E ogni giorno scopro una cosa nuova, una nuova raccapricciante notizia. Questa volta riguarda la vita prima della morte dei macachi destinati ai laboratori per la vivisezione. Già perchè non basta torturare questi animali facendoli ammalare, testando rossetti, amputando parti del corpo, o chissà cos’altro… no… non basta… anche al momento della cattura li facciamo soffrire. Queste scimmie con gli occhi allampanati ti guardano e chiedono solo di poter essere lasciate libere… invece no, sofferenza e morte precedono le sperimentazioni… e non so se le scimmie che muoiono prima siano più sfortunate delle altre, a dire il vero.
La LAV rende pubblica una recente video-investigazione condotta da BUAV (la più importante associazione antivivisezionista della Gran Bretagna che insieme alla LAV fa parte della Coalizione ECEAE).
La video-investigazione fa vedere centinaia di primati, imprigionate nelle gabbie di una struttura nel Laos (Sud Est asiatico), dove vengono lasciati prima di essere destinati ai laboratori di sperimentazione di Europa e America. Viene mostrato il ritrovamento di primati morti nelle gabbie, altri sofferenti a causa di lesioni e con evidenti perdite di pelo.
Troppe volte si pensa che l’orrore della vivisezione cominci nei laboratori, mentre non si pensa alle sofferenze inflitte a questi animali, molto spesso provenienti da catture in natura, prima ancora di arrivare nei laboratori come la Harlan.
Nel frattempo la LAV ha avviato una protesta contro Air China, per chiedere alla compagnia aerea di non essere più complice di questo ignobile traffico di animali, in pochi giorni ha già raccolto più di 2000 adesioni. Per partecipare alla protesta della LAV clicca qui.
Qui un estratto di un discorso della biologa Michela Kuan, responsabile LAV del settore Vivisezione: “Parlare di benessere per questi animali da laboratorio è scorretto e fuorviante perché dalla cattura in natura, alla detenzione nelle gabbie e infine all’esperimento nei laboratori, l’animale è costantemente sottoposto a violenze fisiche e psicologiche che lo privano delle basilari necessità della specie evolutasi, in questo caso, per vivere in contesti sociali complessi e in un habitat esteso – afferma Michela – Non esiste una buona sperimentazione animale, i primati destinati alla vivisezione sono trasportati e catalogati come merce deperibile, trattati come oggetti vivono la loro breve esistenza nel terrore tra sofferenza e agonia: vendere queste atrocità come evoluzione della ricerca è immorale e totalmente ingannevole. L’Italia non deve perdere questa occasione per dare una svolta importante sul piano scientifico ed etico alla ricerca, a tutto vantaggio della salute davvero di tutti”.