“L’anima di una persona è nascosta nel suo sguardo, per questo abbiamo paura di farci guardare negli occhi.”
(Jim Morrison)
Con uno sguardo si può fare molto: si può spogliare una persona, farla sentire amata, desiderata, parlare a cuore aperto, oppure offendere, aggredire. Gli occhi non mentono: distogliere lo sguardo di fronte ad una scena o una persona che non riusciamo a sopportare è un automatismo. Chiudiamo gli occhi quando rifiutiamo qualcosa o vogliamo ignorarla ed impedirle di far parte della nostra realtà, oppure quando vogliamo proteggerci.
Lo sguardo è un antico mezzo di comunicazione
Il fissarsi negli occhi rimane ad oggi uno degli strumenti di comunicazione più primitivi, e se da una parte un contatto visivo diretto può nella maggioranza dei casi essere segno di affidabilità e benevolenza, non è sempre così. A volte, si possono usare gli occhi come arma, per ferire le persone, aggredirle senza usare nemmeno una parola.
“Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano.”
(Paulo Coelho)
Uno studio pubblicato sull’European Journal of Social Psychology e condotto da Jennifer Jordan, docente di leadership alla IMD Business School di Losanna in Svizzera ha infatti dimostrato quanto una persona che ci fissa negli occhi non abbia sempre buone intenzioni.
→ Se vuoi leggere lo studio: Eye gaze and competitiveness in social decision making
Secondo la dott.ssa Jennifer Jordan, “Gli animali hanno un contatto visivo diretto prima di intraprendere comportamenti benevoli, ma anche immediatamente prima di un attacco: il contatto visivo è un segno di sfida e minaccia da parte di un altro. Sembra che noi umani portiamo avanti questa tradizione guardando (inconsciamente) il nostro avversario direttamente negli occhi prima di attaccare.“
La dimensione intima dello sguardo, connettersi all’altro
Se il contatto visivo diretto e fisso può rivestire un significa negativo in un ambiente dominato dalla competitività, per fortuna nelle relazioni affettive è più spesso segno di benevolenza ed intimità. Ed è attraverso gli occhi che si tesse la prima vera connessione con l’altro. L’amore nasce con lo sguardo, e con “amore” non si intende solo quello romantico ma il sentimento in grado di unire due esseri viventi e farli volere il bene dell’altro.
“Ricordo esattamente l’istante in cui nel mezzo della folla annoiata mi sono accorto del tuo sguardo incantato. In quel momento ho capito cosa deve provare un’anima sperduta quando, tra tanti corpi, riconosce quello in cui sceglie di reincarnarsi.”
(Dal film La corrispondenza)
Detto ciò, guardarsi negli occhi quando ci si conosce a malapena è molto difficile perché ci fa sentire esposti, nudi, di fronte all’altro. Lo sguardo profondo è in grado di denudarci l’anima e se non abbiamo fiducia nell’altro o se ci sentiamo indifesi, ci sarà impossibile sostenere il suo sguardo; chiuderemo le palpebre, distoglieremo gli occhi.
Quando oltrepassiamo il limite temporale della semplice occhiata, sembra di penetrare in un mondo arcano fatto dei misteri inviolati dell’altro, ecco perché è importante chiedere il permesso prima di entrarci, per poi camminare sulla punta dei piedi e con gentilezza, perché è l’unione di due mondi che nasce in questo incontro.
Guardarsi negli occhi significa aprire le porte del proprio mondo interiore, fatto di pensieri mai espressi, di emozioni, di una verità pura che non si può travestire, ma solo nascondere dietro le palpebre. Dietro queste piccole porte di carne, c’è un’anima.
Il Soul Gazing, toccarsi l’anima con gli occhi
Il Soul Gazing consiste nel guardarsi reciprocamente negli occhi a mezzo metro di distanza, per un tempo prolungato, senza guardarsi le mani; in effetti, guardarsi le mani potrebbe denotare una poca fiducia nell’altro (si verifica inconsciamente che non abbia nulla per ferirci). Guardarsi negli occhi senza distogliere lo sguardo è quindi un guardare e un permettere all’altro di guardarci; ci esponiamo nella maniera più umana e vulnerabile che ci sia, permettendo all’altro di entrare in noi, di leggerci dentro.
Se guardare l’altro, sprofondare nel suo mondo è difficile, lasciarsi vedere, spalancare le proprie porte per lasciar entrare l’altro lo è ancora di più, perché uno sguardo può ferire in un nanosecondo e quella ferita lascerà una profonda cicatrice. Ci sono sguardi pesanti, che mettono a disagio, che sembrano chiedere, pretendere, dimenticando il reale significato di scambio, rispetto e reciprocità, che sono le fondamenta del Soul Gazing: il guardarsi negli occhi per parlarsi con l’anima.
Invece, quando ci sentiamo al sicuro e permettiamo all’altro di vederci, possiamo sperimentare una profonda connessione e un linguaggio scevro di parole e codici che ci permette un livello di comunicazione profondo ed autentico. Quello che sentirà l’altro, lo sentiremo anche noi; ecco il motivo per il quale il Soul Gazing promuove l’empatia e il rispetto: attraverso lo sguardo, tocchiamo l’umanità della persona senza i limiti o categorizzazioni delle parole che possono rinchiuderci in etichette e che non potrebbero mai permettere di scorgere l’immensità di ciò che si può nascondere nell’anima di un’altra persona.
“La guardò. Ma d’uno sguardo per cui guardare già è una parola troppo forte. Sguardo meraviglioso che è vedere senza chiedersi nulla, vedere e basta. Qualcosa come due cose che si toccano – gli occhi e l’immagine – uno sguardo che non prende ma riceve, nel silenzio più assoluto della mente, l’unico sguardo che davvero ci potrebbe salvare? Vergine di qualsiasi domanda, ancora non sfregiato dal vizio del sapere?”
(Alessandro Baricco)
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in Discipline Bio-Naturali
www.risorsedellanima.it