L’atto del mangiare è qualcosa che eseguiamo in modi per lo più automatici, irriflessivi, relegando a semplice “sottofondo” una delle attività più complesse e psicologicamente interessanti del nostro essere umani. Spesso neanche prestiamo attenzione a ciò che mangiamo, mastichiamo facendo altro, la nostra mente è distratta da un programma in tv o da una discussione a tavola e neanche ci soffermiamo a godere del sapore del cibo o ad apprezzare i nostri reali stati di fame e sazietà.
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Questa noncuranza con cui diamo per scontato il cibo e l’atto del mangiare appartiene tutta ai nostri tempi postmoderni: mai come in questa fase della storia umana occidentale abbiamo avuto a disposizione così grandi quantità di cibo così economico, nutriente e facile da reperire. Inoltre viviamo in una vera e propria “babele alimentare” dove da più parti i media ci raccomandano, o ci sconsigliano, questo o quel regime alimentare fornendoci un quadro spesso contraddittorio che obbedisce più alle leggi del marketing che a quelle delle scienze della nutrizione. E infatti ogni anno assistiamo al proliferare dell’ennesima dieta last minute che ci promette di rimodulare il nostro fisico “magicamente” e senza sforzo!
Discipline e protocolli psicologici di trattamento come la Mindful Eating o l’intuitive eating si sono imposti sul panorama attuale proprio con l’intento di fornire un metodo per rieducare la mente a mangiare con consapevolezza e ad ascoltare i propri stati interni di fame e sazietà. Che ci si affidi ad un vero e proprio protocollo di Mindful Eating o si sperimentino dei piccoli esercizi nella quotidianità senza dubbio questi metodi, per noi occidentali “distratti” del mondo globale, possono fare la differenza!
“Dobbiamo trovare qualcuno con cui mangiare e bere prima di cercare qualcosa da mangiare e da bere, perché mangiare da solo significa fare la vita di un leone o di un lupo.”
(Epicuro)
Quanti tipi di fame esistono?
Potremmo provare a domandarci: perché siamo così distratti e incostanti nel mangiare bene? Come mai noi esseri umani, differenza degli animali selvatici, ci ritroviamo così spesso a soffrire di obesità, a mangiare più del dovuto, a sperimentare patologie legate ad una cattiva alimentazione?
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Come per molti altri aspetti dell’esistenza, il fatto di essere dotati di intelligenza e autoconsapevolezza può rappresentare una risorsa ma a volte anche un problema. Sì perché soltanto noi, in quanto umani, assegniamo significati culturali, emozionali e cognitivi al cibo che ingeriamo: Lévi Strauss diceva che siamo in grado di passare, culturalmente parlando, “dal crudo al cotto”! Questo è alla base di molte ritualità collettive che scandiscono la socialità (si pensi ai piatti tipici di determinate festività o che scandiscono certe ricorrenze familiari). Ma anche di molti gesti affettivi che si sostanziano attraverso l’offerta e la ricezione di cibo e di tutte quelle volte che ricorriamo al nostro personale “comfort food” per sedare la tristezza, sconfiggere la noia, reprimere la rabbia.
Il cibo offre dunque un’infinita varietà di possibilità espressive per l’umano, ma può anche prendere il posto delle emozioni negative, degli stati d’animo che non riusciamo a “mandar giù”, delle frustrazioni che abbiamo accumulato nel trempo… Mangiare allora diventa facilmente un atto automatico spesso con valenze emotive più che nutritive di cui però neanche ci accorgiamo rischiando di perdere il contatto con i nostri stati interni: con la natura reale delle nostre emozioni e con i corretti segnali di fame e sazietà. Non mangiamo solo per fame fisica, quella che risponde alle nostre necessità fisiologiche, ma anche per fame emotiva, quella che ci spinge a riempirci, a ricercare il conforto dei cibi dolci o ipercalorici per compensare insoddisfazioni affettive e che se ne infischia se il nostro stomaco è già pieno da un pezzo.
Potete rendervi conto di questo provando a fare un diario alimentare della vostra dieta annotando a fianco ad ogni pasto o spuntino cosa stavate facendo in quel momento, cosa stavate pensando e che tipo di emozione stavate vivendo. Avevate realmente fame? O c’erano soluzioni alternative con cui avreste potuto affrontare uno stato di disagio emozionale o fisico? Mettere “nero su bianco” vi aiuterà a prendere coscienza delle situazioni in cui cedete alla fame emotiva.
“Il viver bene è un atto di intelligenza, col quale scegliamo le cose che hanno un gusto gradevole piuttosto che quelle che non l’hanno.”
(Anthelme Brillat-Savarin)
Cos’è il mindful eating?
Il Mindful Eating un ambito della mindfulness applicata all’alimentazione che, attraverso specifici esercizi, mira a far acquisire una maggiore consapevolezza alimentare portando l’attenzione al processo del mangiare in tutte le sue fasi e aspetti sensoriali.
Il principio della mindfulness è infatti quello di allenarsi a coltivare uno stato mentale di consapevolezza non giudicante interamente orientata ad osservare il momento presente. Nell’alimentazione consapevole questo avviene portando l’attenzione all’esperienza del mangiare rendendola non più uno “sfondo” ma un elemento di primo piano a cui dedicare la nostra attenzione. Significa ritagliarsi uno spazio fisico e mentale per apprezzare il colore, l’odore, la consistenza del cibo sulle mani e sul palato, il sapore sulla lingua, l’atto della salivazione e solo infine quello della masticazione e della deglutizione. Fare insomma di ogni aspetto e di ogni momento dell’atto del mangiare un’esperienza multisensoriale da vivere a pieno in un’ottica quasi meditativa. Esistono specifici protocolli e percorsi terapeutici che utilizzano la Mindful Eating scopo di miglioramento personale o terapeutico.
Come fare per mangiare con consapevolezza?
Per avere un “assaggio” potete fare un semplice esperimento: per qualche giorno imponetevi di mangiare con la mano non dominante, vi accorgerete che molti dei gesti che prima facevate in modo automatico adesso vi richiederanno un’attenzione consapevole e cosciente e vi costringeranno a portare al centro della vostra mente ciò che state mangiando. Immaginate di essere un po’ come degli extraterrestri appena arrivati sul pianeta terra e di star assaggiando del cibo: lo mangerete come se non aveste mai visto nulla di simile in vita vostra, con una curiosità e un’attenzione del tutto straordinarie! Questo tipo di esperimento probabilmente vi mostrerà come, anche un piccolo boccone di cibo, possa risultare un’esperienza tanto potente e ricca di sfumature, il vostro pasto risulterà decisamente più appagante e forse anche più misurato poiché mangerete più lentamente dandovi maggior tempo per ascoltare i vostri segnali interni di fame e sazietà.
“E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore: I tuoi semi vivranno nel mio corpo, i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore, la loro fragranza sarà il mio respiro, e insieme gioiremo in tutte le stagioni…”
(Khalil Gibran)
Cristina Rubano