Karma: cos’è?
Alcuni di noi pensano che la nostra vita è predeterminata e che non si può scappare al proprio destino, del tipo: “Se sei nato sotto una cattiva stella, ti toccherà subire una lunga vita di dolori, sfide e sofferenze”. Deprimente, vero?
In realtà è peggio ancora perché questo pensiero ci toglie dalle mani l’unico strumento in grado di uscire da quel girone infernale. Scopriremo più avanti di cosa si tratta, ma prima vediamo assieme qual è la catena del Karma che ci imprigiona nella sofferenza e nell’illusione.
→ Leggi anche: “Il Karma. Cos’è e come funziona”
Perché conoscendo meglio la catena della sofferenza, sapremo come uscirne.
Pratityasamutpada, la spirale di sofferenza del Karma
Il buddismo, attraverso alcune pratiche e la trasmissione di conoscenze tramandate da più di 2600 anni, mira a liberare le persone da quel meccanismo chiamato “Karma” e aiutarle a raggiungere il Nirvana, lo stato supremo di liberazione dal dolore e dall’illusione.
Il Nirvana è un po’ come la casella d’arrivo nel gioco dell’oca: vinci la partita e non sei più costretto a tornare indietro.
Il Karma è quindi ciò che regola il ciclo di vita, morte e rinascita degli esseri umani nel pensiero buddista; potrebbe essere assimilato ad un grande meccanismo retto da 12 ingranaggi o anelli che determinano poi il ciclo delle vite future, sopratutto se non c’è nessuna azione svolta a bilanciarlo.
Alcuni testi recenti spiegano che questa “catena” si svilupperebbe sulla durata di tre vite ma, in realtà, i testi più antichi affermano che Pratityasamutpada agisce in ogni momento della nostra vita.
Pratityasamutpada, tradotto in “coproduzione condizionata”, “originazione interdipendente” o ancora “genesi dipendente”, è una catena composta da 12 anelli che dà origine alla sofferenza e rappresenta una delle chiavi della dottrina buddista: attraverso la conoscenza di questa dinamica e la “riparazione”, ogni essere umano può agire concretamente per uscire dal ciclo della sofferenza.
È un concetto molto ricco e complesso da trattare ma per aiutarti a farti una vaga idea del funzionamento, pensa al mondo come se fosse costruito sul modello dei gironi infernali di Dante, con la differenza che ogni girone, o anello, è in comunicazione con quello che lo precede e lo segue, andando a formare una vera e propria spirale dove l’ultimo girone è collegato al primo.
È come un inferno senza via d’uscita solo che in realtà è la struttura della nostra esistenza attuale, composta da vita, morte e rinascita. Tuttavia, una via d’uscita c’è ma per raggiungerla dobbiamo conoscere il nostro “inferno” e i suoi 12 anelli.
Il Karma e i 12 anelli della sofferenza secondo il buddismo
1. L’ignoranza, Avidyā
L’ignoranza rappresenta il primo anello ma anche l’anima della catena della sofferenza.
Avidyā rappresenta il non sapere e non ricordare chi siamo, da dove veniamo, com’è fatto il mondo, quali sono le sue leggi, com’è il mondo fuori e dentro di noi, quali sono le trappole dell’esistenza, le sue illusioni, ecc.
2. Le predisposizioni karmiche, Saṃskāra
L’ignoranza ci lascia in balia del nostro “destino”, del nostro inconscio.
Grosso modo, questo anello tratta l’insieme dei nostri schemi inconsci che condizionano le nostre azioni e dai quali siamo inconsapevoli. Agiamo in base a ciò che ci viene tramandato attraverso il nostro albero genealogico per esempio, oppure in base a ciò che abbiamo seminato in passato.
3. La coscienza discriminante, Vijñāna
Ricapitolando, Vijñāna è una coscienza che ha dimenticato da dove viene (1) e che è condizionata dalle predisposizioni karmiche, dall’inconscio (2).
Possiamo ritrovare questa dinamica nella nostra vita attuale: hai presente quando ricadi sempre negli stessi errori e non ne capisci il perché? Di solito è perché il tuo inconscio ti guida alla tua insaputa (2) e perché non capisci cosa si nasconde dietro questa dinamica (1) e se fai la somma delle cose è proprio qui che ti troverai: in uno stato di coscienza limitato che influenzerà il tuo corpo e la tua psyche.
Bene, andiamo alla casella n°4…
4. Il nome e la forma, Nāma-Rūpa
Nāma-Rūpa rappresenta l’illusione della nostra individualità separata dal Tutto.
Parlavamo di corpo e psiche, giusto? Ecco cosa rappresenta il Nāma-Rūpa: l’insieme di ciò che ti rappresenta come individuo, limitato al nome e alla sua forma (corpo e psiche).
Ti faccio un piccolo esempio: se ti chiedo chi sei, potrai rispondermi che sei una mamma, un avvocato, ecc. Sono tutti aspetti di te ma non sono tutto ciò che sei, anzi! Andando ad identificarti con ciò che appare di te rischi di dimenticare la parte più importante: quella che va al di là del lavoro, del tuo ruolo nella famiglia, di cosa fai per vivere…
5. Le sei sfere sensoriali, Saḍāyatana
Queste sfere sensoriali sono i tuoi 5 sensi con l’aggiunta del pensiero, ma perché sono una causa (e un effetto) della sofferenza?
