“La storia scritta da Linda Woolverton affronta il tema del rapporto tra il femminile e il maschile interiori e tra l’uomo e la donna nella società non in termini di logos, di linguaggio razionale, ma per immagini. In questo modo, la sua potenza è deflagrante e supera le barriere della ragione e del pregiudizio. Ecco l’istantanea impressa sulla pellicola: le donne sono arrabbiate con gli uomini che hanno impedito loro di esprimere i propri poteri straordinari, di volare, ma adesso possono riconciliarsi con quella parte e riavere le ali.”
Malefica, Maura Gancitano
Era la cattiva de “La Bella Addormentata nel bosco”, una strega affamata di vendetta, totalmente identificata con il male, da cui il nome “Malefica”. Finché nel 2014 Robert Stromberg, al suo debutto come regista, non l’ha portata sul grande schermo in una versione decisamente insolita e ne è nato Maleficent, dove a vestire i panni della cattiva della fiaba Disney è Angelina Jolie, produttrice esecutiva della pellicola.
Malefica non è più l’antagonista della storia ma la protagonista dalle origini inaspettate. In origine bellissima e buona, dotata di maestose ali, abitante di un regno pacifico popolato da creature fantastiche, un giorno si imbatte in un contadino di nome Stefano. Tra loro nasce prima una bella amicizia, poi un grande amore.
Ma il destino li separa per anni, Stefano fa carriera nel castello di Re Enrico e Malefica rimane sola nel suo regno, costretta a proteggerlo dagli attacchi dell’esercito del re, che vuole impossessarsi delle sue terre. Non riuscendoci, promette ai suoi dignitari fra cui c’è Stefano, di cedere il trono a chi riuscirà a uccidere Malefica.
Stefano tenta l’impresa ingannando l’amata: dopo averla addormentata tra le sue braccia con un sonnifero, la priva delle maestose ali portandole a Enrico come prova dell’omicidio, pur avendole risparmiata la vita. Re Enrico concede quindi la mano di sua figlia, Leila, a Stefano. Ed è a questo punto che Malefica da creatura benefica subisce una trasformazione bramando vendetta contro l’amato, separando per sempre tramite una barriera di rovi la Brughiera dal regno di Stefano, divenuto re.
Nel frattempo nasce Aurora, la figlia di Stefano e della Regina Leila, su cui Malefica lancia la famosa maledizione che la farà cadere in un sonno eterno, concedendole una sola possibilità di salvezza, il bacio del vero amore. Aurora viene affidata a 3 fatine da re Stefano al fine di proteggerla ma Malefica conosce il suo nascondiglio e si rivela alla bimba aiutandola indirettamente a crescere.
Man mano si affeziona a lei tanto da desiderare l’annullamento del suo maleficio, che tuttavia rimane inalterato. Giunge quindi il giorno profetizzato, Aurora si punge e cade in un sonno eterno. Sarà proprio Malefica, pentita, a baciare Aurora restituendole la vita e a perdonare Stefano, nonostante quest’ultimo le si scagli contro per ucciderla, fallendo.
L’analisi della fiaba di Maura Gancitano
E’ questa la fiaba a cui si ispira Malefica di Maura Gancitano, dove la strega protagonista è descritta come l’archetipo della donna tradita che cela tutto il dolore del femminile, il dominio subito dalle donne a causa della società patriarcale, la sconfitta del femminino sacro, a cui da secoli sono state strappate le ali.
La Gancitano si spinge oltre riconoscendo nella crudeltà di Malefica un tradimento ai danni della cosiddetta Anima junghiana, perpetrato dall’Animus. Ma se la Malefica Disney non riesce a liberarsi dal male che la domina, in Maleficent il suo archetipo si evolve, imparando il perdono verso lo stesso Stefano, l’Animus.
Ma cosa sono di fatto l’Anima e l’Animus? Rappresentano il femminile e il maschile interiori, istanze celate sia negli uomini che nelle donne.
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Maleficent affronta proprio il rapporto tra di essi attraverso le immagini, tentando di provocare un cambiamento nello spettatore, inducendolo a comprendere che maschile e femminile possono unirsi, anziché procedere nella loro eterna lotta.
Le donne come Malefica, arrabbiate con gli uomini che le hanno private delle loro ali e quindi dei loro poteri straordinari, hanno finalmente la possibilità di riconciliarsi con il loro maschile interiore, rimpossessandosi delle ali perdute. Superando anche la sete di vendetta nei confronti del femminile, una pulsione di tipo patriarcale che spesso ci riguarda in prima persona, quando per vendicarci degli uomini esercitiamo il male nei confronti di altre donne. Esattamente come accade a Malefica quando scaglia la maledizione contro l’innocente Aurora, pensando così di poter riscattare il proprio dolore. Ma sarà proprio l’amore verso Aurora che le permetterà di cambiare profondamente tant’è che alla fine scoprirà di non essere la strega nemica della bimba, ma addirittura la sua fata madrina.
In questa riscoperta, sottolinea Maura Gancitano, gioca un ruolo fondamentale lo spettatore, che ora conosce le origini della malvagità di Malefica, consapevole che quel male non è innato ma provocato dalla rabbia suscitata da un’ingiustizia subita. Malefica tramite la sofferenza provata dallo spettatore non più all’oscuro della verità può quindi cambiare, procedere nel suo cammino, e con essa cambia l’inconscio collettivo che non la identificherà più come un personaggio malvagio.
Trasformare la strega cattiva in fata madrina è quindi un passo importantissimo per ognuna di noi. In questo modo le donne possono riscoprirsi alleate anziché nemiche. Una metamorfosi resa possibile dalla consapevolezza della sofferenza provata da Malefica, e da qualunque altra “strega cattiva”.
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Laura De Rosa
Articolo aggiornato l’8 novembre 2021