La dipendenza affettiva è una delle cause più diffuse di sofferenza all’interno delle relazioni interpersonali, toccando la vita di tante persone. Ci può essere dipendenza affettiva in famiglia e nelle amicizie, ma l’ambito sicuramente più coinvolto è quello della relazione di coppia.
Relazione di coppia e Amore non sono la stessa cosa: le relazioni possono finire, l’Amore è una forza alchemica capace di trasformare e trasformarsi. Spesso l’attaccamento, il bisogno, l’egocentrismo, la paura della solitudine si nascondono dietro e dentro il nome dell’Amore, che nasce per essere collante fra gli individui, per essere creativo; non per sbarrare le porte di una prigione, diventando distruttivo. Tantissime coppie vivono il dramma della dipendenza affettiva, spesso senza accorgersene, sotto gli automatismi di un incantesimo che rende incapaci di vedere o di comprendere ciò che, più o meno soggettivamente, significa vivere una relazione sana e costruttiva. Bisogna andare molto cauti con le situazioni di dipendenza e con le conseguenze anche forti che possono implicare, che richiedono di essere affrontate in modo maturo, serio e delicato, con il supporto psicologico di professionisti.
È importante, però, sensibilizzare alla comprensione che alla base di ogni dipendenza, c’è un modello di vulnerabilità, che spesso lega a doppio filo ed in modo complementare i soggetti coinvolti. La vulnerabilità può essere un dolore emotivo, una fragilità, una difficoltà di base, mentre la dipendenza è il metodo che si attiva per alleviare quel dolore. Quando la vulnerabilità è densa, la mente si interroga insistentemente innescando la paura che qualcosa di peggiore possa accadere, con l’urgenza di sbarazzarsi della situazione che poi riporta al metodo di dipendenza. Il piacere/sollievo ricavato dall’attuare la dipendenza è soltanto momentaneo, poiché essa funge da palliativo ma non va al cuore della causa del disagio, che troverà il modo di ripresentarsi sul piano emotivo o di somatizzazione fisica. Se ci si trova all’interno di una dinamica di dipendenza affettiva non bisogna sentirsi sbagliati né marchiati da un destino nefasto per la relazione in corso: è vero che molte storie finiscono riconoscendo i meccanismi che le muovono, ma è anche giusto tenere in considerazione il grado di maturità e la volontà evolutiva di entrambe le persone. Non c’è persona più prigioniera di quella che non crede di esserlo.
Nella dipendenza affettiva, infatti, un grande tassello del puzzle riguarda il tema della fiducia e del rispetto. Tanto dipendiamo, tanto vogliamo accanto qualcuno che abbia bisogno e dipenda da noi, perché occuparsi dell’altro pensando che da solo non ce la possa fare, è un buon modo per non guardare a se stessi. Non si può di certo dire che questa sia stima reciproca… Per questo è fondamentale recuperare la propria responsabilità ed il proprio valore individuale, per poi (eventualmente) rifletterli come uno specchio, anche nella relazione, prendendosi il tempo e lo spazio necessario ad elaborare.
“Quando vedi che qualcosa non può essere indipendente, o funzionare per facoltà propria, non puoi fare altro che considerarlo dipendente.
Essendo dipendente, è vuoto di esistere per facoltà propria.”
– Dalai Lama
Queste parole del Dalai Lama sono molto forti, arrivano addosso senza filtri e fanno tremare perché la loro verità si riscontra nella qualità del sentire: il vuoto non è una condizione negativa di per sé, diventa tale quando risucchia in un processo di annullamento, se non si trasforma in uno spazio da arricchire in gioia e pienezza, terreno fertile per la propria personale manifestazione. Sì, la dipendenza è fortemente connessa al bisogno di relazione. La relazione a due è sicuramente una meravigliosa occasione di crescita – anche se a volte può essere complessa e difficile – ma non è la prima da considerare. È davvero importante tenere a mente che la prima relazione di cui prendersi cura è quella con noi stessi, in un cammino evolutivo di attenzione e presenza a ciò che è giusto individualmente, a ciò che è necessità e bisogno, aspirazione e obiettivi.
Né vittime, né carnefici: su diversi livelli, si gioca lo stesso ruolo simultaneamente, attraendo il partner più adatto, paradossalmente, a sanare il modo in cui dentro vibriamo. La nostra parte “dipendente” ha il proprio modo di vedere, sentire, percepire, ed è un mondo da riconoscere senza colpe e con cui imparare piano piano a famigliarizzare, accogliendone i lati positivi – spesso, infatti, le persone che vivono una dipendenza affettiva sono profondamente empatiche, sanno prendersi cura ed entrare nel cuore degli altri. È chiaro che ferite non si suturano da sole: bisogna avere il coraggio di piantarci un seme, darsi il permesso di esistere e fiorire, da soli prima che in due.
Ciò che fa la differenza è saper attraversare ogni fase con dignità e amore verso se stessi ed il proprio potenziale umano, imparando che “per non dipendere è necessario appartenere a qualcosa di più grande”, sentendosi parte attiva e responsabile di un progetto evolutivo e direzionato, in cui ciascuno ha la propria libertà, il proprio campo di manifestazione e soprattutto, in cui ritrova la fonte della propria gioia. Impariamo a non difenderci dai legami più intimi, ma a scegliere l’Amore con la A maiuscola; quello che accetta di mettersi in discussione, non per scendere a compromessi, ma per scegliere di dare significato alla parola… Insieme.
di Chiara Pasin