L’avvento è il tempo dell’attesa per definizione, fa riferimento a un preciso momento dell’anno liturgico, quello che precede il Natale, ma questo periodo ci pone in contatto anche con una dimensione psichica che non dovremmo ignorare…
Le leggi del commercio vogliono che le luci e gli addobbi che anticipano il clima natalizio compaiano sempre più presto per stimolare il più a lungo possibile a comprare oggetti e beni di ogni tipo. Il rischio è quello di dilatare a tal punto il preludio delle festività da farne perdere un po’ il senso. Eppure è fuor di dubbio che questo sia un periodo che a livello psichico ci confronta con la dimensione dell’attesa. Si che si viva il Natale nel pieno del suo significato religioso e spirituale, sia che lo si attenda come occasione per riposarsi, festeggiare e scambiarsi doni con chi si ama o come momento di riunioni familiari non propriamente felici. Ci si avvia verso la fine dell’anno, già si inizia a rimandare alcune cose all’anno nuovo, ci si sente in un modo o nell’altro in un tempo sospeso che prelude a qualcosa che non c’è ancora… Perché accade questo e come andrebbe intesa questa attesa a cui l’Avvento fa riferimento?
Il significato simbolico del Natale
Il Natale, prima di essere una festività della religione cattolica, ha avuto molto predecessori in riti e culti antichi e antichissimi che trasversalmente a varie epoche e culture hanno sempre celebrato in questo periodo dell’anno la “morte” invernale e l’attesa della “rinascita” (simboleggiata appunto dal Natale). È questo infatti il momento dell’anno in cui la Natura si spegne, si addormenta, perde la sua vitalità, fin anche il sole raggiunge la sua minor durata nell’arco della giornata.
I culti che precedevano il Natale, e sui quali poi tale festività si è sovrapposta, celebravano appunto questa promessa di rinascita dopo il lungo dormire dell’inverno, dopo l’apparente morte di Madre Natura. Se ci pensiamo, agli uomini antichi doveva apparire come qualcosa di prodigioso il fatto che ogni anno, a dispetto delle apparenze, la natura rinascesse da sé stessa e tornasse nuovamente ad offrire loro possibilità di sostentamento. L’avvento coincide dunque simbolicamente con questo tempo dell’attesa, un’attesa molto più ancestrale che induce tutti noi a distogliere lo sguardo dal “fuori” per portarlo in direzione della nostra interiorità.
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Le candele dell’avvento e il loro significato
Possiamo imparare sullo spirito dell’avvento come tempo di attesa guardando alle tradizioni che gli esseri umani hanno inventato per scandirne i giorni e rendere questo tempo qualcosa di prevedibile, misurabile, rituale.
È questo ad esempio il significato della corona d’avvento, usanza nata nella Germania settentrionale a inizio ‘900 e poi diffusasi anche in altri paesi. La tradizione vuole che si costruisca una corona formata da rami di piante sempreverdi su cui installare le candele dell’avvento. In origine erano 24, una per ogni giorno dell’avvento, successivamente le corone più moderne e casalinghe ne hanno contemplate solo una per ogni settimana dalla prima domenica d’avvento fino all’ultima. I colori delle candele dell’avvento possono essere tutti uguali, ma tradizionalmente la terza può essere differente in sintonia con il cambio cromatico del vestiario sacerdotale di quello stesso periodo liturgico. Le 4 candele rappresentano dunque una versione diversificata del più conosciuto calendario dell’avvento: entrambe tradizioni nate e osservate per scandire il tempo dell’attesa. Se ci pensiamo alcune di queste fanno parte delle nostre usanze più comuni, dal calendario dell’avvento fai da te alle versioni più “dolciarie” e commerciali dello stesso. Le candele stesse non mancano mai di adornare la nostra tavola proprio in questo periodo…
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Vivere la dimensione dell’attesa interiore
Dal punto di vista dei tempi liturgici, dei tempi della natura e del calendario, dunque, questo periodo dell’anno ci porta meno stimoli, ci induce meno a “uscire fuori”, ci rimanda questo senso di sospensione che molti ignorano, altri vivono con malcelata inquietudine, altri ancora assaporano entro la propria fede religiosa e la propria pratica spirituale.
A livello psichico siamo abituati più spesso a cercare di ridurre l’attesa al minimo indispensabile, la mal sopportiamo, la consideriamo una perdita di tempo, un intralcio, una fonte di ansia insopportabile… D’altra parte viviamo nella società del “tutto e subito”, degli stimoli luminosi e digitali continui che mal si accorda però con i tempi della psiche.
Tutti noi, se ci fermiamo a sostare, nel nostro silenzio interiore, possiamo riconoscere delle dimensioni di attesa: qualcosa che speriamo possa arrivare, una notizia che speriamo di poter o non poter ricevere, un desiderio o un progetto che vorremmo poter realizzare… Molte possono essere le dimensioni della nostra vita sulle quali non abbiamo il controllo totale, che non rispondono a tempi certi e definiti, che sfuggono alla nostra programmazione e ci richiedono di coltivare pazienza, fiducia e speranza… E molte possono essere le dimensioni della nostra psiche profonda che “aspettano” di emergere, se solo ci rivolgiamo al nostro interno e proviamo ad attraversare le nostre inquietudini invece che evitarle. I malesseri, i malumori, i disagi emozionali che ci spaventano, ci disorientano e che non comprendiamo potrebbero indicarci aspetti che dovremmo cambiare, bisogni che non abbiamo ascoltato, equilibri che forse chiedono di essere modificati… Possono essere, in altre parole, premonitori di una rinascita psichica se accettiamo la sfida di prestare ascolto agli inverni che la nostra psiche di tanto in tanto ha bisogno di attraversare.
Prendere spunto dalle tradizioni occidentali per “segnare” il tempo dell’avvento e scandire così anche un nostro personale ritiro interiore può essere un buon sostegno per la psiche: si tratta sempre di rituali e i rituali hanno il pregio di accordare il mondo esterno con il nostro stato interiore ed accompagnarlo.
“Mia cara,
nel bel mezzo dell’odio
ho scoperto che vi era in me
un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime
ho scoperto che vi era in me
un invincibile sorriso.
Nel bel mezzo del caos
ho scoperto che vi era in me
un’ invincibile tranquillità.
Ho compreso, infine,
che nel bel mezzo dell’inverno,
ho scoperto che vi era in me
un’invincibile estate.
E che ciò mi rende felice.
Perché afferma che non importa
quanto duramente il mondo
vada contro di me,
in me c’è qualcosa di più forte,
qualcosa di migliore
che mi spinge subito indietro.”
(Albert Camus)
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Cristina Rubano