“Quando un pesce piange, nessuno si accorge delle sue lacrime.”
(Proverbio)
Il pesce è intimamente connesso all’acqua dove il suo corpo sinuoso si muove nel silenzio delle correnti. Si tratta forse della forma animale più incompresa e per questo motivo anche la più misteriosa. Creatura di cui non capiamo il linguaggio arcano, è il custode dei segreti del mare, delle abissi ma, ad un livello simbolico, anche delle porte del nostro inconscio, simboleggiato dalle profondità dell’oceano.
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Il pesce, guardiano delle acque primordiali
Quante specie ittiche ci sono al mondo? Difficile da dire in quanto non tutti i tipi di pesci sono stati ancora scoperti. Anche se la stima dei tassonomisti si aggira intorno ad 1,8 milioni, le profondità del mare restano imperscrutabile all’essere umano e serbano ancora ben dei misteri.
Il pesce è ad un livello simbolico strettamente connesso al suo elemento acquatico, a quella dimensione onirica, poetica, terribile ed affascinante che nell’inconscio collettivo indica il caos, l’origine della vita, la madre, il mistero. Non è una creatura così lontana da noi se pensiamo che trascorriamo nel grembo materno 9 mesi sommersi nel liquido amniotico, proprio come un pesciolino.
Si tratta dell’animale che forse più di tutti ci riporta ad una parte della nostra storia personale così lontana da non serbarne il minimo ricordo. Eppure il tempo trascorso nell’acqua rappresenta il periodo di formazione più importante della nostra vita. Siamo sospesi in una dimensione liminale, nel mondo ma non ancora venuti al mondo, quel tempo di mezzo influenzerà la nostra intera esistenza. L’acqua sembra pertanto custodire il segreto della vita. Chi altro, se non il pesce potrebbe quindi svelarne i misteri?
Il simbolismo del pesce va pertanto inteso assieme alla sua relazione con l’acqua e ciò che essa rappresenta. Così come le acque possono essere dolci o salate, sorgive o oceaniche, i pesci si differenziano per il luogo dove vivono e il loro comportamento. Un salmone rivestirà una simbologia ben diversa da uno squalo, da una trota e così via ma la generica figura acquatica può fornirci indicazioni nel suo relazionarsi a quell’elemento.
L’acqua simboleggia il flusso della vita, la resurrezione, il mistero, l’inconscio, il grembo materno, la purificazione e il rinnovamento. Può trattarsi delle acque oscure degli oceani oppure delle acque cristalline delle sorgenti verso le quali risalgono i salmoni che, per questo e altri motivi, simboleggiavano per molte tribù la saggezza, la conoscenza suprema. La connessione intima e vitale del pesce col suo elemento, dal quale non può essere separato, ne fa un simbolo di connessione con la coscienza divina.
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Il pesce nei sogni
Nei racconti onirici, i pesci vivi, in ambiente acquatico, accompagnano spesso una sensazione di sospensione, di alienamento della realtà concreta come spiega la psicanalisi e possono riportarci ad un lontano ricordo della nascita o, più generalmente, alla fonte dell’energia creatrice.
Il pesce è tutt’uno col suo ambiente, a differenza da noi che per effetto della legge di gravità percepiamo la nostra dimensione di movimento come separata e allo stesso tempo inclusa tra due mondi diversi: cielo e terra. I pesci invece vivono sommersi nel mondo che li contiene con la più totale libertà di movimento, rappresentando la perfetta comunione con l’elemento portatore di vita ma anche con le profondità dell’inconscio, pertanto sognare un pesce può indicare maggiore conoscenza di sé, contatto con le parti più sommerse dell’essere, la nostra spiritualità, oppure con la dimensione del grembo materno.
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Il simbolismo del pesce nel mondo
Il pesce ha sin dall’antichità un significato simbolico importante. Per le popolazioni costiere rappresentava il mezzo di sussistenza per eccellenza, diventando nutrimento, mezzo di scambio per il commercio con realtà più lontane, ma era considerato anche come un animale protettore, totemico.
