Gli pneumatici, generalmente detti anche copertone o gomma, sono l’elemento che viene montato sulle ruote e che permette l’aderenza del veicolo sulla strada.
Gli pneumatici tradizionali, però, non solo risultano essere dannosi per l’ambiente, ma, senza che noi ce ne rendiamo conto, ci fanno sborsare pure qualche soldo in più.
Basti solo pensare che il 20% dei consumi delle nostre automobili viene utilizzato per contrastare la resistenza al rotolamento degli pneumatici, dunque, in parole povere, avere uno pneumatico tradizionale comporta un consumo di benzina del 20% in più.
A questo bisogna aggiungere che la demolizione di uno pneumatico tradizionale incide notevolmente sull’inquinamento dell’ambiente, poichè impiega circa 100 anni prima di decomporsi del tutto.
E basti pensare che, stando all’ultimo dossier di Legambiente “Copertone selvaggio“, sono stati dispersi nell’ambiente oltre 100.000 tonnellate di pneumatici fuori uso.
La sfida raccolta dalle più importanti case produttrici di pneumatici, dunque, è quella di realizzare nel futuro prossimo dei pneumatici ecologici che non solo debbano avere un occhio di riguardo nei confronti dell’ambiente, ma che servano anche a risparmiare sui costi.
Qualcosa di possibile? A quanto pare si. Tali pneumatici sono caratterizzati da componenti bio-alternative, come oli naturali e caucciù, a fronte del petrolio e della gomma industriale. Ma anche materiali quali il succo d’agrumi convincono sempre più le case produttrici, che fioriscono in tutte le parti del mondo come, ad esempio, la Thailandia, ricca di materie prime come appunto il caucciù.
Tutto questo, ovviamente, incide sull’impatto che questi pneumatici hanno sull’ambiente: l’utilizzo di questi materiali naturali, infatti, non solo consente una consistente diminuzione del peso, della resistenza al rotolamento e della rumorosità, ma anche una riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.
A questo, inoltre, bisogna aggiungere che esistono anche i cosiddetti “pneumatici rigenerati“: uno pneumatico, infatti, può essere rigenerato o ricostruito per ben tre volte, sostituendone il battistrada, ovvero quella parte dello pneumatico che maggiormente si usura. Rigenerare uno pneumatico consente di risparmiare circa 20 litri di greggio: un dato importante se si considera che per costruirne uno completamente nuovo si utilizzano 25 litri di greggio, mentre per uno rigenerato solo 5 litri di greggio).
Attraverso la ricostruzione si preserva complessivamente l’80% dello pneumatico da un’anticipata eliminazione mediante incenerimento o deposito in discarica. In confronto alla produzione di uno pneumatico nuovo, inoltre, questo procedimento di riciclaggio permette di risparmiare il 70% di energia, dunque anche economicamente mostra i suoi vantaggi dal momento che i prezzi si riducono del 50% rispetto ad uno pneumatico nuovo.
Già dal 2012 esiste un profilo ecologico dello pneumatico, imposto dall’Unione Europea, che ne decreta il grado di impatto ambientale in un’etichetta che riporta diverse voci.
Marchi storici come Pirelli, Michelin e Peugeot ci stanno comunque lavorando da diversi anni e, oltre ai big delle ruote, si aggiungono piccoli produttori in grado di mettere sul mercato pneumatici ecologici in grado di aiutare l’ecosistema.
Saranno questi i nuovi pneumatici del futuro?
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