“L’Epifania tutte le feste porta via” è un vecchio detto popolare che nasconde un significato profondo. Questa festa, che rappresenta nella tradizione cristiana la presentazione di Gesù ai re Magi, era un giorno celebrato anche nelle culture precristiane e di cui ci è rimasto un’importante testimonianza nella vecchietta che tutti i bambini aspettano con gioia: la Befana.
Le antiche origini della Befana
Se “la Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte” significa che viene da molto lontano, dall’antichità per essere più precisi. Molte figure di antiche tradizioni europee sono confluite nella gentile distributrice di doni che tutti conosciamo e come allora, possiamo affermare che la Befana conserva ancora oggi una certa ambiguità.
In effetti, se porta dei doni a tutti i bambini, non tutti ricevono dolciumi: questo è forse un antico retaggio del tempo in cui era conosciuta come “Lussi”, vecchia megera portata in Italia dai Longobardi nel I secolo a. C e conosciuta per trascinare i bimbi capricciosi su per il camino. Delle sue vecchie abitudini, la Befana sembra aver mantenuto l’usanza dei calzini appesi al camino, oltre alla distribuzione di carbone.
Nell’antica Roma si tramandava invece la storia delle dodici donne che volavano sopra i campi seminati per propiziarne i raccolti, per dodici notti di seguito a partire dal solstizio d’inverno. Queste dodici donne che cavalcavano scope di salice non erano altro che la dea Diana e le sue ninfe che benedivano i campi seminati. È possibile trovarvi una reminiscenza del periodo di passaggio che conosciamo come le “dodici notti sante” e che portano al 6 gennaio, giorno dell’Epifania.
Nelle campagne dove gli antichi costumi resistettero anche dopo l’avvento del cristianesimo, si confusero la dea Diana e la dea Strenua: mentre la prima benediva i campi sorvolandoli con la sua scopa di salice, la seconda, legata ai culti di fertilità, era celebrata durante le calende di gennaio e in suo onore era usanza scambiarsi le “strenne”: rami di alloro o ulivo per scacciare gli spiriti maligni, mele e fichi affinché l’anno nuovo fosse dolce come questi frutti.
Molti sono i nomi segreti della Befana che, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere antica come il mondo, ma se molto rimane ancora da scoprire sul suo conto, alcune tradizioni antiche sono riuscite a giungere fino a noi per aiutarci a ricordare il nostro passato.
La Befana e il suo antico legame con la vita contadina
Il nome “Befana” sarebbe secondo alcuni studiosi una derivazione volgare di “Epifania” e la festività ad essa collegata richiama i vecchi riti agrari di cui sono rimaste alcune importanti testimonianze nelle tradizioni contadine, tra le quali merita un posto d’onore il panevìn di veneta memoria: il falò di inizio anno.
In epoca precristiana, i Celti erano soliti accendere un falò propiziatorio e bruciare un fantoccio che rappresentava il vecchio anno così da ingraziarsi le divinità. Nella mitologia celtica troviamo la dea Cailleach che sembra aver dato alla nostra Befana alcuni punti salienti: è l’Anziana, la Crona, la dea degli antenati, dell’inverno, delle verità nascoste e delle forze naturali. In quanto aspetto della triplice dea, la sua esistenza era mutevole e aveva il potere di rigenerarsi e tornare ad essere giovane e bella.
Durante il panevìn (“pane e vino”) celebrato nel nordest della nostra penisola, usanza molto sentita sia in Veneto che in Friuli, terre conosciute per il loro passato celtico, la sera del 5 gennaio ogni paese accende un grande falò sul quale troneggia la vècia (“vecchia”), che rappresenta la Befana nella sua più antica iconografia: quella di Madre Natura, Signora della vita e della fecondità, che bruciando tra le fiamme si rigenera come una fenice, lasciando posto alla speranza di un anno migliore e “giovane”.
Sicché tale usanza del falò era svolta sia per propiziare che per profetizzare l’anno agricolo, non mancano certo i detti popolari legati alle direzioni prese dal fumo del falò della vecchia strìa. Eccone uno del Basso Trevigiano dove si menziona la pinsa (“pinza”), dolce tradizionale a base di ficchi secchi, uvetta e semi (RICETTA), che rappresentano doni di buon auspicio, antica testimonianza delle strenne scambiate in onore della dea Strenua.
“Pan e vin, ła pinsa soto el camin.
Faive a ponente: panoce gnente.
Faive a levante: panoce tante”
(Traduzione: “Pane e vino, la pinza sotto il camino. Faville a ponente: pannocchie niente. Faville a levante: pannocchie tante”.)
Il messaggio segreto della Befana nascosto nei suoi doni
L’Epifania è la gioiosa conclusione della crisi solstiziale di cui avevamo scritto in un precedente articolo. Dopo la discesa nell’oscurità del solstizio, la celebrazione della (ri-)nascita della divinità il giorno di Natale e il suo percorso iniziatico attraverso le 12 notti sante, eccoci giunti all’ultima tappa del viaggio: l’apparizione della divinità, la sua manifestazione al mondo.
Questa festività ci parla quindi dell’importanza della testimonianza, della manifestazione e quindi della conoscenza tangibile di ciò che il 25 dicembre è venuto al mondo. La Luce rinata, simbolo della divinità rigenerata, si manifesta ai suoi simili, si mostra nel suo splendore. Il significato è importante: non basta sapere o credere nel miracolo della Natività, occorre che la “buona notizia” si materializzi, che discenda dal mondo Iperuriano nel mondo sensibile, occorre che il divino si vesta d’umanità e possa essere visto.
Il motivo? Mostrarci (letteralmente) che il miracolo della vita è qui e che merita i doni più preziosi.
Ma se la Befana è ad un certo livello di lettura la personificazione dell’Epifania stessa, i dolci e presenti che lei porta ai piccoli ci mostrano, ogni anno, dov’è il più bel, il più gran miracolo del mondo: non in un bambino soltanto ma in tutti quanti. Dopotutto è forse questo il motivo per il quale la nostra amata vecchietta continua da millenni, anno dopo anno, a visitare tutti i bambini presentando loro i suoi regali.
Fonti:
• Da Strenua ai Saturnali, alle strenne: possibile origine della Befana.
• Il substrato arcaico delle feste di fine anno: la valenza tradizionale dei 12 giorni fra Natale e l’Epifania.
• La Cailleach: la dea crona.
• Le origini pagane dell’Epifania.
• Strenna Natalis: le origini dell’epifania.
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in Discipline Bio-Naturali
www.risorsedellanima.it