Ci sono film che inducono “sonnolenza cronica” dopo i primi minuti, altri che ti tengono incollato allo schermo e il tempo passa che nemmeno te ne accorgi. Inside Out rientra senza dubbio nella seconda categoria, pensare che persino i critici cinematografici faticano a parlarne male. In effetti è difficile trovargli delle pecche, è uno di quei film che ricordi piacevolmente per tutta la vita, commovente e rivoluzionario, in grado di toccare con leggerezza corde sottili, che trascendono persino il mondo emotivo.
Protagoniste indiscusse sono proprio loro, le emozioni, 5 per l’esattezza: Rabbia, Gioia, Paura, Tristezza e Disgusto. Risiedono nel quartier generale della mente di Riley, la piccola protagonista. E’ infatti qui che si gioca l’avvincente trama finché, in un momento particolare, Gioia e Tristezza finiscono in un altro angolo del cervello, lontane dalla loro postazione privilegiata. Il viaggio che sono costrette ad affrontare per far ritorno al quartier generale serba loro piccole e grandi sorprese.
La gioia è importante quanto la tristezza
La “discesa” nell’interiorità scardina certezze, a partire dallo strapotere della felicità. Gioia è un’emozione coinvolgente, attiva, simpatica ma pecca ingenuamente di presunzione, considerando la compagna di avventure, Tristezza, una palla al piede più che un’alleata. Ed è proprio questa la forza di “Inside Out”, il suo messaggio simbolico, ma neanche tanto simbolico. Nel corso del viaggio mentale si scopre che Tristezza non è meno importante di Gioia, entrambe queste emozioni sono fondamentali ma siamo chiamati, tutti noi, a farle collaborare. Non basta che l’una tolleri l’altra, c’è bisogno di autentica complicità e di consapevolezza reciproca.
Inside Out ci insegna a volere bene a “Tristezza”, a non rimuovere o oscurare questa emozione in nome di una positività evidentemente forzata. Il sorriso gioioso dell’infanzia prima o poi, è inevitabile, si spezza. Succede quando dobbiamo confrontarci con i problemi della vita, con le prime delusioni, le paure e i fallimenti. Ecco che allora Tristezza viene a farci visita, a insinuare la nostra felicità puerile. L’emozione in se stessa non è negativa ma lo diventa se prende il sopravvento, risucchiando nel suo vortice tutto ciò che l’attornia. D’altra parte Gioia, essendo eternamente gioiosa, non è affatto onnipotente (come nella fase infantile) poiché ignora la lingua di chi soffre, risultando insensibile verso chi sperimenta il dolore. Solo unite in un abbraccio queste due emozioni contrastanti diventano costruttive. Non c’è Gioia senza Tristezza, non c’é Tristezza senza Gioia.
Inside Out ci invita all’equilibrio interiore
Questione di equilibrio, come sempre. In questo caso parliamo di equilibrio emozionale ma in fondo, le nostre vite e persino l’universo si fonda sulla stessa legge. Il fine è da sempre la conciliazione degli opposti. Pensiamo alla luce e al buio, al maschile e al femminile, all’Animus e all’Anima junghiani, allo Yin e allo Yang taoisti o più banalmente alla coppia uomo/donna. Sempre di opposti si tratta, che siano pulsioni, generi, emozioni (come Gioia e Tristezza), elementi, tendenze. E lo scopo, da che mondo è mondo, rimane il medesimo: imparare a conciliarli, a farli collaborare.
Il cerchio del Tao ne è un magnifico esempio: da un lato il bianco con un punto nero, dall’altro il nero con un punto bianco. Il termine “Tao” significa “via”, intesa come cammino, divenire di tutte le cose, che oscilla fra due estremi opposti, simbolicamente rappresentati dal bianco e dal nero del cerchio, ovvero lo yin (femminile, oscuro, passivo) e lo yang (maschile, luminoso, attivo).
Il cerchio in questione è disegnato in modo che ogni volta che uno dei due estremi (bianco o nero) viene raggiunto, una forza invisibile spinga verso l’altro e così via in un eterno ciclo di opposti. In fondo non accade lo stesso nel cielo, quando sole e luna si alternano durante il giorno e la notte? Non accade lo stesso con le stagioni? L’una lascia il posto all’altra, in un moto perpetuo. E che dire del tempo che scorre ciclicamente, non a linea retta come crediamo per comodità. I due colori del Tao altro non sono, quindi, che due principi opposti ma complementari. Esattamente come Gioia e Tristezza.
I concetti di Animus e Anima junghiani ripropongono la stessa polarità e la medesima necessità di conciliazione, collaborazione. L’Animus rappresenta la parte maschile insita in ogni donna, l’Anima la parte femminile insita in ogni uomo. A dimostrazione che in fondo siamo fatti della stessa pasta, entrambi i generi celano caratteristiche del sesso opposto nonostante la difficoltà a riconoscerlo e a lasciarle libere di esprimersi. E’ solo riconoscendo la duplicità insita nell’animo umano che si può imparare a fare pace con se stessi. Jung parlava di femminile e maschile, Inside Out di emozioni contrastanti.
Dobbiamo imparare a conciliare gli opposti
Ovviamente il capolavoro della Pixar non si limita a questo ma la polarità è un elemento importante perché il film ci fa riflettere sulla necessità di conciliare le emozioni opposte, stimolandoci a trovare un punto di incontro anche laddove, apparentemente, non è possibile farlo. Difatti è proprio l’unione la loro forza perché sole, nel male e nel bene, risultano sterili. Persino Gioia non dà frutti, è bloccata nel proprio percorso se fossilizzata su se stessa.
Quindi al bando i percorsi di crescita interiore che ci vogliono solari a tutti i costi, al bando la positività forzata, evviva la verità, che è fatta di pulsioni positive e negative, l’una continuazione dell’altra. Che sarebbe il mondo se il Sole splendesse eternamente in cielo, escludendo la notte? E che accadrebbe se la notte rimpiazzasse per sempre la luce del giorno?
Laura De Rosa
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