Viviamo in simbiosi con gli alberi, questi maestosi “fratelli maggiori” che sorreggono la nostra vita producendo l’ossigeno che respiriamo, regalandoci cibo e sostanze medicinali, l’ombra necessaria a ripararci dal sole in estate e il calore che riscalda le nostre case d’inverno. Il loro modo di attraversare le stagioni ci offre inoltre delle preziose lezioni di vita che ci sostengono nel nostro cammino, ed è forse per la generosità di queste creature che nascono e muoiono ad un ritmo così diverso dal nostro che l’albero in senso lato è stato scelto come emblema della vita.
L’Albero della Vita è un simbolo universale, trasversale a popoli di epoche, religioni e filosofie diverse, che non manca di affascinare per la profondità dei significati che si nascondono tra le sue fronde. Il suo nome richiama nel nostro immaginario principalmente il racconto biblico del giardino dell’Eden ma la sua figura si fonde con l’ Albero del Mondo, l’Albero cosmico o l’Albero della Creazione menzionato in antiche tradizioni spirituali di tutto il mondo.
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L’Albero della Vita, un simbolo universale sfaccettato
L’Albero della Vita vanta diverse raffigurazioni attraverso il mondo, a secondo dell’essenza arborea autoctona ritenuta sacra da ogni popolo. È grazie a questa “biodiversità sacra” che possiamo notare quanto la spiritualità di un tempo era connessa al radicamento alla propria terra. Inoltre, come riporta l’Enciclopedia Britannica e secondo molte religioni e filosofie, l’Albero della Vita e l’Albero cosmico sarebbero in realtà lo stesso albero, motivo per il quale è possibile incontrarlo sotto diverse sembianze e con molti nomi.
Nell’ induismo, la Bagavad Gita menziona la ficus religiosa o Aswattha in sanscrito, albero rappresentato già nel III millenio a. C su un sigillo a Moenhjo Daro. Secondo i Libri sacri, quest’albero era capovolto, con le radici in alto che affondavano nell’infinità della divinità dal quale non poteva essere separato: Vishnu o Brahman, e con le fronde che si dispiegavano nella dimensione umana. Aswattha era conosciuto per non avere né inizio, né fine, e per contenere dentro di sé l’intero universo.
Anche il buddismo condivide con l’induismo un’ immensa considerazione per questa specie arborea ed era conosciuta come l’albero sotto il quale il Buddha ricevette l’illuminazione, l’unione e la conoscenza dell’assoluto; da allora questo albero sacro è chiamato Albero della bodhi (“illuminazione” in sanscrito), ed è possibile ammirare il discendente diretto di questo albero storico nelle vicinanze del Tempio di Mahabodhi, divenuto meta di pellegrinaggio.
Nella religione ebraica si menziona l’Etz Chaym, un albero posto nel giardino dell’Eden che in origine era unito all’Albero della Conoscenza del bene e del male secondo gli esegeti: sarebbe stato Adamo a separare l’Albero della Vita da quello della Conoscenza recidendone simbolicamente le radici. Secondo la tradizione, l’Albero della Vita era un melograno, simbolo di onestà e giustizia oltre che della Torah, in quanto le melagrane conterebbero 613 semi, quante sono le prescrizioni scritte nel Libro sacro (365 divieti e 248 obblighi). Nella mistica cabalistica, l’Etz Chaym viene raffigurato come l’albero sefirotico che sostiene 10 sefirot o emanazioni divine che permettono a Dio ( l’ Ein Sof, letteralmente il Senza Fine che rappresenta l’essenza divina infinita ed inconoscibile) di proiettarsi sul mondo, oltre che a costituire gli archetipi supremi presenti nell’uomo che esso può svelare nel suo percorso di crescita spirituale in modo da raggiungere l’unione col divino.
I racconti mitologici dei popoli scandinavi narrano dell’Yggdrasil (“il cavallo di Yggr”, altro nome di Odino, principale dio norreno), il frassino (o tasso) del mondo al quale si era appeso Odino a testa in giù per 9 giorni e 9 notti e sacrificando un suo occhio per ricevere la Conoscenza suprema racchiusa nelle rune. Yggdrasil sorregeva i 9 mondi ed era fonte di vita, del sapere supremo e del destino secondo l’Edda, il poema epico norreno.
I Sassoni veneravano l’Irminsul, l’ “albero universale” o “albero dell’ispirazione”, raffigurato come una possente quercia, altra forma dell’axis mundi in grado di elevare l’uomo fino al divino.
Nell’Egitto Antico, il sicomoro era onorato come sorgente di Vita. Intimamente connesso al dio Ra, si narra che esso dispiegava la sua maestosità nel punto esatto in cui il dio solare sorgeva ogni mattina.
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Una scala da percorrere, dalla Terra al Cielo
Queste diverse rappresentazioni potrebbero confonderci in un primo tempo, non trovando un punto comune figurativo a questo importante simbolo, ma è proprio in questa diversità che si cela un importante indizio: ogni diversa essenza è contenuta nei Libri Sacri della religione o della filosofia che ci fa riferimento come immagine legata alla divinità, alla creazione del mondo, alla genesi del genere umano e alla sua connessione con la Fonte della Creazione. Il punto in comune non è l’apparenza, che può differire, bensì il significato che questo albero sacro veicola assieme alla sua funzione fondamentale per la crescita spirituale e morale del genere umano di scala o asse che connette Terra e Cielo, umano e divino, ovvero di axis mundi.
Secondo molte tradizioni, l’Albero della Vita rappresenterebbe una mappa della struttura dell’universo, un collegamento diretto tra il genere umano e il divino. L’Albero della Vita corrisponderebbe quindi alla via maestra da percorrere per giungere alla conoscenza di sé e del mondo, alla mappa da seguire per giungere alla conoscenza di Dio attraverso la conoscenza profonda della sua creazione.
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L’Albero della Vita, i suoi usi e significati oggi
Seppure un tempo veniva scolpito nella pietra, riportato sui pilastri dei templi e poi delle cattedrali, e anche se molti suoi significati si sono frammentati nel corso dei secoli, l’Albero della Vita non manca di attirare ancora oggi la nostra attenzione ed ispirarci sensazioni positive, cariche di speranza, che si espandono verso il mondo come le fronde verso il cielo, e che portano la nostra mente a significati di buon augurio quali forza, vitalità, fertilità, crescita solida e radicata, rinascita, motivo per il quale continuiamo ancora oggi a rappresentarlo su supporti che si allineano maggiormente al nostro stile di vita, cercando di mantenerne il significato sacro.
Oggigiorno l’Albero della Vita è infatti spesso usato come gioiello da regalare per celebrare una tappa importante del cammino di una persona cara, oppure per ornare bomboniere di battesimi e matrimoni, in segno di nascita e rinascita a nuova vita.
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Fonti:
• Axis Mundi: Il frutto dell’infinito. Meditazioni su Venere, la mela e il fico
• Eliade Mircea. Immagini e simboli. Saggi sul simbolismo magico-religioso. Vol. 70. Editoriale Jaca Book, 1991.
• Pagine filosofali: I boschi sacri ed il simbolismo dell’albero cosmico
Sandra Saporito
Autrice e operatrice in Discipline Bio-Naturali
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