“Chi è maestro nell’arte di vivere distingue poco tra il suo lavoro e il suo tempo libero” dice un vecchio detto zen che riassume perfettamente una pratica buddista dalla quale possiamo imparare molto: il samu.
Una pratica che ci allena ad essere presenti
Il samu è una pratica meditativa singolare che può aiutarci nella nostra quotidianità, anche se abbiamo poco tempo da dedicare a noi stessi.
Ormai sappiamo tutti che meditare è benefico per la nostra salute:
• supporta l’apprendimento senso-motorio
• riduce lo stress e l’ansia
• migliora l’attenzione e la memoria
• calma il flusso costante dei pensieri
• aiuta a rilasciare le tensioni muscolari
• riduce la pressione sanguigna
• promuove il benessere psicologico
Tuttavia, consideriamo spesso la meditazione come un’attività passiva durante la quale è importante restare seduti ed immobili, motivo per il quale ci risulta difficile a volte ritagliarci il tempo necessario per meditare quando siamo sommersi dagli impegni.
Ciononostante, è possibile meditare… lavorando! È quello che ci insegnano i monaci zen con il samu, una pratica che possiamo attuare in ogni momento per recuperare il contatto con noi stessi ed essere più sereni nella nostra vita, un giorno alla volta.
Un po’ di storia: la nascita del samu
La tradizione zen giapponese promuove il non-attaccamento, la ricerca dell’equilibrio e dell’armonia e la capacità di accogliere il fluire della vita nella pienezza del momento. Questa corrente buddista deriva dalla corrente cinese Chan, giunta in Giappone intorno al XIII secolo, che portò con sé la meravigliosa pratica del samu, la pratica della presenza in ogni momento, che sia cucinare, lavare i piatti, o lavorare la terra.
“Non pensare a nulla è Zen. Una volta che sai questo, camminare, sedere o coricarsi, tutto ciò che fai è Zen.”
(Detto zen)
Secondo la tradizione buddista zen, la pratica del samu nacque in Cina, come strategia di sopravvivenza alla terribile persecuzione contro il buddismo ordinata dall’imperatore Wuzong della dinastia Tang, che promosse l’eliminazione di questa religione di matrice indiana considerata pericolosa per l’impero. Fu così che in tutto il paese le terre dei monaci furono confiscate e i templi e i monasteri buddisti, distrutti.
Fu un periodo estremamente difficile per il buddismo Chan che riuscì tuttavia a sopravvivere al livello popolare. È in questo quadro storico che il monaco Baizhang Huaihai scrisse un testo unico nel suo genere: il Chanyuan qinggui, “Le regole della purezza nel monastero Chan”, il primo libro che illustrava in maniera esaustiva le regole di buona conduzione monastica che prevedevano periodi di lavoro e di agricoltura, cosa ritenuta all’epoca inaccettabile dalla tradizione. Grazie a questa opera, la comunità Chan divenne autosufficiente e riuscì a rispondere ai propri bisogni lavorando e al contempo mantenendo lo stato meditativo coltivato in zazen.
Da quel momento, il lavoro per la comunità, svolto con spirito di devozione, generosità, e consapevolezza profonda secondo i principi del buddhismo, divenne parte integrante della pratica. Fu così che nacque il samu, la meditazione attraverso il lavoro quotidiano.
“Lo zen non è una forma di eccitazione o agitazione, bensì concentrazione sulla nostra solita ‘routine’ di tutti i giorni.”
(Shunryu Suzuki)
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L’influenza del samu nella nostra società
Col passare del tempo, la pratica della meditazione coltivata durante le attività quotidiane utili alla comunità nei monasteri zen si estese anche al tempo libero, aprendo la porta alla nascita di numerose discipline praticate ancora oggi, tra le quali:
• la poesia con la scrittura degli haiku
• la cerimonia del tè o Cha no yu
• l’ikebana, ovvero l’arte di disporre i fiori
• il shodo, l’arte della calligrafia giapponese
• la pittura Sumi-e
• la cucina zen
Jeong Kwan, monaca coreana riconosciuta al livello mondiale per la sua opera di divulgazione della cucina zen afferma su Slowfood.it : “La mia attività, infatti, dall’esterno può essere vista come quella di un cuoco, ma in realtà sto praticando il buddismo nel modo più profondo e autentico. Attraverso le nostre ricette tradizionali condividiamo radici comuni che vanno al di là delle differenze di razza, età o sesso e questo è un altro aspetto degli insegnamenti di Buddha.”
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Oltre ad essere praticato nelle attività quotidiane come la cucina, la coltivazione dell’orto o nelle diverse espressioni artistiche, il samu è anche all’origine di numerose arti marziali come:
• l’aikidō
• il karate
• l’arte della spada detto kendō
• il kyūdō, ovvero il tiro con l’arco
Il samu mira difatti a mantenere la concentrazione ricercata nello zazen mentre si lavora quindi non c’è separazione tra meditazione e attività. Lo stato di presenza consapevole viene coltivato in silenzio abitando il momento, con gentilezza e pazienza. Si crea in questo modo un piccolo spazio sacro nella nostra vita dove incontrare la nostra pura essenza.
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Meditare lavorando
Lo scopo di questa meravigliosa pratica meditativa ancestrale è quello di aiutarci a prendere coscienza della nostra vita, ogni giorno. La vita ci attraversa ad ogni respiro, ad ogni passo che muoviamo sulla terra: quando laviamo i piatti, quando ci allacciamo le scarpe, quando guardiamo distrattamente dalla finestra, … Siamo spesso talmente assorti dai nostri pensieri che non percepiamo la nostra vita scorrere in noi, non ne siamo consapevoli perché non siamo presenti.
Poi, passano i mesi, gli anni, e ci accorgiamo una mattina per caso che il tempo che ci è rimasto è poco. Nel mentre ci sono stati tanti cambiamenti che non abbiamo saputo cogliere, vivere a pieno. La vita ci ha attraversato ma noi non l’abbiamo vissuta. Dove siamo stati in tutto questo tempo? Altrove, ma non qui ed ora.
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Il samu può aiutarci a dare maggior valore alla nostra esistenza. Ci aiuta ad essere intenzionalmente presenti in noi e nell’azione che svolgiamo mentre la compiamo, ci invita a prestare attenzione alle sensazioni che pervadono il nostro corpo, a “scendere dalla soffitta” (possiamo essere ovunque nel nostro corpo e non solo nella testa!).
Ogni piccola attività di routine come cucinare, pulire i piatti, lavarsi i denti, lavorare nell’orto… può trasformarsi in una preziosa opportunità per tornare ad abitare l’attimo, risvegliare i sensi all’esperienza che stiamo facendo, accorgerci della nostra vita, per finalmente vivere pienamente e liberarci dalla schiavitù dei pensieri continui; è allora che smettiamo di vivere la nostra routine come un’inutile fatica ma come una possibilità di tessere col mondo che ci circonda un legame di amicizia basato sull’armonia, l’equilibrio, la pienezza. Con serenità e pace.
Fonti e approfondimenti
• La meditazione nella vita quotidiana, il samu
• State of Mind: Meditazione e Tecniche di rilassamento