Uno degli aspetti più tristi e aberranti dell’interferenza di gran parte del mondo adulto in quello del bambino nella società occidentale consumistica odierna è il discrimine di genere, che riguarda colori, giocattoli, libri, fiabe, abiti, attività, linguaggio e addirittura sentimenti.
Ci si preoccupa di etichettare il rosa come colore delle femmine e l’azzurro come colore dei maschi; se invece osservassimo insieme queste bellissime albe invernali, faremmo loro scoprire che azzurro è anche il colore del cielo e rosa il colore che il primo sole dona ad esso con la sua luce. E il verde è il colore dei prati ma anche delle foglie, il blu dell’acqua profonda come del cielo di sera…e che tutti i colori si fondono poi senza soluzione di continuità negli splendidi arcobaleni, che incantano indistintamente bimbi e bimbe di ogni età…
Il bambino piccolo imita indistintamente ciò che sente e vede fare maggiormente e con più cura attorno a lui. E’ naturale che ogni bimbo, femmina o maschio che sia, voglia giocare a cucinare, perché qualcuno che lo fa per lui c’è sempre, e spesso sarà la mamma, la nonna, ma anche il papà! E lo stesso vale per altre attività di casa come stirare, stendere i panni, avvitare un bullone o sostituire una lampadina… Se poi noi abbiamo predisposizioni o peggio ancora pregiudizi, paure o cattiva volontà nello svolgere un’attività piuttosto che un’altra, è proprio così importante trasmettere tutto questo anche a loro?
Perché un bambino non può giocare a fare il parrucchiere e una bambina imparare a segare il legno? E perché dobbiamo relegare tutti i maschietti al mondo delle automobili e del calcio e le bambine al mondo dell’estetica narcisistica esasperata di trucchi, gioielli e vestiti?
Ormai anche grandi catene di giocattoli si stanno unendo, in Europa e nel mondo, in campagne contro il discrimine sessuale nel gioco ma ancora la strada da fare è molto molto lunga, e passa come sempre attraverso la consapevolezza di ognuno di noi.
Con questi presupposti, viene spessissimo naturalmente bollato come esclusivamente femminile il gioco con le bambole. Ciò nasconde di fatto una profonda insensibilità e ignoranza: ammesso che davvero la bambina giochi con le bambole “per diventare una brava mamma” per quale motivo il bambino non potrebbe fare altrettanto imparando ad essere un buon padre? Ma la questione è di fatto ben più profonda.
Nei secoli passati, prima della nascita dell’industria dei giocattoli nella quale plastica, gomma ed omologazione hanno preso il sopravvento, la bambola è diventata un articolo molto prezioso destinato ai figli della nobiltà, in quanto considerata un oggetto quasi da soprammobile creata con materiali preziosi e delicati, sebbene da sempre anche i bimbi più poveri potevano avere una loro bambola semplice, in legno, in stoffa o altri materiali naturali come addirittura le foglie delle pannocchie, create con amore da mamme e nonne o improvvisate dal bimbo stesso.
E’ talmente una necessità ancestrale del bambino che, osservandone il gioco, qualunque oggetto può in taluni momenti diventare un “essere vivente umanizzato”.
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L’importanza della bambola per i bambini e le bambine
Ecco perché ogni bambino, maschio o femmina che sia, dovrebbe avere una bambola, in quanto dà la possibilità di trasferire su di essa ciò che egli stesso sperimenta nella vita e nei rapporti con gli altri. E’ per questo anche un grande veicolo di informazioni preziose che il bimbo può fornire ad un adulto attento al suo gioco, grazie al quale egli può manifestare un mondo interiore che altrimenti ancora non saprebbe esprimersi con tanta precisione in modo razionale.
Spesso la bambola prende nome di un caro amico, di un parente o di se stessi; amo tessere progetti a distanza con mamme attente a questo delicato aspetto animico del proprio bambino, che mi descrivono qualità e durezze caratteriali del proprio bimbi, colori preferiti, attitudini, passioni, immagini… ci confrontiamo e insieme definiamo i tratti di una bambola in stile Waldorf Steiner: non sarà definita, precisa nei lineamenti, né tantomeno articolata in inutili e dannosi automatismi elettronici ma creata con amore portando proprio quel bambino e quella mamma nel cuore, utilizzando materiali naturali di alta qualità e avvicinandosi a loro in modo personalissimo e profondo, lasciando nel contempo ampio spazio creativo alla fantasia dei piccini.
