“Come non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, così non si può distruggere il male con il male.”
Lev Tolstoj
Lev Tolstoj, nato a Jàsnaja Poljana il 9 settembre 1828, non fu solamente un grande scrittore ma anche un convinto sostenitore del principio della nonviolenza, tanto da aver ispirato persino Gandhi, che dei suoi scritti affermò: “La sua lettura mi entusiasmo’. Ne ebbi un’impressione indimenticabile. A quel tempo io credevo nella violenza. Quel libro mi curo’ dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell’ahimsa.”
I principi che lo muovevano erano la non resistenza al male, il lavoro agricolo, la non-collaborazione, l’antimilitarismo. Partendo da questi presupposti, Tolstoj affermava che la legge andava condannata qualora legittimasse la violenza e l’ingiustizia, come purtroppo accadeva spesso. Anche se queste tematiche gli furono care per tutta la vita, fu soprattutto nell’ultima parte dell’esistenza, dai 50 agli 80 anni circa, che Tolstoj si dedicò con particolare fervore ai suoi principi nonviolenti, attivandosi in prima persona per fare proseliti. Ma in quegli stessi anni lo scrittore russo attraversò una fase difficile, segnata da una crisi profonda, dominata da una sensazione di inutilità che, a quanto pare, lo condusse persino a tentare il suicidio.
La crisi esistenziale di Lev Tolstoj
L’insoddisfazione di Tolstoj derivava dalla contraddizione che egli sentiva di vivere in prima persona, difatti lo scrittore aveva origini nobili e contatti con i poteri alti, e di conseguenza con un sistema di vita corrotto che non gli andava a genio. La crisi ebbe fine quando riuscì a rinunciare ai compromessi con la chiesa ortodossa russa, abbracciando il messaggio evangelico, che sentiva decisamente più in sintonia con se stesso. Nello stesso periodo Tolstoj iniziò a dedicarsi ad opere prevalentemente religiose e di carattere sociale, fra cui si annovera “Che fare?”, in cui affrontò tematiche scottanti ed estremamente attuali come la povertà urbana e il degrado dei contadini costretti ad urbanizzarsi a causa della diffusione delle fabbriche.
Negli scritti di questi anni ritornano spesso il tema della disuguaglianza sociale e alcune strategie atte a superare lo status quo, fra cui 5 comandamenti illustrati nel libro “Resurrezione”, ispirati a un comunismo di tipo evangelico:
1. L’uomo non deve mai uccidere il proprio simile ma nemmeno adirarsi con lui.
2. L’uomo non profani la bellezza di una donna facendone strumento del proprio piacere.
3. Mai promettere niente sotto giuramento.
4. Perdonare le offese, non rifiutare nulla di cio’ che gli altri ti chiedono.
5. Amare, aiutare e servire tutti, anche i propri nemici.
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Il libro di Tolstoj che convertì Gandhi
Ma il testo forse più esaustivo, perlomeno dal punto di vista di Gandhi, fu “Il regno di Dio è in voi”, vero e proprio sunto della sua visione cristiana improntata alla nonviolenza. Gandhi ne fu letteralmente illuminato trovando la fede che gli mancava, proprio mentre era impegnato a difendere i suoi connazionali in Sudafrica. Fra i pensieri di Tolstoj che lo colpirono maggiormente, l’idea che le metropoli e le fabbriche fossero contrarie alla legge divina, trattandosi di meccanismi per sfruttare il lavoro dei poveri. Oppure l’idea che il bene andasse sempre esercitato a dispetto delle circostanze. Fra i due pacifisti vi fu, in un certo periodo, scambio di corrispondenza e in una delle lettere inviate da Tolstoj all’amico, lo scrittore elogiò l’opera di Gandhi descrivendola come
“l’opera piu’ centrale, piu’ importante fra tutte quelle che si svolgono attualmente nel mondo, e di essa saranno partecipi necessariamente non solo i popoli del mondo cristiano, ma quelli di tutto il mondo“.
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Concetti base della nonviolenza di Tolstoj
Un altro concetto basilare della nonviolenza di Tolstoj è l’antimilitarismo, abbracciato da numerosi simpatizzanti che si rifiutarono, a loro tempo, di prestare servizio militare, non senza conseguenze. D’altronde il regime zarista non apprezzava affatto l’opera di Tolstoj, tant’è che censurò diversi suoi scritti. Nonostante ciò, le idee pacifiste dello scrittore si diffusero capillarmente nell’intera Europa.
Ulteriore caposaldo della sua filosofia il legame diabolico fra violenza ed economia. Tolstoj credeva infatti che le disuguaglianze economiche contribuissero alla guerra e che fosse sbagliato costringere i poveri ad adeguarsi a qualunque genere di lavoro allo scopo di sottometterli in nome dell’interesse di pochi. Inoltre era fortemente convinto che il solo modo per contrastare il male fosse l’amore e non certo l’odio. Violenza più violenza, affermava, crea ancor più violenza. Come premesso, egli credeva anche nella non-collaborazione, ovvero nell’importanza di non aderire a qualunque forma di violenza, anche istituzionalizzata come nel caso del servizio militare. Infine riteneva che il male potesse toccarci solo se vi si partecipa in qualche modo:
“Verra’ distrutto il male fuori di noi, solamente quando lo avremo distrutto in noi… Il male puo’ toccarci solo se in un modo o nell’altro vi partecipiamo. E non vi e’ nulla di piu’ dannoso per gli uomini del pensare che le cause della loro situazione non risiedono in loro stessi, ma in condizioni esterne.”
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