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Rassegna Etica

Disegno del bambino: i materiali e i colori per farlo esprimere liberamente

Di Sarah Catalano - 29 Luglio 2015

“Il colore è l’anima della natura e dell’intero cosmo e noi prendiamo parte a questa anima quando sperimentiamo ciò che è colorato” – R. Steiner.

Quando facciamo disegnare i nostri bambini, soprattutto i più piccini, dovremmo pensare a questo come un momento molto speciale per la loro creatività, di fondamentale importanza per la loro completa espressione interiore.
Cerchiamo quindi un foglio bianco, meglio sia sul fronte che sul retro perché i bimbi amano utilizzarli entrambi e spesso, da più grandicelli, crearne connessioni; basta anche un semplice foglio per stampante in formato A4 per i più piccini (per offrire una superficie più contenuta in cui possano concentrare meglio le proprie forze) e se si vuole, più avanti anche più grande.
Evitiamo fogli di brutta, da riciclo, e diamo anche attraverso i materiali, la giusta importanza e il giusto valore a questo gesto; dedichiamo magari anche momenti particolari e facciamo in modo che ci sia un giusto tempo per questa ma anche per altre attività, nonché per il riposo, soprattutto in questi caldi mesi estivi.

Scopriremo presto come nel disegno il bambino porti subito esperienze di emozioni e vita vissute e trasformate dal suo mondo interiore: un grandissimo dono riceverli!

Spesso per disegnare forniamo ai nostri bimbi penne, pennarelli, magari matite colorate e sempre meno pastelli a cera, comprando scatole che già propongono numerose sfumature di colore pronte.
Tutti questi strumenti hanno una punta, che porta a tracciare contorni dei disegni con tratto piatto e uniforme, che nulla lascia trasparire delle diverse forze impresse dal bambino.

Se invece avessimo mattoncini in cera d’api, come quelli in uso nelle scuole steineriane, che tracciano ampi e soffuse tracce di colore? O grandi pennelli che muovono colori primari tenui in eteriche soluzioni con acqua? Vedrete come ogni bimbo abituato a partire pensando “cosa disegno?”, pian piano si scioglierà anch’esso e si lancerà nella sperimentazione del “che bel colore! come si muove e cambia! e ora cosa succede?”.

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Se ben ci pensiamo, niente in natura ha “contorni” ma le forme si definiscono dall’incontro di colori; i contorni sono un’astrazione che viene da un’osservazione tecnica piuttosto che artistica del mondo in cui viviamo e che sollecita il pensiero troppo strutturato a discapito del mondo ancora sognante in cui vive il bambino.

Possiamo allora invece far provare l’esperienza del colore in modo artistico, senza forme e strutture intellettuali, tentando di lasciare da parte linee e progetti e cercando di far vivere “solo” e profondamente il colore e ciò che ci porta.

Inoltre, il bambino sceglie i colori in modo corrispondente ai suoi sentimenti, quindi lasciamolo sperimentare in libertà: vedremo come fino a circa tre anni la ripetizione dei movimenti del disegno lo porterà a cercare sempre nuovi colori per le proprie tracce.

Dopo, dai quattro anni, l’animo del bambino viene toccato profondamente dall’esperienza del colore, a volte proprio a seguito di una malattia infantile (il che ci lascia capire quanto profondo sia questo cambiamento).
Da subito presenterà predisposizioni per alcune tonalità e repulsione per altre, e questo potrà permanere o variare crescendo. Potrà esprimersi con paragoni molto fisici su ciò che il colore suscita dentro di sé (un bianco può essere duro, un azzurro freddo, un giallo luminoso…).

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Per lasciar tempo ad ogni sensazione, possiamo dare un colore per volta, partendo dai primari e non eccedendo nelle varietà cromatiche, in modo che il bimbo stesso possa trovarle facendo incontrare da sé i colori utilizzati e scoprendole con intensa meraviglia.
Non sottoponiamo al bambino aridi stampati da colorare senza uscire dai bordi, ma lasciamolo esprimere, espandere, sperimentare, incontrare il colore e lasciamogli vivere la scoperta autonoma di ciò che accadrà.

Possiamo anche ricavare in casa bellissime tonalità di colori naturali da fiori, bacche, vegetali, terra, dando spazio anche alla forza creatrice del proprio strumento di lavoro; e se ci dotiamo anche di sale, aceto, bicarbonato da dosare sul lavoro ancora fresco, scopriremo l’incanto di altri magici effetti…e sperimenteremo il divenire del colore dal momento della preparazione, a quello della stesura a quello della progressiva asciugatura…

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Quando attorno ai cinque anni il bambino comincerà a portare nel disegno il proprio vissuto quotidiano e dell’anima, con sempre più dovizia di particolari, narrando mentre crea, dividendo sempre più nettamente il piano del cielo da quello della terra, iniziando a cercare la tridimensionalità, i profili, le diverse posizioni non frontali a sé dei personaggi assisteremo ad un processo creativo completo davvero commuovente.

Dai sei-sette anni in avanti svanisce pian piano la facoltà di rappresentare i processi vitali percepiti in se stessi così come sono; l’impulso spontaneo va via via spegnendosi.
Se riusciremo a lasciare al bambino la sua forza creatrice attiva che attinge dal mondo interiore, ancora così viva in lui, senza ostacolarla prematuramente con altri elementi più adulti, razionali, essa potrà consolidarsi e rimanere attiva per tutta la vita, rendendolo più libero e critico.

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Foto by Sarah Catalano

Bibliografia: “Il linguaggio degli scarabocchi” di Michaela Strauss

Sarah Catalano
sarah@mammafatata.it
www.mammafatata.it

 





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