Tra le divinità con forma di pesce ci sono Ika Tere, dio polinesiano, padre di tutte le creature marine e nipote del dio-oceano; il dio-squalo Kāmohoali’i delle Hawaii, e Matsya in India che predisse a Satyavrata il Diluvio universale e gli intimò di costruire un’arca.
Alcune tribù di nativi americani del nord-ovest credevano che il salmone era un pesce mutaforma che celava sotto le sue squame un mago dotato di grande saggezza che governava le acque. Altri lo vedevano collegato alla prosperità, alla fertilità e alla buona fortuna. Il significato di fertilità quasi onnipresente in ogni cultura ed epoca era connessa alle centinaia di uovo che il pesce depone durante la stagione della riproduzione.
Nella mitologia gallese, si pensava che il salmone di Llyn Llyw fosse la creatura più antica della Gran Bretagna e l’unica ad avere la conoscenza suprema.
In Cina, le carpe simboleggiano ancora oggi la buona fortuna, la prosperità e la fertilità e per questo motivo a volte vengono date in dono. Poiché le carpe ornamentali nuotano spesso in coppia, sono viste anche come un simbolo di fedeltà.
Nell’Antico Egitto, sin dall’epoca protodinastica, il pesce persico era sacro a Neith, una delle dee più antiche e venerate, a tal punto da essere considerato come sua personificazione. Neith (“Colei che è”) era identificata con le acque del Nun, le acque primordiali e creatrici. Secondo alcuni miti, la creazione fu generata dalla dea venerata come “la più antica madre degli dei” e per questo motivo il pesce persico era considerato sacro a Sais, terra della dea, e mummificato.
Nell’antica Mesopotamia, il pesce era uno dei principali simboli di Enki, il dio dell’acqua e veniva raffigurato sui sigilli cilindrici a protezione di forze malevoli, come i demoni. La funzione protettrice del pesce attraversò le epoche fino a giungere al periodo cassita (1600 a.C. circa – 1155 a.C. circa), durante il quale i guaritori ed esorcisti si vestivano con abiti rituali che ricordavano i corpi dei pesci.
I pesci erano sacri alla dea siriana Atargatis, dea della fecondità spesso raffigurata nuda o con una coda di pesce. Durante le sue feste, solo i suoi sacerdoti potevano mangiarli.
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Un simbolo cristiano
Nel Libro di Giona, opera ebraica scritta probabilmente nel IV secolo a.C., il profeta Giona viene inghiottito da un gigantesco pesce dopo il suo rifiuto di voler adempiere al compito dato da Dio. Dopo tre giorni e tre notti all’interno del ventre dell’animale durante i quali attuerà un processo di trasformazione interiore, il pesce lo vomita sulla riva e il profeta decide di compiere il suo destino, facendo diventare la sua avventura un simbolo di pentimento e redenzione.
I primi cristiani usavano il simbolo di un pesce chiamato ichthys per raffigurare Gesù Cristo in quanto la parola greca antica ἰχθύς fungeva da acronimo: Ichtys stava per Iēsous Christos, Theou Yios, Sōtēr, ovvero, Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore.
Infine, dato che il pesce vive nell’acqua, possiamo vedervi un’allusione al battesimo: nato dall’acqua del battesimo, il cristiano è paragonabile ad un piccolo pesce.
“Il mare parla, e le stelle marine e i polpi e i pesci colorati e quelli azzurri e le conchiglie e i granchi lo ascoltano e capiscono quello che dice, e nessun altro può capire quello che dice. L’uomo ci prova da migliaia di anni ma non può capire il mare come lo capisce un polpo o una stella marina.”
(Fabrizio Caramagna)
Fonti e approfondimenti
• AAVV, Il libro dei simboli. Riflessioni sulle immagini archetipiche, Ed. Taschen, 2011.
• Il simbolo del pesce cristiano: una figura semplice dall’intenso significato
• National Geopraphic: Neith, dea guerriera