Semplicemente perché queste sfere sono condizionate da ciò che pensi che il mondo sia e quindi queste “porte” rimangono aperte a metà (se ti va bene) e ti lasciano vedere solo una piccola parte del mondo rispetto a ciò che è realmente, ma oltre tutto condiziona una cosa ancora più importante…
6. Il contatto, Sparsha
I sensi (casella n°5) rappresentano le porte che mettono in comunicazione il tuo mondo interiore con quello esteriore ma se il tuo mondo interiore è limitato e/o condizionato dal tuo inconscio, da un pensiero limitante su chi sei, se non ti conosci a fondo, ecc. il tuo contatto col mondo sarà falsato e percepirai ciò che ti circonda in modo erroneo.
In poche parole, ti capiterà di prendere fischi per fiaschi.
7. La sensazione, Vedanā
Il contatto col mondo condiziona fortemente il modo in cui lo percepirai: la conseguenza di quel contatto potrà essere una sensazione di piacere, dolore oppure sarà neutra; e questo avrà delle ripercussioni molto pesanti sul futuro.
Hai presente il detto che dice: “ Chi si è scottato con l’acqua calda ha paura anche di quella fredda”?
Illustra molto bene come la sensazione del dolore può condizionare il futuro, ma Vedanā non ci parla solo di dolore: parla anche di piacere…
8. La sete o brama, Trisna
Trisna è il girone dell’insaziabile ricerca del piacere che deriva dal punto precedente.
È l’anello dei piaceri sensuali, della ricerca edonistica, del lusso, della sete di potere e del dominio sugli altri; rappresenta la ricerca smodata di fama, di successo, di onori, ecc.
Il guaio è quando non basta mai, quando si cerca di riempire un pozzo senza fondo: si rischia di cadere nel tranello della casella n°9.
9. L’attaccamento, Upādāna
La ricerca del piacere e il non riuscire a sentirsi pienamente soddisfatti interiormente porta alla dipendenza, al non riuscire a staccarsi da ciò che crea il piacere: è la trappola dell’attaccamento.
A questo stadio non ti nutri più di ciò che ti crea piacere ma te lo appropri come se fosse parte di te: nessuno ti può separare da ciò che ti dà piacere altrimenti ne soffrirai.
10. Il divenire, Bhava
È il “karma concretizzato”: agisci in base a tutte le trappole nelle quali sei caduto/a pensando di vivere la “tua” vita in modo libero secondo i tuoi valori, le tue idee (entrambi condizionati dai punti precedenti) ma senza renderti conto che in realtà le tue azioni sono dettate dalla molla di condizionamenti dentro i quali sei imprigionato/a.
I diversi attaccamenti che avrai nella tua vita “tesseranno” la tela dei tuoi giorni: condizioneranno le tue azioni, i tuoi “atti”, che avranno delle conseguenze e porteranno i loro “frutti”.
11. La nascita, Jāti
I frutti delle tue azioni parlano di ciò che viene inteso come “nascita”, qualcosa che diventa manifesto: un po’ come ad ogni scelta compiuta è il sorgere di una nuova vita che ti aspetta.
Le tue azioni e le tue scelte condizionano il cammino della tua vita ad ogni istante; sono loro che ti portano a vivere una certa esistenza e che ti portano verso la sorgente delle più grandi paure del genere umano.
12. La vecchiaia e la morte, Jarāmarana
Ogni cosa che nasce si ritrova confrontata al suo declino e alla sua morte.
Questo anello non parla solo del declino della vita umana con il suo corollario di sofferenze ma anche delle relazioni, dei progetti, di tutto ciò che creiamo. La fine di ciò che ci è caro è la sofferenza suprema.
Purtroppo, arrivati a questo punto siamo costretti a ripetere il giro e tornare alla casella n°1.
Almeno che…
Come uscire dal ciclo della sofferenza?
Per rompere la catena ed interrompere la spirale di sofferenza, bisognerebbe agire alla fonte attraverso uno strumento millenario e alla portata di tutti (per fortuna): la meditazione.
Ecco cosa dice Lama Geshe Gedun Tharchin:
“Il saggio che ha una chiara idea di come si costruisce il saṃsāra attraverso i dodici anelli, ha anche una chiara visione di come esso possa cessare, sempre attraverso i dodici anelli, semplicemente invertendone i fattori:
1. Meditare sull’interdipendenza porta alla cessazione dell’ignoranza;
2. Col cessare dell’ignoranza cessano le formazioni karmiche;
3. Col cessare delle formazioni karmiche cessa la coscienza determinata da esse;
4. Cessando la coscienza determinata dalle formazioni karmiche cessano nome e forma, gli aggregati;
5. Cessando gli aggregati cessano le percezioni basate sugli stessi;
6. Cessando le percezioni cessa il contatto;
7. Cessando il contatto cessa la sensazione;
8. Cessando la sensazione cessa l’attaccamento;
9. Cessando l’attaccamento cessa l’afferrare, la bramosia;
10. Cessando la bramosia cessa il divenire, il maturare delle cause irrigate da bramosia e attaccamento;
11. Cessando il divenire, l’entrare in esistenza sulla base del karma, cessa la rinascita;
12. Cessando la rinascita cessano vecchiaia e morte e quindi tutte le sofferenze del saṃsāra.”
Sandra “Eshewa” Saporito
Autrice e shamanic storyteller
www.risorsedellanima.it