Ci siamo davvero rassegnati a pensare che poche persone siano “più dotate”? Davvero pensiamo che la mediocrità sia il fine della nostra esistenza? Non sarà invece questo modello educativo che privilegia uno status sociale piuttosto che un altro, rinchiudendo così le persone in categorie?
Il sistema in cui viviamo ha avuto bisogno di questo paradigma educativo. Ce lo ricorda bene l’educatore e scrittore Ken Robinson quando mette in evidenza, nel video “Cambiare i paradigmi dell’educazione”, il ruolo che ha l’istruzione pubblica: “…divide le persone in due tipi di profili: l’accademico e il non accademico, l’intelligente e il non intelligente”.
Ma questo modello educativo, nato nel XVIII secolo, è stato progettato nell’epoca dell’illuminismo e della prima rivoluzione industriale. Il problema è che ancor oggi questo tipo di educazione persiste, causando grande confusione. Il messaggio che si insinua continuamente nei nostri attuali modelli educativi è “Tu non sei adeguato!”. Il confronto ed il giudizio, mettono in evidenza un sistema che premia chi più si conforma e realizza le aspettative dell’adulto creando un individuo dipendente. Risultato: ormai troppi bambini soffrono di disturbi dell’apprendimento e troppo spesso assistiamo ad atti di arroganza, prevaricazione e violenza.
Tutto questo è segno di un diffuso malessere sociale.
E allora invertiamo la rotta! Il mondo sta cambiando e stanno nascendo nuove esigenze in ambito formativo. Esistono molte nuove strade da percorrere rispettose della nostra natura, dei tempi e dei ritmi umani, diversi da quelli che ci vengono imposti attualmente. Stanno nascendo nuovi filoni di pensiero emolte esperienze alternative.
Io, rispondendo alla mia crescente necessità di cambiamento, ho sviluppato una ricerca in campo educativo partendo dalla filosofia e dalle scoperte di Arno Stern (educatore tedesco). La mia sensibilità per la pittura mi ha portato a conoscere il Closlieu (letteralmente “luogo protetto”) da lui creato e ad occuparmi di “Semiologia dell’espressione”: lo studio dei segni e dei tracciati che ci accompagnano dall’infanzia fino all’età adulta.
Il Closlieu è una stanza dalle pareti colorate con un solo strumento centrale: il tavolo tavolozza dove 18 colori con tre pennelli ciascuno che aspettano di essere usati. Il foglio viene fissato con le puntine ad una parete attrezzata. Tutto si svolge con un rituale preciso: tenere con cura il pennello, intingerlo prima nell’acqua e poi nel colore, utilizzare un solo colore per volta, non giudicare il proprio dipinto o quello altrui. S’impara cosi a rendersi indipendenti dallo sguardo e dal giudizio degli altri. Nel Closieu si dipinge in piedi, in questo modo il corpo è libero di muoversi tra la tavolozza spazio della relazione ed il foglio spazio personale.
Ma cosa c’entrano i tracciati e la pittura con il benessere, la realizzazione e la felicità?
Abbiamo bisogno di riconnetterci con noi stessi, con la parte creativa di noi cosi sottovalutata dal vecchio modello educativo. Abbiamo bisogno di riappropriarci di un tempo che lasci spazio alla spontaneità per riuscire ad affrontare la vita con entusiasmo. Nel senso che gli antichi greci intendevano, un “essere ispirato” un “essere in Dio”. Un essere che riprende contatto con la sua parte divina, con la purezza dei suoi veri desideri. Abbiamo bisogno di un’educazione rispettosa e libera da molte imposizioni, compiti e doveri, che dia accesso a tutto il nostro potenziale. È proprio in questa riscoperta dell’entusiasmo che ci abita che risiede l’armonia con tutto il creato e le creature.
E nel Closlieu, attraverso il gioco del dipingere, vengono veicolati messaggi importanti come il rispetto assoluto della persona. Si vive l’esperienza di un modo nuovo di relazionarsi agli altri, esente dal giudizio.
Compiuto in un gruppo eterogeneo di persone (bambini e adulti dai 3 ai.. 100 anni) l’atto del tracciare è diverso dal disegno occasionale e permette di affermarsi in mezzo agli altri senza competizione. Tutto si svolge con rigore e attenzione. Questo aspetto aumenta il virtuosismo nel bambino aiutandolo a crescere in autonomia, stima e fiducia nelle proprie capacità. Egli diventa attento ed esigente. Nel Closlieu, lontano da sguardi indiscreti, l’espressione può pian piano manifestarsi.
La pratica educativa che si svolge in questo particolare spazio è supportata anche dalla scoperta dell’esistenza di una grammatica dei tracciati oggi a rischio di estinzione: la Formulazione. La Formulazione è un linguaggio di tracciati che appartiene alla nostra memoria organica (memoria prenatale). Tali tracce sono spontanee, ma non accidentali. Si tratta di un codice strutturato, codificato, universale che permette di accedere ad una realizzazione più globale dell’essere.
Oggi la libertà di tracciare spontaneamente è stata soppiantata dall’insegnamento dell’educazione artistica (o dall’educazione all’immagine). E’ stata sviluppata una pedagogia affinché il bambino produca opere, affinché si sviluppi in lui il senso dell’armonia e della prospettiva, di una artificiosità che non corrisponde alle sue reali necessità. Il bambino dovendo rispettare queste regole, che non gli appartengono, ha perso la voglia di disegnare e dipingere perché non si sente “capace”. Lo noto ogni volta che un bambino dopo due minuti mi dice che ha finito il suo disegno oppure che non sa più cosa disegnare. Ha perso l’entusiasmo per un gioco così naturale e necessario alla sua crescita.
Il vero bisogno del bambino non è praticare “l’arte del dipingere” ma “il gioco del dipingere”.
L’artista è creatore di un’opera diretta al pubblico. Studia ed elabora dei bozzetti prima di arrivare all’opera finale. L’artista lo fa con un obbiettivo: quello di compiacere gli altri. La sua opera quindi non risponde più ad una necessità ma tutto il suo fare è teso alla realizzazione di qualcosa che produca un effetto sullo spettatore. Egli ne calcola gli effetti. La speculazione diventa la sua preoccupazione primaria. Il bambino al contrario, attraverso l’atto del tracciare, risponde ad una necessità personale di conoscenza di se stesso e delle proprie possibilità.
Da sempre gli uomini hanno tracciato per comunicare ma nel Closlieu si rompe quest’abitudine! La traccia così sganciata dall’obbiettivo di avere un ricevente diviene libera di giocare un nuovo ruolo. Nel Closlieu la persona non subisce alcuna pressione dal mondo esterno e produce la sua traccia per il suo piacere personale. Il Closlieu non è un luogo di apprendimento di tecniche pittoriche ed il Praticien (Servente del Gioco del Dipingere) non è un maestro che sottolinea gli errori e le debolezze, non è un modello da seguire. Egli protegge la traccia e fa in modo che questa manifestazione, spontanea e personale, non incontri alcun ostacolo.
Nel gioco del dipingere si oltrepassa la ragione per lasciare spazio all’irragionevole. Si ristabilisce un equilibrio tra la nostra parte razionale e la nostra parte creativa. Nel Closlieu, al riparo da giudizi ed interpretazioni, la persona diventerà autonoma e indipendente, libera dalle aspettative altrui. Ritornerà l’entusiasmo e lo slancio necessario all’evoluzione verso mete che non avremo mai immaginato prima.
Barbara Arduini
“Il Cerchio” Atelier d’Espressione
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