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Elettrodomestici: sono progettati per rompersi

Di Valeria Bonora - 25 Marzo 2013

Dai, quando ho sentito la notizia non credevo fosse vera, poi ho cominciato a fare due conti su quando avevo comprato gli elettrodomestici e quando li avevo dovuti sostituire, guarda caso sempre appena dopo la scadenza della garanzia… Eppure mia mamma mi dice sempre che non so tenere bene le cose, che lei ha ancora l’aspirapolvere che usava 20 anni fa, la sua lavatrice ha 18 anni e io in 10 ne ho già cambiate 3… C’è qualcosa che non va.
Ebbene uno studio tedesco metterà a tacere la mia mamma ma spero non metta a tacere i consumatori come me che ogni due anni si vedono costretti a rinnovare gli elettrodomestici.
La capacità di un oggetto di rompersi subito dopo la scadenza della garanzia ha un nome, si chiama ‘obsolescenza programmata‘ e serve a produrre e vendere di più, ovviamente a discapito dei consumatori.
Pensate che, sempre secondo lo studio fatto in Germania, si potrebbero risparmiare 101 miliardi di euro se gli elettrodomestici dei tedeschi non si rompessero dopo la data prevista per la scadenza della garanzia, e se non fossero progettati in maniera tale da evitare come la peste le riparazioni, che sono carissime e poco durature.
Poi basti pensare ai nuovi tablet o cellulari come quelli della Apple ma non solo, ormai lo fanno quasi tutti, non hanno una batteria sostituibile, una volta che la batteria smette di ricaricarsi… bisognerà o sostituire l’apparecchio o rivolgersi ai centri specializzati e spendere quasi come un apparecchio nuovo.
Ecco perchè la mia mamma mi sgridava: “non sai come si trattano le cose, rompi sempre tutto“… e no cara mamma, fino agli anni 70 la durata di un elettrodomestico si aggirava sui 20-30 anni, ma oggi la vita media di un oggetto è di 10 volte inferiore.
Infatti come scrivono nella loro ricerca Stefan Schridde e Christian Kreis: «Ci troviamo di fronte alla situazione in cui sempre più prodotti durano sempre meno, una vera e propria intenzionalità dei produttori è difficilmente dimostrabile».

Ma il mercato è sempre stato così, se una cosa dura per sempre che senso ha produrne ancora? Per esempio nel 1924 i più grandi produttori di lampadine ridussero la durata di vita delle lampadine da 2.500 a 1.000 ore per riuscire a venderne più del doppio, e ancora, negli anni 40 la DuPont inventò le calze di nylon, una calza troppo robusta che non faceva incrementare le vendite, così la ditta penso di renderle più fragili, assottigliandole e basando la pubblicità su una calza più sexy… peccato durasse meno della metà!

Oggi giorno la durata delle cose è sempre inferiore alle aspettative, gli ingranaggi degli oggetti sono in plastica, non durano più di tre anni, le resistenze sono poco resistenti, le guarnizioni fatte con materiali scarsi, oppure vengono introdotti pezzi che normalmente andrebbero sostituiti in maniera da diventare insostituibili, come le batterie degli spazzolini elettrici per esempio, è impossibile sostituirle, una volta che non si caricano più si butta tutto.
Poi non pensate neppure al “fai da te“, le viti usate per assemblare i vari pezzi sono spesso e volentieri viti speciali e neppure le cassette degli attrezzi più fornite hanno qualcosa che vagamente possa andare bene!

Insomma le cose che abbiamo in casa sono destinate a morire dopo qualche anno, così da creare un mercato più vasto, ma anche una montagna di rifiuti in più.
Ecco cosa ci spiega Stefan Schridde: «L’obiettivo è la massimizzazzione della rendita di capitale visto che aumenta le vendite, la strategia del deterioramento della qualità dei prodotti viene alla fine premiata dall’aumento degli utili».
E così addio riciclo, addio ecosostenibilità. Avete idee? Suggeritele perchè io sono quasi allo scadere della garanzia di lavatrice e aspirapolvere!!
 
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