“Una delle cose che, in ogni modo, l’insegnante non deve fare, è di interferire per lodare, per punire o correggere errori. Sembra a molti educatori un principio sbagliato ed essi sono contrari al nostro metodo sempre su questo punto. Dicono: “Come potete far progredire il bambino se non ne correggete gli errori?”. Nell’educazione comune il compito fondamentale dell’insegnante è quello di correggere, tanto nel campo morale che in quello intellettuale; l’educazione cammina secondo due direttive: dare premi o dare punizioni; ma se un bimbo riceve premi o punizioni, significa che non ha l’energia di guidarsi e che egli si rimette alla continua direzione dell’insegnante. I premi e le punizioni, in quanto estranei al travaglio spontaneo dello sviluppo del bambino, sopprimono e offendono la spontaneità dello spirito. Non possono perciò aver luogo nelle scuole, come le nostre, dove si vuol rendere possibile e difendere la spontaneità. I bambini lasciati liberi, sono assolutamente indifferenti a premi e castighi.
L’abolizione dei premi non avrebbe suscitato proteste: in fondo, costituiva un’economia; ed in ogni caso i premi toccano a pochi e generalmente, a fine d’anno. Ma le punizioni! Questa era un’altra faccenda: esse capitano ogni giorno. Che cosa significano le correzioni sul quaderno dei compiti? Significa segnare dieci o zero! Come può rappresentare una “correzione” lo zero? Allora l’insegnante dice: “Fate sempre gli stessi errori; non ascoltate quando parlo; sarete bocciati agli esami”. Tutte le note nei quaderni, e le osservazioni delle maestre, producono una riduzione dell’energia e dell’interesse. Dire: “sei cattivo” o “sei stupido”, è umiliante: è insulto e offesa, ma non correzione, perchè il bambino per correggersi deve migliorare, e come può migliorare se già è sotto la media, ed oltre a ciò viene umiliato? In tempi antichi gli insegnanti usavano mettere le orecchie d’asino ai bimbi quando sembravano stupidi e picchiar loro le dita quando scrivevano male.
Se anche avessero sciupato tutta la carta del mondo per fare orecchie d’asino e ridotto in poltiglia i poveri ditini, non avrebbero corretto nulla: solo l’esperienza e l’esercizio correggono gli errori, e l’acquisto delle diverse capacità richiede lungo esercizio. Se un bimbo manca di disciplina, diventa disciplinato lavorando in società con altri bimbi, e non con il sentirsi dire che è indisciplinato. Se dite a uno scolaro che non sa fare una cosa, vi potrà facilmente rispondere: “Perchè me lo dici, lo so già!”. Questa non è correzione ma presentazione dei fatti. Correzione e perfezionamento vengono soltanto quando il bimbo può esercitarsi a volontà per lungo tempo. Possono anche esser commessi errori e il bambino può non accorgersi di farli: ma anche l’insegnante può sbagliare senza sapere di commettere errori. Sfortunatamente, l’insegnante di solito parte dal concetto di non sbagliare mai e di essere un esempio, così, se cade in errore, non lo dirà certo al bambino: la sua dignità è basata sull’avere sempre ragione. L’insegnante deve essere infallibile. E questo non è colpa delle insegnanti che vengono forzati dalle circostanze al comportamento descritto, ma dall’educazione scolastica che poggia sopra una base falsa.
Consideriamo l’errore per sè stesso. E’ necessario ammettere che tutti possiamo sbagliare; è una realtà della vita, cosicchè l’ammetterlo è un gran passo verso il progresso. Se dobbiamo percorrere il sentiero della verità e della realtà, dobbiamo ammettere che possiamo tutti sbagliare, altrimenti saremmo tutti perfetti. Così meglio sarà avere verso l’errore un atteggiamento amichevole e considerarlo come un compagno che vive con noi ed ha un suo scopo, perchè veramente ne ha uno. Molti errori si correggono spontaneamente nel corso della vita.
Il piccolo di un anno che comincia a camminare incerto, vacilla, cade, ma alla fine cammina bene. Corregge il suo errore crescendo e facendo la sua esperienza.
Le scienze esatte (matematica, chimica, fisica, ecc..) richiamano l’attenzione sull’errore, perchè sono scienze che hanno il compito di metterli in evidenza. Qualunque cosa ci dia la scienza, ce la dà con una approssimazione, non come assoluta, e di questa approssimazione si tiene conto nel risultato.
Noi raggiungiamo dunque un principio scientifico che è anche un principio di verità, il “controllo dell’errore“. Nella vita della scuola deve entrare il principio che non è importante la correzione , ma il controllo individuale dell’errore.
Nelle comuni scuole un alunno sbaglia senza saperlo, inconsciamente e con indifferenza, perchè non è lui che deve correggere i propri errori, ma è l’insegnante che se ne incarica. Quanto è lontano quel procedimento dal campo della libertà! Se io non ho l’abilità di controllare i miei sbagli, devo rivolgermi a qualcuno che può non sapere meglio di me. Quanto è più importante invece capire gli sbagli che si fanno e sapersi controllare.
