrebbe bisogno di ritrovarla, quest’unità, da Nord a Sud, oltre l’orientamento politico, religioso, fra gli estremi di sperpero e vite di stenti che valgono per chi è italiano di origine e per chi sull’italiano spera di poter contare, imbarcandosi su una barca senza vele e senza scialuppe di salvataggio alla ricerca di condizioni di vita più dignitose.
Una nave che oltre i pregiudizi che scuciono lo stivale – e le anime – a metà. Una stazione, uno di quei non-luoghi per antonomasia individuati dal sociologo Marc Augé, che per dono eccezionale mai potrà definirsi tale. Cemento armato che diventa cemento vivo, corpo morbido di velluto con superfici talmente lisce che sembrano essere levigate dalle onde del mare e fari di luce che sono occhi attenti, occhi che vegliano partenze e ritorni. La stazione marittima di Salerno è l’ultimo regalo di Zaha, che rende la città una delle più ricche dal punto di vista della concentrazione di opere artistiche ed architettoniche d’eccellenza.
Per rivedere la cerimonia di inaugurazione sono disponibili i filmati dello streaming live sul canale youtube ufficiale “Kontrast S.r.l.”
A cura di Chiara Pasin