Da giovane ti hanno chiesto cosa volevi fare da grande; quando dicevi che volevi andare fuori dai sentieri battuti ti hanno detto che non avresti mai combinato nulla nella tua vita, che avresti fallito. Poi sei cresciuto e hai seguito i loro consigli, hai rinnegato le tue aspirazioni, hai rinunciato a realizzarti. E quando butti un occhio sul passato, il dubbio ti assale: hai davvero fatto la scelta giusta?
Non lasciare che uccidano la tua spontaneità
Quando hai finalmente capitolato di fronte a quel “metti la testa a posto”, qualcosa dentro di te si è spento e hai cominciato a inventarti delle ragioni per le quali tutto sommato era pure una buona cosa rinunciare al tuo sogno.
Magari volevi fare l’insegnante mentre discendevi da una lunga dinastia di medici, oppure volevi sviluppare la tua espressione artistica, andare al conservatorio, fare le Belle Arti; qualcuno ti ha convinto che era meglio rinunciare alla tua strada se volevi diventare “qualcuno”, solo che con grande probabilità non è successo. E ti chiedi il perché visto tutto ciò al quale hai rinunciato per realizzarti.
Non ti sei di certo risparmiato nel voler raggiungere quel traguardo che avevano promesso che avresti raggiunto un giorno. Hai lottato, hai sofferto, hai arrancato, sei caduto e non ricordi nemmeno quante volte ti sei rialzato, ma tutto ciò che ti rimane è un retrogusto amaro e un pugno di mosche in mano.
Se vuoi realizzarti nella vita, devi ascoltare la tua voce
Se sei infelice per aver scelto la strada sbagliata, forse è perché hai preferito ascoltare una voce che non era la tua, hai pensato che saresti stato felice seguendo una via che non ti corrispondeva, che non c’entrava nulla con te. Oggi te ne rendi conto, come avresti potuto realizzarti in ciò che non ti rappresentava? Tutte quelle difficoltà incommensurabili che hai dovuto attraversare, e che ti buttavano giù sempre più mentre cercavi di raggiungere quel posto invidiabile che ti avrebbe assicurato di diventare “qualcuno” nel settore, davano voce a quella parte di te che ti urlava di fermarti per riflettere: “sei sicuro di volerlo davvero?”
Ma non volevi rinunciare a tutti i sacrifici fatti nella speranza di avere un posto di prestigio, non volevi ammettere che quei sogni che ti avevano imposto, non erano fatti per te. Non era la tua strada, ti sei fatto violenza, hai remato controcorrente e ti chiedi come mai arrivi a così pochi risultati se fai tutta questa fatica.
“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.”
(Albert Einstein)
Forse hai scelto di remare, per paura, quando eri destinato a volare.
Realizzarti significa manifestare la tua vocazione
Per realizzarti devi accogliere la tua vocazione, quella che ti viene da seguire in modo spontaneo perché riflette ciò che sei, riflette la tua natura.
‒ Maestro, mio figlio ha riportato la pagella con un voto basso in matematica e alto in disegno.
Vado a cercare un professore esperto in matematica che lo possa aiutare?
‒ Assolutamente no, vai a cercare il maestro di disegno più bravo che ci sia!
(Alejandro Jodorowsky)
James Hillman, psicanalista, fondatore della psicologia archetipica, saggista e filosofo, spiega l’importanza della vocazione nel suo saggio Il codice dell’anima (ed. Adelphi). Per lui la vocazione è qualcosa che abbiamo già dentro di noi, è innata, non possiamo reprimere questo impulso senza farci del male. Quella vocazione, o chiamata, non aspetta altro che essere espressa.
Ciò che cerchiamo nella vita è solo di realizzare ciò che siamo, dare voce alla nostra vocazione, agire secondo la nostra natura ed esprimere la nostra unicità; ma spesso questa vocazione è ridotta in cenere, castrata da altre persone che hanno accettato di vedere bruciare i loro sogni d’infanzia nel nome di una realizzazione materiale senza felicità: la stessa illusione che hanno venduto a te e alla quale hai creduto, come molti di noi.
→ Leggi anche:Il codice dell’Anima di James Hillman. Ognuno di noi nasce con una vocazione
Dice Hillman: “I bambini cercano di vivere due vite contemporaneamente, la vita con la quale sono nati e quella del luogo e delle persone in mezzo a cui sono nati. L’immagine di un intero destino sta tutta stipata in una minuscola ghianda, seme di una quercia enorme su esili spalle. E la sua voce che chiama è forte e insistente e altrettanto imperiosa delle voci repressive dell’ambiente. La vocazione si esprime nei capricci e nelle ostinazioni, nelle timidezze e nelle ritrosie che sembrano volgere il bambino contro il nostro mondo, mentre servono forse a proteggere il mondo che egli porta con sé e dal quale proviene.”
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È assecondando le nostre aspirazioni autentiche, seguendo il flusso che ci porta verso la manifestazione di ciò che siamo che ci realizzeremo, che giungeremo alla “fioritura”. Forse dovremmo smettere di rinunciare ai nostri sogni per paura di disturbare quelli di qualcun altro, forse dovremmo smettere di credere che qualcuno lì fuori ne sappia di più sul nostro destino di noi stessi e del nostro daimon.
“Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi
sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve
un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo
tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon
che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del
disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro
destino”.
(James HIllman)
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e operatrice in discipline bio-naturali
www.risorsedellanima.it