Psicologia

Individuo e comunità: chi è più importante?

Di Redazione - 16 Dicembre 2021

Viviamo in una società sempre più individualista e sempre meno comunitaria. Le case non vengono più costruite con giardini condivisi con altre famiglie, i bambini non giocano più in strada con gli altri bambini, le giornate, anche quelle die più piccoli, sono scandite da appuntamenti ed orari che ci costringono a vivere sempre più soli senza momenti di condivisione con una comunità.

I legami tra gli esseri umani sono sempre più fragili. Sempre più individualisti, incapaci di uscire dalla nostra solitudine esistenziale, finiamo con il perdere completamente la fiducia negli altri.
(Maria Michela Marzano)

E perdendo la fiducia nell’altro perdiamo di conseguenza la fiducia in una vita più comunitaria, più condivisa, più allargata. Divenendo però così soli, tristi, pessimisti.

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Individuo e comunità: chi è più importante?

Individuo e comunità hanno egual valore, sono parti di uno stesso sistema e si dovrebbero alimentare a vicenda in modo equilibrato e costruttivo. La comunità può essere paragonata al corpo fisico e l’individuo ai suoi organi: non possono vivere separati o in lotta tra loro altrimenti sorge la malattia o in casi più gravi anche la morte.

Mentre ai tempi dei Greci era la comunità ad avere un valore superiore rispetto all’individuo, nella nostra società è il contrario: il singolo sembra essere la pedina fondamentale rispetto al gruppo comunitario. Se da una parte questa attenzione al singolo è lodevole (essendo anche stata conquistata con sudore nel corso degli anni) dall’altra si tende invece ad esagerare questa importanza a discapito della comunità arrivando a distinguere due tipologie dicotomiche del vivere in mezzo agli altri, l’individualismo e il collettivismo.

Mettendo sempre al primo posto l’individuo si calpesta la società e questo disequilibrio di valore non può che portare a problemi ad entrambe le parti del sistema: sia alla società sia all’individuo stesso.

L’individualismo è una maniera di sottrarsi, una maniera di chiudere la propria porta, di difendere la propria coscienza; è l’isolamento altero dell’individuo nella fortezza della sua unicità; è una secessione intellettuale e sentimentale
(Georges Palante)

Riuscire ad alimentare in modo equilibrato entrambe le parti del sistema è l’obiettivo che ognuno di noi dovrebbe avere bene in mente prima di qualsiasi pensiero, azione o presa di posizione.

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Come riuscire a far convivere pacificamente il singolo con l’intero sistema?

persona in piedi tra la folla

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©Pexels

Una comunità è l’unione di tanti individui che si raggruppano per i più svariati motivi. Il singolo per riuscire ad alimentare se stesso e il gruppo sociale è chiamato a mettere al servizio degli altri la propria unicità facendo emergere le proprie doti.

E’ una frase che invita l’uomo ad impegnarsi per mettere al servizio della comunità le proprie risorse, non per essere considerato migliore degli altri in quella specifica area (artistica, letteraria, lavorativa in generale) ma perché i suoi doni interiori hanno uno scopo comunitario e non individualista. Migliorando se stesso si migliora l’intero cerchio di appartenenza.

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L’individuo è quindi chiamato a cercare i propri talenti, a praticarli con pazienza e impegno, a migliorarli con l’esperienza e poi a metterli al servizio degli altri per poter arricchire, custodire e proteggere la comunità. E’ un flusso che si autoalimenta continuamente e che si inceppa se sorge un disequilibrio tra le parti.

La persona che prova a vivere da sola non avrà successo come essere umano. Il suo cuore si inaridisce se non risponde a un altro cuore. La sua mente si restringe se ascolta solo l’eco dei propri pensieri e non trova altra ispirazione.
(Pearl S. Buck)

Si può riuscire ad arrivare a questo grande contributo individuale esercitando quotidianamente un senso di comunità che non ci appartiene più.

Consigli di azioni concrete per un’armonia tra individuo e comunità

I cambiamenti veri sono quelli piccoli, che avvengono giorno dopo giorno, che riguardano abitudini vecchie da sostituire. E’ molto difficile mutare qualcosa che viene ripetuto ogni giorno sostituendolo con azioni più costruttive e arricchenti: eppure sono queste le piccole rivoluzioni, sono questi i passi da compiere per poter davvero fare la differenza e smuovere le coscienze. Arrivando così ad un rispetto di se stessi e degli altri naturale e vero.

Eccovi un esempio di due azioni concrete e due intenti che testimoniano il sano equilibrio tra individuo e comunità:

  1. Non mandare proprio figlio all’asilo o a scuola se non è completamente in forma. Anche se lasciarlo a casa diviene un problema organizzativo per la famiglia è doveroso riuscire a trovare una soluzione adatta per questi casi. In questo modo si preserva la salute della classe (non avviene il contagio e diminuisce la possibilità di assenze dei bambini contagiati scegliendo il rispetto della comunità) e del bambino stesso (si rispetta il tempo di ripresa del bambino).
  2. Cercare di compiere il più possibile acquisti etici, biologici e a chilometro zero. In questo modo si ha un impatto ambientale ridotto e rispettando la natura (intesa come gruppo comunitario più allargato) anche noi stessi ne beneficiamo.
  3. Impegnarsi quotidianamente per non cadere nella trappola della distrazione. I troppi impegni e l’eccessivo numero di oggetti che abbiamo ci portano a vivere sempre più soli, dentro a noi stessi e a non dedicare tempo di attenzione vera all’altro (figli, partner o vicini di casa). Siamo sempre di fretta e a questa velocità non può esserci nessun incontro che è la base per conoscere l’altro e la comunità in generale che è costituita di tanti altri. Se riusciamo a fermarci ad incontrare ciò che sta fuori da noi ci possiamo rendere conto che è un modo per arricchirci individualmente. Lo possiamo fare semplicemente riducendo il tempo dedicato all’uso del cellulare e sostituendolo con una passeggiata in compagnia.
  4. Ponderare bene le proprie scelte. Spesso prendiamo vie che non ci appartengono solo perché sono seguite dalla maggioranza oppure il contrario, proprio per fuggire dalla massa che ha scelto quel percorso. In entrambi i casi non sono scelte che ci contraddistinguono e non portano a nessun arricchimento, sia individuale sia comunitario. Per rispettare entrambe le parti del sistema è necessario ponderare bene cosa smuove i nostri pensieri: è la paura di fare o di non fare? E’ la fretta di raggiungere una meta? E’ la volontà di dare quell’immagine di sé? Ciò che dovrebbe smuovere ogni scelta è solo ed esclusivamente l’amore per quella via da percorrere e l’amore, si sa, non può che portare sempre all’armonia.

L’individualismo – l’abbiamo visto anche troppo – è soltanto un rifugio provvisorio; noi non siamo soli; non possiamo astrarci gli uni dagli altri, e, ben prima della suprema uguaglianza della morte, ci trasporta il medesimo destino. Dipende da noi soli il rendere questo comune destino favorevole o nefasto. Se non viviamo insieme, come gli organi di uno stesso corpo, appassiremo e imputridiremo insieme, come quelle foglie senza linfa, così indipendenti le une dalle altre, così individualiste, ma che il medesimo vento d’autunno strappa e rivoltola a suo piacere.
(Gustave Thibon)





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