I genitori sono le nostre radici. Rappresentano simbolicamente la parte femminile e quella maschile che si sono unite per creare equilibrio. La forma di questo equilibrio è il figlio.
Quando nasce un bambino tutto il mondo genitoriale è concentrato sulla cura del cucciolo d’uomo. Questo senso di protezione non abbandonerà mai un figlio, nemmeno quando diventerà adulto. Anche se per alcune persone il rapporto con i propri genitori non è mai stato semplice il filo che li lega alle loro radici rimane nel tempo saldo e presente. Si percepisce un legame che va oltre lo spazio, oltre la lontananza, oltre le parole. A volte sembrerà un filo ingarbugliato, ricco di nodi da sciogliere, spezzato e consumato. Altre volte più morbido, libero, fluido.
I genitori, si dice, sono come angeli protettori che accompagnano la vita del figlio. Forse è per questo che abbiamo due spalle: li sentiamo dietro ad ognuna di esse per supportarci e per guidarci nel mondo. Abbiamo, cioè, le spalle coperte. Da queste due coperte soffici, amorevoli e sagge. Che con il loro modo unico ed irrepetibile, spesso così lontano dal nostro modo di essere, ci hanno generato, amato e cresciuto.
Anche se il rapporto con i nostri genitori è complesso, difficile o assente il legame che ci unisce a loro non è meno intenso. La loro presenza si sente ugualmente. E’ un filo che ci collega alla figura di padre e madre come un simbolo che vive dentro di noi. Il nostro compito in questa vita è portare a galla il simbolo genitoriale, denudarlo da giudizi e rancori e riuscire a trovarci il tesoro nascosto. Messo lì solo per noi.
James Hillman, noto psicoanalista, saggista e filosofo statunitense, nel suo libro “Il Codice dell’anima” scrive a tal proposito ““Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. E’ il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto. È lui dunque il portatore del nostro destino.
Secondo Plotino (205-270 d.C.), il maggiore dei filosofi neoplatonici, noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e la situazione di vita adatti all’anima e corrispondenti, come racconta il mito, alla sua necessità. Come a dire che la mia situazione di vita, compresi il mio corpo e i miei genitori che magari adesso vorrei ripudiare, è stata scelta direttamente dalla mia anima, e se ora la scelta mi sembra incomprensibile, è perché ho dimenticato.”
Quando i genitori muoiono
Quando i genitori muoiono, qualunque sia stato il rapporto che in vita avevamo con loro, accade uno degli eventi più importanti della nostra esistenza. Sentiamo sprofondare le nostre radici, ci sentiamo meno protetti, avvertiamo un senso di responsabilità maggiore, diventiamo noi stessi i portatori principali del nostro albero genealogico.
Avviene uno scatto generazionale importante che ci conduce a muovere passi nuovi. Oltre al dolore della perdita dobbiamo inoltrarci in questioni burocratiche e concrete che, come dei veri e propri riti di passaggio, ci conducono a prendere un posto nuovo nella famiglia.
Decidere cosa fare della loro casa, dei loro oggetti, maneggiarli, sentire ancora il loro profumo, fermarsi a guardare vecchie fotografie, trovare nascosti in qualche angolo i giochi della nostra infanzia… Tutto ci accompagna a prendere in mano questa parte della nostra vita e a lasciarla andare. Con amore, gratitudine e rispetto. E a custodirla nel nostro cuore.
E’ come se i nostri genitori ci avessero lasciato l’incarico di proseguire noi il cammino. E’ l’ultimo passaggio in questa staffetta di vita.
Alla loro morte la loro presenza non muta d’intensità, se riusciamo a percepirla con la nostra anima e non più con il nostro corpo. Ciò che cambia è solo la loro posizione. Non saranno più davanti a noi ma alle nostre spalle, più di prima. A sostenerci, a guidarci, a non farci sentire soli.
La morte dei genitori come trasformazione
Se riusciamo a vivere questo passaggio come una trasformazione e non come una fine siamo in grado di scorgere il tesoro che porta ogni cambiamento. Che non vuol dire non piangere o non sentire il dolore per la mancanza. Vuol dire essere presenti a ciò che stiamo vivendo e non lasciarci travolgere dalla disperazione.
La trasformazione riguarda i nostri genitori che hanno oltrepassato la soglia ma riguarda anche noi. Ogni cambiamento esterno, infatti, ha il potete di mutarci anche interiormente, se gli permettiamo di agire indisturbato dentro di noi. Non dobbiamo far altro che rimanere vigili, aprire bene il cuore e afferrare il messaggio di vita che ogni cambiamento è venuto a portarci.
La morte è trasformazione. Anche la natura ce lo insegna. E con questa lezione di vita vivere la morte dei nostri genitori è come partecipare ad una grande cerimonia dove non ci sono più le parole, i corpi o gli occhi a celebrare ma solo le anime con i loro codici per noi incomprensibili.
I nostri genitori, morendo, ci stanno donando l’ultimo tocco per passarci il testimone. Apriamo il nostro cuore per riceverlo. E con fierezza custodiamolo questo immenso tesoro familiare. E’ ora di divenire a nostra volta radici. Per innalzarci ancora di più verso il cielo.
Elena Bernabè
Autrice del libro “Alla conquista delle stelle”