La testimonianza è quella di Davide, un uomo che ha sentito la necessità di raccontare la vicenda che ha dovuto vivere con sua moglie.
La moglie di Davide ha avuto un incidente, da questo ha scoperto di essere incinta di un mese, purtroppo dopo varie analisi e controlli hanno scoperto che il feto aveva gravi malattie genetiche, problemi cormosomici seri.
Davide e la moglie ci hanno riflettuto e avendo esperienze di malati in famiglia hanno deciso per l’interruzione della gravidanza. La scelta non è stata a cuor leggero, ma Davide ha vissuto con la madre malata fin da piccolo e conosce il livello di assistenza e la “cattiveria” della gente… non se la sono sentita di mettere al mondo un bambino con gravi problemi. (n.d.r. Questa cosa non la vorrei discutere, non mi voglio schierare, non ci sono mai passata e non so cosa avrei fatto al loro posto).
La cosa assurda però è che per loro la fase successiva è stata un’odissea, nell’ospedale pubblico di Milano la moglie è stata visitata “in una stanzetta che sembrava il retro bottega di un veterinario“, testuali le parole di Davide. Ma è ancora andata bene, perché se non fosse stato per quel medico “gentile” non sarebbero riusciti a stare nei tempi.
La cosa che racconta ora fa riflettere, la mattina dell’intervento Davide ha visto passare una decina di donne mentre aspettava il turno della moglie, e nessuna di loro era felice, nessuna era lì a cuor leggero, erano “distrutte, tremanti, scosse e lacrimanti“. Nessuna donna sottovalutava la scelta difficile che stava compiendo.
E insieme alle donne anche gli uomini, che fossero mariti, compagni o padri, soffrivano con le loro donne.
E così Davide ha voluto scrivere la testimonianza di questi dolori, la tragicità della burocrazia “che lascia a delle donne che sanno di dover abortire un feto in grembo per troppo tempo, nella speranza di non so cosa, ma sicuramente con il risultato di infierire, colpevolizzarle e criminalizzarle“.
E qui avviene la riflessione di Davide… In un mondo moderno e civilizzato, religione e medicina devono separarsi. Se un medico è obiettore deve cercarsi un altro lavoro, un chirurgo non può essere contro al suo lavoro, “chi non se la sente di sparare non può fare il poliziotto o il soldato, non ci si può appellare alla propria fede, dopo“.
E poi Davide fa un’attenta riflessione:
“È ora che la politica, la stessa che compra protesi difettose, che “nomina” primari incapaci, che va a messa con tre ex mogli e chiede voti a mafie varie, cresca, sia contemporanea e diventi meno ipocrita, più vicina ai cittadini e alle persone. Al contrario non vedo la nostra differenza con popoli e totalitarismi retrogradi invasati da religioni integraliste che condizionano la vita.“
La libertà va rispettata prima di tutto, una donna che prende la difficile decisione di interrompere una gravidanza deve essere tutelata come una donna che invece decide di far nascere il suo bambino. Indipendentemente dal fatto che sia giusto o sbagliato. Non possiamo permettere la violenza psicologica, non la possiamo accettare negli ospedali e nelle strutture pubbliche. Ogni donna e ogni uomo deve essere libero, nessuno deve permettersi di giudicare o impedire la volontà di un altro essere.
Io personalmente sono contro l’aborto come metodo contraccettivo, ma non posso neppure immaginare cosa voglia dire dover prendere questa decisione e non me la sento di giudicare chi la prende. Però credo che se un medico ha studiato per questo lavoro, viene pagato per questo lavoro deve metterci la passione e la delicatezza che la situazione richiede, non colpevolizzare le donne o appellarsi a non si sa bene quale santo in cielo per convincerle a non interrompere una gravidanza.
Argomento difficile e che susciterà discussioni, mi auguro solo che saranno costruttive. Voi come la pensate? Trovate giusta la violenza psicologica sulle donne e sugli uomini che prendono questa difficile decisione?
[Fonte testimonianza: L’Espresso]