In questi giorni a Ravenna le istituzioni progettano uno sterminio; qualche daino di troppo dovrà essere abbattuto, precisamente 67, con l’accusa di aver causato troppi incidenti nei pressi del loro ambiente.
La comunicazione della decisione è arrivata alla gente con una leggerezza tale da lasciare tutti sbigottiti, non è possibile annunciare una strage come fosse normale e noiosa routine, non è possibile mantenere una tale freschezza quando si discute di fucilazioni e morte.
Ma la triste verità è che gran parte di noi sono impotenti di fronte a decisioni irrevocabili come questa e soltanto chi possiede il potere dell’informazione o grandi disponibilità economiche può davvero lottare sperando in qualche risultato, seppur misero, ma almeno percettibile.
E infatti, prima i giornali locali seguiti da quelli nazionali, poi la rete, la tv, la radio, ogni singolo mezzo di comunicazione e informazione ha fatto molto chiasso, ne ha parlato tanto, fin troppo, dando voce ad animalisti, ambientalisti e gente comune semplicemente sbigottita da una simile idea; in molti hanno protestato ma nè mail nè petizioni o lettere sono state utili, la decisione non prevedeva modifiche.
Una donna poi si è fatta avanti e coraggiosamente ha chiesto di poter prendere con sè ognuno di quegli animali assicurando di possedere sufficiente spazio e denaro per potersi prendere cura di loro e mantenerli come fossero suoi.
La magnifica proposta è stata immediatamente cestinata, non è chiaro perché ma fin dal principio l’ideatore del progetto non sembrava bisognoso di soluzioni alternative, come avesse già gustato il senso di onnipotenza che avrebbe suscitato il compimento di quanto era stato ancora soltanto detto.
Nella speranza che questa donna continui a lottare contro l’incompetenza e la prepotenza di chi ci soffoca giorno dopo giorno, non ci resta che pensare un momento a quello che stiamo facendo.
Ci siamo forse convinti, qui in Italia, di essere gli assoluti padroni del territorio?
Sembriamo fuori di testa da quando, dopo aver ricoperto di cemento ogni pezzetto della penisola, ci stupiamo che gli animali sbuchino fuori inaspettatamente minacciando la nostra vita.
Nessuno si è chiesto se forse siamo noi ad essere un po’ invadenti al punto che chi è di troppo o va via volontariamente o lo attende una facile e veloce fucilazione?
Daniza è stata la prima, la sua insensata morte è stata soltanto l’inizio di una serie di decisioni folli, incomprensibili, innaturali che vanno contro l’idea di umanità, di civiltà e di progresso.
E quasi nello stesso tempo, oltre ai daini, a dar fastidio invece a Bologna sono le oche ibride che rischiano di “sporcare” le meravigliose oche selvatiche bolognesi.
Da simili cose viene fuori l’antico pregiudizio, che ci siamo illusi di aver superato, che il diverso, l’esteticamente brutto, le stranezze devono essere abbattuti per dare spazio a popolazioni e razze pure.
È un pensiero che fa rabbrividire perché fa parte di noi ed è talmente difficile togliercelo di dosso che è diventato un tabù ed è così oscuro che, finchè non decideremo di portarlo alla luce per capirlo e distruggerlo con consapevolezza, sarà lui, ancor prima, a distruggere noi.
Intanto i cecchini sono quasi pronti e, anche se la speranza è l’ultima a morire, è quasi certo che gli ultimi a farlo, anche questa volta, saranno degli innocenti; ma arriverà il momento in cui ripercorreremo la strada delle nostre azioni e a prevalere non sarà di certo l’orgoglio ma la vergogna e la mortificazione per quello che abbiamo permesso accadesse.
Gaia Di Giovanni