La “biodiversità”, ne sentiamo parlare in continuazione, ma mai troppo spesso, se ne parla in riferimento al territorio, allo sfruttamento del suolo e dei terreni agricoli, se ne parla quando si affronta l’argomento OGM, quando si criticano le monoculture, a proposito dei danni che molte multinazionali hanno recato e recano ai paesi in via di sviluppo, in tutti questi casi emerge il termine biodiversità.
La biodiversità può essere intesa in termini di geni, specie ed ecosistemi e con il termine stesso si fa riferimento alla varietà e molteplicità delle forme viventi, geneticamente differenti tra loro ed agli ecosistemi che vi sono collegati. Si intende, dunque, tutta la varietà biologica di geni, specie, habitat ed ecosistemi presente sulla terra.
Il rispetto per la biodiversità e la tutela per la stessa possono dar origine anche ad uno stile di vita che sia compatibile con il mantenimento degli ecosistemi e, appunto, della biodiversità di che li comprende e compone al tempo stesso.
Una gran fetta di questo discorso riguarda tutto ciò che ha a che vedere con l’agricoltura e di conseguenza con il patrimonio agroalimentare e la sua gestione. In altri termini la biodiversità può essere tutelata anche a partire da quello che mettiamo nel piatto, da quello che scegliamo, compriamo, prepariamo e portiamo in tavola ogni giorno.
Ci sono dei punti fondamentali per riuscire ad avere uno stile “bio-diversamente” compatibile con il desiderio di tutela e rispetto della natura, degli ecosistemi e di chi li abita, esseri umani inclusi.
Per cominciare dovremmo valutare le distanze e dove possibile, optare sempre per prodotti a chilometraggio zero o quasi, valutiamo quanta distanza ha dovuto percorrere un alimento prima di arrivare alla nostra tavola e consideriamo le brevi distanze come un punto a favore, ottimo elemento per decidere di scegliere un prodotto piuttosto che un altro, meno distanza ha percorso maggiore sarà il suo appeal ai nostri occhi di attenti consumatori; inoltre sempre secondo la stessa logica, sarà preferibile favorire i piccoli coltivatori locali, che producono la quantità necessaria di prodotti da immettere sul mercato del territorio e che non rinunciano, così, alla qualità ed alla varietà in funzione delle richieste del grande mercato.
Tra questi agricoltori poi, sicuramente, potremo favorire coloro che ci garantiscono una coltivazione priva di pesticidi e diserbanti e che cercano di mantenere il più possibile il terreno pulito e ricco (instaurare un buon rapporto con il rivenditore, la dove è possible, è garanzia di qualità e trasparenza). Acquistare prodotti che rispondono alle esigenze di una dieta vegetariana o vegana è, come abbiamo spesso ripetuto, un argomento fondamentale a tutela non solo degli animali, ma dell’ambiente che è fortemente danneggiato dalla produzione intensiva di mangimi, dal consumo d’acqua per gli animali d’allevamento e dai liquami di scarico degli allevamenti stessi.
La dove non fosse possibile rivolgersi direttamente al produttore sarà comunque importante leggere con attenzione le etichette ed essere più informati possibile a riguardo, l’informazione garantisce la nostra libertà di scelta, facoltà da non barattare mai in cambio di un’opzione apparentemente più comoda.
Mettere nel piatto i cibi di stagione è anche uno stimolo per ritrovare la tradizione e per reinventarla e riadattarla alle nostre esigenze, per lasciare che le nostre mani siano dei sapienti strumenti che trasformano ciò che consapevolmente abbiamo scelto in un dono per noi stessi e per le persone che amiamo, uno strumento contagioso di condivisione e amore per l’essere umano e per l’ambiente.