Una delle più grandi conquiste della libertà psichica è il rendersi conto che noi possiamo fare un errore e possiamo riconoscere e controllare l’errore senza aiuto. Se vi è cosa che rende il carattere indeciso, è il non saper controllare qualcosa senza dover ricorrere all’aiuto di altri. Nasce un senso di inferiorità scoraggiante e una mancanza di confidenza in noi stessi. Il controllo dell’errore diventa una guida che dice se siamo sulla giusta via.
Con questo principio, non è necessario che l’insegnante o la madre siano o no perfette. Gli errori commessi dagli adulti hanno un che d’interessante, e i bimbi simpatizzano con essi, in maniera però completamente staccata. Diventa per loro un aspetto della natura, ed il fatto che tutti possiamo sbagliare provoca nel loro cuore un grande affetto; è una nuova ragione di unione tra madre e bambino. Gli errori ci avvicinano e ci fanno più amici: la fratellanza nasce meglio sul sentiero degli errori che su quello della perfezione” (Maria Montessori, “La mente del bambino”)
Tutti impariamo per tentativi ed errori. Inutile dare un’idea di perfezione che non esiste e che per altro non aiuta i rapporti perchè chi si finge senza macchia è sempre sotto stress per essere il migliore, chi lo prende come esempio si ritroverà sempre a fare i conti con un senso di inferiorità che non avrebbe ragion d’essere.
I materiali Montessori, come per esempio gli incastri solidi, sono studiati per contenere in sè l’errore, di modo che l’intervento dell’adulto risulti superfluo e oltresì dannoso. Correggere un bambino che può farlo da sè non gli permette di sviluppare il senso critico, l’osservazione attenta di ciò che non funziona, formulare delle ipotesi, verificarle ed infine trovare la soluzione. Queste sono tutte capacità fondamentali nella vita si un individuo indipendente e soddisfatto. Il ricorrere sempre agli altri per trovare una soluzione al posto nostro, non aiuta a sviluppare una personalità autonoma e realizzata, ma crea insicurezza e scarsa autostima.
Un bambino che fa l’esercizio degli incastri solidi, quando lo terminerà, se un cilindro sarà rimasto fuori perchè non entrava nel posto rimasto, capirà che qualcosa non va. Gli farà formulare un ipotesi (ed è così che lo vedremo estrarre alcuni cilindri) e tenterà di verificarla (sposterà quindi i cilindri in altri fori); magari ne riformulerà altre e le verificherà nuovamente, fino ad arrivare a trovare la soluzione giusta. Se in tutto questo un adulto intervenisse e gli fornisse la soluzione, capirete da soli che tutto questo lavoro di problem solving resterebbe incompiuto e la sua autostima crollerebbe così come il suo interesse per il materiale e la concentrazione faticosamente conquistata.
Al contrario invece se verrà lasciato libero di provare, riprovare, sperimentare, avrà saziato la sua mente, conquistato la concentrazione, liberato la sua capacità di formulare ipotesi, iniziato a comprendere che si fanno degli errori ma che si può rimediare ad essi e tutto questo lo avrà fatto da solo e ciò accrescerà la sua autostima e la sua capacità di giudizio.
Anche i materiali di vita pratica racchiudono in sè l’errore. Se pensiamo ad un travaso… dopo aver mostrato al bambino il lavoro, lo si lascia libero di esplorare. Nel momento in cui rovescerà il contenuto nel vassoio o per terra, da solo comprenderà che non ha svolto il lavoro in modo corretto. Non c’è bisogno dell’intervento punitivo dell’adulto. Il bambino ha visto come va svolto, ma per poca destrezza, per poco esercizio o per piacere di provare un uso diverso del materiale, non lo ha fatto come ci si aspettava. E lo sa. Con l’esperienza, la ripetizione dell’esercizio, diverrà abile nell’arte del travasare o del tagliare, o del trasportare una brocca piena d’acqua.
Le nomenclature sono un materiale che necessita spesso della presenza dell’adulto, ma anche in questo caso, se un bambino cade in errore, non bisogna mai correggerlo. Può essere che egli subito non s’accorga dell’errore (es. un elefante sull’immagine di un leone) ma con il tempo, provando e riprovando la nomenclatura, con l’adulto che dà la dicitura corretta, si farà strada in lui la coscienza dell’errore commesso e si assisterà all’autocorrezione, un fenomeno meraviglioso da osservare e il primo mattone su cui si fonderà l’autostima e la capacità di giudizio del bambino.
Sbagliare e autocorreggersi è l’unico modo per imparare!
Vivere Montessori vi augura un buon lavoro di “controllo dell’errore ” Vostro, nel non correggere i vostri piccoli uomini e le vostre piccole donne!
Educatrice Manuela Griso