Vivere Montessori

Accettare La Malattia Di Un Figlio: 10 Passi Verso La Speranza

Di Educatrice Manuela Griso - 22 Gennaio 2019

Quando un genitore si raffigura la paura, la maggior parte delle volte vi dirà che ha a che fare con il figlio. Con qualcosa che può capitare ai suoi bambini. La morte, la malattia spaventano tantissimo. Rifiutiamo l’idea che un figlio possa essere malato o addirittura morire prima di noi. È innaturale e non può essere una reale possibilità se ci pensiamo con il cuore. La mente però sa bene che questo può succedere e tenta di nascondersi dietro alla paura.
Quando ti dicono che tuo figlio è malato, subito la tua mente pensa: si stanno sbagliando. Non può essere così .
Si succedono momenti di analisi, di rifiuto, di rabbia, di crisi profonda. Poi la vita ti spinge a reagire, ad andare avanti. E tu pensi solo a come.

Come fare ad affrontare tutto questo dolore?

Potremo sopravvivere? E lui ? Sarà con me? Milioni di domande destinate a rimanere senza risposta. O, per lo meno, senza la risposta a cui siamo abituati. Quella del vero o falso, bianco o nero, concreto o astratto. Dovremo trovare le NOSTRE risposte. Nessuno potrà darci le sue. E senti addosso tutta la disperazione, l’impotenza, il dolore che ti consuma, che ti lacera dentro e tu non sai come affrontare tutto questo.

Un giorno alla volta, un’ora alla volta, impareremo ad ascoltarci e a comprendere ciò che dobbiamo fare per andare avanti. Per accettare questo dolore e affrontarlo.

I casi sono poi molto diversi tra loro.
Una malattia cronica, ma con cui si può convivere facendo una vita pressoché normale, è sicuramente un trauma iniziale non da poco, ma, con il proprio tempo, si può pensare di andare oltre la malattia: di vederla, nominarla, affrontarla ogni giorno fino ad arrivare a considerarla solo più come una nostra caratteristica.

Una malattia degenerativa invece, dove vedi tuo figlio spegnersi giorno dopo giorno, dove tutta l’impotenza che senti è reale e tangibile, perché tu non lo puoi salvare…. ecco, questa lascia, oltre che increduli e basiti, anche svuotati. Ed è una condizione da cui riprendersi non è affatto semplice.

Nel caso in cui si tratti di problematiche legate allo sviluppo del bambino poi, le maestre sono portate ad un grande, enorme compito: lanciare un primo, quasi silenzioso, dubbio consapevole . Il dubbio consapevole è quel dubbio che nasce dalla conoscenza, dallo studio, dalla ripetizione dell’esercizio. Non è una di quelle ipotesi che nasce da fantasie della mente in un giorno di pioggia. Per diletto o per tortura. Nasce da una consapevole lettura dei segnali lanciati dal bambino. Da un ascolto approfondito di ciò che Egli mostra. La maestra non è, peró, una diagnosta. Non può suggerire l’una o l’altra ipotesi, non è il suo ruolo, non le compete e se è una buona maestra, non lo farà nemmeno. Ella può consigliare un consulto medico specialistico o indirizzare la famiglia verso un percorso di psicomotricità, per affidare il bambino e la famiglia a personale competente che se ne prenderà cura insieme a lei. Ma il suo ruolo è determinante. Se sarà in grado di creare quel rapporto di fiducia tra lei e il genitore, tale per cui non si innalzi un muro di fronte a certe problematiche, sarà il ponte solido tra famiglia e specialista, in modo da aiutare il bambino e il suo sviluppo.

Di fronte ad un dubbio consapevole della maestra, la paura è la prima reazione spontanea e naturale che viene fuori. Tanto quanto la situazione in cui ci si trova quando il medico dice alla paziente in gravidanza che gli sembra ci sia qualche possibilità di rischio.

Le reazioni immediate, mediate dalla paura, di fronte ad una notizia del genere sono in genere due:
-Rifiuto e negazione della situazione presentata: Mille spiegazioni per smontare la loro tesi. Allontano dalla mente ciò che mi stai dicendo. Non è così.
– Difesa con attacco: Competizione: ti dimostrerò che ti stai sbagliando. Prenoto controlli, visite e quant’altro possa dimostrare che io ho ragione e tu hai torto.
Queste reazioni sono del tutto naturali e sinonimo di una mente sana che tenta di difendersi.

Ma, cosa possiamo fare per aiutarci ad accettare la malattia e ad affrontarla in modo positivo quando è possibile?

Se prendiamo coscienza che la nostra mente tenta di difenderci attraverso alcuni meccanismi, possiamo anche prendere in considerazione di metterla in dubbio. Una volta passata la prima ondata di sentimenti è il caso di sederci, chiudere gli occhi, respirare e domandarci con ragionevole dubbio se quello che sentiamo è frutto di fatti reali o di nostre illusioni/aspettative/speranze.
Nel momento in cui ci rendiamo conto che negare l’evidenza non ci porterà nulla di buono, dovremo comprendere quali sono le possibilità:
-Continuare a far finta di nulla: se non penso al problema , scomparirà;
-Tentare di approfondire le nostre conoscenze in merito, parlando con altri medici e affrontando altri esami;
-Piangere e disperarci;
– Comprendere quale strada si può intraprendere per combattere la malattia;
– Sentire come risuona in noi tutto questo, farlo emergere e accarezzarlo , metabolizzarlo.

“La consapevolezza è il primo grande passo verso la guarigione”
Questa frase è una sorta di mantra che sento ripetere spessissimo da insegnanti di yoga, psicologi, omeopati ecc… VEDERE E SENTIRE UN PROBLEMA, UNA DIFFICOLTÀ, UNA MANCANZA, è ciò che può portarci alla soluzione.
Primi passi dunque, dopo aver pianto tutte le nostre lacrime, agito come la disperazione ci porta ad agire, sono:
1.Riprendere in mano la nostra vita e guardare la realtà.
2. Sentire ciò che il corpo vuole fare una volta vista la malattia
3. Assecondare il corpo
4. Programmare dei piccoli passi quotidiani per affrontare la lunga battaglia
5. Ricordarci che, nonostante tutto, la vita è bella e che da questa esperienza possiamo imparare qualcosa. Nulla avviene per caso.
6. Circondarci di persone,animali, cose che ci amano e ci sostengono
7. Permettere alla “luce” di illuminare il nostro buio
8. Esprimere tanti desideri. I desideri racchiudono speranze e le speranze racchiudono la vita: se ho speranza, sono vivo!
9. Abbracciare il proprio dolore, sia fisico che psichico.
10. Sorridere

La malattia o le difficoltà di un figlio ci sembrano alle volte ingiuste, insensate, troppo grandi.
A volte lo sono anche. A volte abbiamo ragione a lamentarci. Ci è stata donata una creatura e anche una grande battaglia. Non c’è un perché. Quando smetteremo di cercarlo potremo dedicarci con tutte le nostre forze alla guarigione.
Buona speranza a tutti!





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