Solitamente la presento con una poesiola in rima che ricalca i tratti di quel bimbo, un accessorio significativo e personalizzato e un nome che scelgo a senso e difficilmente, a detta delle mamme, viene cambiato, tanto il bimbo accoglie con gioia questo dono nella sua interezza, che arriva sempre per occasioni speciali come regalo dei genitori o delle famiglie degli amichetti invitati alle feste che si uniscono per un unico dono speciale.
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E’ importante prendersi cura nel giusto modo della propria bambola, che spesso diventa un vero e proprio compagno di avventure ovunque si vada: ecco allora le indicazioni per il “bagnetto” e la disponibilità a “curarla” nel caso qualche parte si rovinasse, così come la possibilità di apportare nel tempo qualche modifica richiesta o opportuna rispetto alla crescita del bambino.
Ci sono infatti diversi modelli di bambole Waldorf, con tratti differenti a seconda dell’età del bambino: se già da piccino ha ricevuto quella cosiddetta “a sacchetto”, questa dopo qualche anno potrà essere completata creandone le gambine a vestito fisso.
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Tutti questi delicati processi ovviamente vanno eseguiti in accordo con il bimbo, che per un breve tempo dovrà separarsi dalla sua bambola, gradualmente e lontano dai suoi occhi, che soffrirebbe nel vedere ago e filo addosso alla sua bambola, come fosse un bambino vero.
Assicuro che a volte è proprio difficile anche per noi adulti eseguire alcuni lavori serenamente! Ricordo la volta che la mia Alice mi chiese di “far crescere i capelli” alla prima bambola che confezionai per lei (cosa che accettai di fare in quanto richiestomi l’ultimo anno di asilo, quindi in un età e in un momento di crescita importante in cui a senso si può concedere qualche dettaglio in più): fu davvero impressionante quella sera levarle la calottina ad uncinetto per i capelli corti per puntare i capelli lunghi in lana direttamente alla testa, e con l’occasione riprendere alcuni punti del volto logorati dal tempo e per l’inesperienza al momento della creazione…che paura di fare pasticci o danni permanenti dei quali si sarebbe potuta accorgere e risentire!
La bambola accompagna, consola, accoglie confidenze, rabbie e paure ed è uno specchio purissimo delle qualità sociali del bambino.
La sua espressione del viso dev’essere tale per cui con un guizzo d’immaginazione essa possa ridere come piangere, esser sveglia come dormire… altrettanto, almeno nei bimbi più piccoli, dovrebbe poter essere così poco caratterizzata (ad esempio nella lunghezza dei capelli e nel vestiario) da diventare facilmente sia maschio che femmina.
Ricordo con quanto stupore accolsi l’osservazione di mia figlia, ai tempi treenne, che ripudiò la prima e unica bambola “industriale” che le venne regalata da amici (prima ancora che le creassi la sua prima bambola steineriana) dicendo che era brutta perché “ride sempre”.
Rispetto ad altri compagni di giochi, quali peluches o ad esempio animali morbidi, è bello vedere la bambola come immagine dell’uomo, considerando che il bambino imita e assorbe tutto ciò che sta attorno a sé: provate ad osservare il portamento e le espressioni di bimbi che hanno come compagni di gioco cadenti conigli dalle orecchie esageratamente lunghe, oppure peluche di supereroi raffiguranti personaggi combattenti con grandi sguardi arcigni…
Per giunta, le rappresentazioni di animali, oltre ad essere spesso snaturate da pose, abiti e caratteri umani, sono ad ogni modo delle espressioni unilaterali di qualità che nell’uomo dovrebbero essere sviluppate man mano tutte in modo armonico (forza, agilità, furbizia, etc…). Essi, purché rappresentati in modo fedele, potranno rientrare nel gioco dei bimbi più grandicelli, anche in tutte le loro specie.
Se vedessimo che il bimbo fatica a giocare con la bambola o se ne prende poca cura, immaginiamo anche questo come un espressione di una parte di sé che non riesce ad emergere. Come al solito, senza moniti né imposizioni ma attraverso il ritmo e l’imitazione, il bimbo che vedrà l’adulto prendersi cura della bambola davvero e insieme a lui, ricordando di preparare una buona pappa e di metterlo a nanna ad esempio, in breve tornerà a scoprire un gioco profondo e interessante, alla scoperta del rapporto con se stesso e con il mondo.
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Sarah Catalano