Ho il tempo di fermarmi e di scrutare a fondo la mia vita. Di percepirla, di sentirla, di osservarla con occhi diversi. Gli occhi della lentezza, del riposo, della presenza.
Ho il tempo di ascoltare il mio corpo, i suoi malanni e i suoi fastidi e di sentire sussurrare i suoi saggi consigli tramite i miei sintomi. Di parlarci, di affidarmi ai suoi consigli, di rispettarlo ed onorarlo.
Ho il tempo di pormi delle domande nuove, non le solite, quelle che conosco già da tempo e che fino ad ora non mi hanno mai portato alcuna ricchezza. Ora è il momento delle domande coraggiose, importanti, vere.
Ho il tempo di sperimentare l’assenza. Dei luoghi, delle persone, delle cose. E sentire cosa mi suscita, cosa mi porta, quanto mi pesa o quanto mi alleggerisce. E comprendere che è proprio l’assenza a dare valore alla presenza.
Ho il tempo di ascoltare i miei pensieri, di non farmi travolgere da essi, di direzionarli, di bloccarli e di crearne di nuovi. Più costruttivi, più arricchenti, più intuitivi.
Ho il tempo di riposarmi. Di un riposo che non è solo sonno ma una pausa globale, di corpo, di mente e di anima. Un’interruzione dal tutto che rigenera, ricarica, alimenta.
Ho il tempo di vivere il vuoto, di non riempirlo a tutti i costi con distrazioni, con impegni, con persone. Ma di starci. Senza cercare altro. E imparare ad ascoltare ciò che mi suscita e ciò che mi vuole dire. E a rigenerarmi tramite esso.
Ho il tempo di chiudere gli occhi e di vedere con gli occhi della mente, dell’immaginazione e del sogno. Sono occhi che vedono molto più a fondo, molto più lontano, in modo molto più ampio rispetto agli occhi del corpo. Con questi occhi si può viaggiare ovunque, nel tempo e nello spazio, si possono indossare abiti antichi, di dame o di cavalieri, ci si può tramutare in un animale, in un fiore, nel canto di un usignolo. Viaggiando così la mia anima viene nutrita, abbeverata, celebrata.
Ho il tempo di sperimentare la non azione. Che è rilassamento, pausa rigenerante, resa, abbandono, fiducia. Così tanto abituata a fare, ad arrivare, a concludere… questo tempo di sospensione mi sta insegnando a non fare e a considerare questa condizione d’animo come una meditazione, un momento necessario di tregua dal tutto.
Ho il tempo di lasciar accadere le cose, di non controllarle, di non fare resistenza, di non programmarle. Di entrare nel flusso della vita senza aspettative. E di vedere cosa succede a vivere così.
Ho il tempo di accogliere le lacrime dei miei figli senza frenarle, senza giudicarle, senza porvi rimedio. Ho il tempo di lasciarle scorrere fino al loro esaurimento. Fino alla pulizia profonda dell’anima.
Ho il tempo di non farmi guidare dal tempo dell’orologio ma di seguire ritmi più sani, più sentiti e meno stabiliti.
Ho il tempo di osservare. Di osservare e basta. Accadimenti, persone, la natura, stati d’animo. E di accogliere ciò che arriva da questa osservazione attenta. Senza giudizi, senza critiche, senza aspettative. Il più delle volte arrivano intuizioni, idee, pensieri rigeneranti.
Ho il tempo di chiudere gli occhi e di perdermi nel profumo del pane appena sfornato, nel sapore del cibo cucinato con cura e lentezza, nell’ascolto attento di un racconto, nella carezza di un bambino, nel calore del sole a mezzogiorno.
Ho il tempo di percepire la mia famiglia, il mio lavoro, le mie relazioni, la mia quotidianità e chiedermi se tutto, ma proprio tutto, fa per me o se è giunta l’ora che qualcosa migliori, che qualcosa si aggiusti, che qualcosa finisca o che qualcosa, invece, nasca.
Ho il tempo, tutto il tempo necessario, per poter trasformare la mia vita ordinaria in una vita straordinaria.
Elena Bernabè